In un ambiente più sano, c’è meno povertà e ci sono più lavoro, più sicurezza, più salute. Porlo in comparazione con altri temi, quanto all’attribuzione di spazi e risorse, è sostanzialmente sbagliato. Non considerando l’ambiente, ma altri fattori, come l’elemento base su cui disegnare il nostro futuro, metterebbe a rischio ciò che sarà o verrà in seguito
L’ambiente e la sostenibilità sono la base per ogni altro aspetto della nostra vita. Di questo, nel corso dei millenni, l’uomo ha tenuto spesso conto magari non consapevolmente ma semplicemente in base all’esperienza diretta, programmando il futuro in base alle risorse disponibili.
Quando non lo ha fatto, ne ha pagato le conseguenze, anche pesantissime: i disastri cosiddetti «ambientali» sono quasi sempre frutto della mancanza di lungimiranza o programmazione, il frutto di un ingiustificato senso di onnipotenza rispetto alle leggi fisiche.
Le leggi fisiche sono immutabili, quelle economiche sono convenzioni umane mutevoli e aleatorie. Un’attività economica, infatti, può produrre lavoro e ricchezza in un’area ristretta e un arco di tempo ridotto, ma se ha un pesante impatto ambientale produce anche effetti pesantissimi sulla salute, sulla sicurezza, sulla vivibilità creando conseguenze devastanti (anche economiche) a medio e lungo termine.
L’ambiente è, dunque, il presupposto sul quale i temi della politica e dell’organizzazione della vita sociale si costruiscono; da esso dipendono le politiche e le scelte di ogni tipo. Il perché è semplice: l’ambiente è la base della vita e della nostra civiltà, in ogni sua forma, aspetto e declinazione. Ne consegue che è inopportuno porlo in comparazione con altri temi.
La natura fornisce servizi, sostanze essenziali e materie prime, che possiamo inquadrare in parametri, dati, valori di cui dobbiamo tenere conto per costruire il futuro. Un futuro ricco di opportunità, progetti e proposte innovative, di lavoro, di benessere, di attenzione alla salute, al cibo, alla cultura…
La sfida di un’amministrazione e di una politica davvero ambiziose, che guardano al futuro, al benessere (ovviamente anche economico) e alla salute deve essere quella di utilizzare l’ambiente come lente attraverso la quale leggere ogni altra politica. Non un tema tra gli altri, quindi, ma la pre-condizione, la base da cui partire, il filo conduttore.
Questo va rivendicato con chiarezza. È un dato di fatto, un’ovvietà: tutti dobbiamo respirare, bere e mangiare, indipendentemente dal fatto che ci piacciano i fiori o la meccanica.
Le leggi fisiche che regolano la vita e le dinamiche del Pianeta esistono e procedono del tutto indifferenti al fatto che noi ne teniamo conto o no. Sarà, in ogni caso, quello che genericamente definiamo «ambiente» a occuparsi di noi. Non tenendo conto dei dati, delle leggi fisiche e, in generale, della scienza, è più probabile che creeremo le condizioni per ulteriori e grossi guai: per noi, i nostri figli, nipoti e pronipoti.
Ritengo perfetta la nuova definizione data all’ex Ministero dell’Ambiente… «Transizione Ecologica»: starebbe a indicare un passaggio concettuale fondamentale. Ma, mi chiedo, avverrà davvero?
In questi giorni si parla di Recovery Fund, di Pnrr; tra pochi mesi ci saranno una serie di importanti sfide elettorali amministrative e sempre si analizzano proposte e programmi con un occhio alla sanità, uno ai trasporti, uno alla cultura e poi all’urbanistica, alla gestione dei rifiuti, alla sicurezza, alle attività produttive, al lavoro eccetera.
In mezzo a tutti questi temi si intravede anche l’ambiente quando, invece, dovremmo pretendere la presentazione di piani e programmi che innanzi tutto tengano in considerazione le risorse a disposizione, le dinamiche climatiche in corso, costruendo un futuro sostenibile e non un futuro pieno di ipoteche.
In un ambiente più sano, c’è meno povertà e ci sono più lavoro, più sicurezza, più salute. Porlo in comparazione con altri temi, quanto all’attribuzione di spazi e risorse, è sostanzialmente sbagliato.
Non considerando l’ambiente, ma altri fattori, come l’elemento base su cui disegnare il nostro futuro, metterebbe a rischio ciò che sarà o verrà in seguito.
Francesco Sannicandro, già Dirigente Regione Puglia e Consulente Autorità di Bacino della Puglia