La spinta per una più massiccia produzione di energia
La transizione ecologica con la produzione sempre più massiccia di energia da fonti rinnovabili, in particolare dall’eolica, deve comportare la capacità di progettare impianti che siano in grado di non determinare perdita di biodiversità. Uno sforzo per società proponenti, progettisti e pubblica amministrazione, chiamata a valutare l’impatto ambientale e l’incidenza su specie ed habitat degli impianti, di non poco conto
La transizione energetica rischia di diventare un cimitero per molte specie, soprattutto di uccelli selvatici, con perdita secca di biodiversità. Filosoficamente, l’eterogenesi dei fini. Accade che in Navarra, regione basca al nord della Spagna con poco più di 600.000 abitanti e grande quasi la metà della Puglia, «le pale eoliche del complesso Cavar provocano da dieci mesi la morte di un avvoltoio ogni tre giorni, in una progressione mortale per la biodiversità a cui si aggiungono decine di rapaci di specie protette in un inquietante, eccessivo dispiegamento di energie rinnovabili». Il virgolettato è di «Público», giornale on-line spagnolo, che certo non può essere annoverato tra quelli conservatori. È una delle testate iberiche legate alla sinistra ma questo non impedisce al suo redattore Eduardo Bayona di raccontare un vero massacro di specie protette che si sta compiendo a causa dell’impianto eolico da 111 MW con 32 torri situato tra Cadreita e Valtierra di proprietà del colosso energetico spagnolo Iberdrola e della Cassa Rurale di Navarra.
L’investimento di 100 milioni di euro sta facendo una mattanza. Le pale, che hanno iniziato a girare a luglio 2020, hanno determinato la morte di «oltre un centinaio di grandi uccelli, rapaci e specie protette» (fonte: Governo della Navarra). L’elenco delle vittime comprende ottanta avvoltoi, tredici pipistrelli, dieci piccoli uccelli come rondini, cardellini e calandre e otto rapaci, la maggior parte di loro specie protette e alcuni in pericolo di estinzione: un nibbio reale, un nibbio bruno, tre gheppi, un’aquila minore, un falco di palude, una poiana ed uno sparviero. Secondo Josean Donazar, ornitologo della Stazione Biologica di Doñana (nel Parco Nazionale di Coto Doñana), «i parchi eolici sono trappole mortali per i grandi uccelli perché occupano lo spazio di cui hanno bisogno per poter volare. Siamo di fronte a una nuova bolla e in questo caso a scapito dell’ambiente».
Sempre secondo Donazar, «da quando si è cominciato a raccogliere i dati, venti anni fa, il numero di avvoltoi uccisi nei parchi eolici in Spagna è vicino a 10.000 e di questi circa 3.000 in Navarra». La notizia relativa all’impianto eolico Cavar in Navarra si affianca a quella diffusa da un’associazione di protezione ambientale norvegese per la conservazione della natura di Åfjord con immagini crude ma molto significative di un’aquila di mare morta con un’ala mozzata dall’impatto con pale eoliche.
La transizione ecologica con la produzione sempre più massiccia di energia da fonti rinnovabili, in particolare dall’eolica, deve comportare la capacità di progettare impianti che siano in grado di non determinare perdita di biodiversità. Uno sforzo per società proponenti, progettisti e pubblica amministrazione, chiamata a valutare l’impatto ambientale e l’incidenza su specie ed habitat degli impianti, di non poco conto. Oggi la situazione è alquanto allarmante, i progetti sono per gran parte fotocopiati e le valutazioni sono conseguentemente molte volte negative. La transizione, quindi, dovrebbe riguardare il passaggio dalla progettazione «purché sia» ad una responsabile ed approfondita, con la pubblica amministrazione che interloquisce preventivamente e che detta a monte regole chiare e sensate che però non si rivolgano contro la protezione della biodiversità e del paesaggio.
Fabio Modesti