Un articolato lavoro di Alessandra Fabri e Roberto Pasetto del Dipartimento Ambiente e Salute, Istituto Superiore di Sanità, punta proprio su turismo, archeologia e bellezze naturali per far ripartire l’economia. Questo pregevole lavoro sarà disponibile integralmente nel prossimo numero del nostro Trimestrale «Villaggio Globale» che sarà on line dal 1° giugno
In Italia vi sono 12.482, siti inquinati, di questi 58 sono definiti come gravemente inquinati e a elevato rischio sanitario (Sin). Il ministero dell’Ambiente ha la competenza su 41, mentre i restanti 17 sono in carico alle Regioni.
Porto Marghera, Napoli Orientale, Priolo, Taranto, Porto Torres… un elenco di storie, di danni, di speranze e di morti che non fa onore alla civiltà a cui apparteniamo. Per alcune zone l’azione di disinquinamento è avviata, per altre è in ritardo, per altre ancora è complessa perché articolata su vari fronti.
Interessante per l’impostazione data, per la complessità dell’intervento che investe non solo gli aspetti di disinquinamento ma anche di recupero socio-economico, sono gli interventi per l’area industriale di Porto Torres, in Sardegna.
Su questi ultimi aspetti c’è un articolato lavoro di Alessandra Fabri e Roberto Pasetto del Dipartimento Ambiente e Salute, Istituto Superiore di Sanità, Roma.
«L’area industriale di Porto Torres — si legge nello studio — dati i livelli di contaminazione riscontrati nel suolo e nelle acque, è stata dichiarata nel 2002 Sito di interesse nazionale (Sin) per le bonifiche. Tra il 2007 e il 2010 molti impianti hanno fermato le loro produzioni, con la messa in cassa integrazione e il licenziamento di migliaia di operai. Negli anni Settanta, la zona industriale occupava circa ottomila unità lavorative, il 70% impiegate alla Sir e il 30% in imprese esterne (Mondardini, 1973), aumentate nel corso dello stesso decennio a novemila persone, per metà dipendenti diretti della Sir e per l’altra metà lavoratori delle ditte d’appalto impegnati nella manutenzione e nella costruzione dei nuovi impianti (Brigaglia et al., 2012).»
«Porto Torres — si legge nelle conclusioni — oggi è una città contrassegnata da una realtà multiforme, da una parte il degrado della zona industriale caratterizzata da architetture fatiscenti e pericolanti a ricordo di un passato impossibile da dimenticare, dall’altra una città costiera con le sue bellezze naturalistiche e la sua storia antica. I quartieri residenziali si alternano a quelli popolari costruiti al tempo per gli operai, zone perfettamente integrate nel contesto urbano.
«I portotorresi hanno bisogno di ripartire professionalmente e culturalmente, per questo c’è bisogno di una forte opera di riqualificazione del territorio che proceda in sinergia con l’opera di bonifica che si sta operando. Agire sul fronte delle bonifiche e al contempo su quello delle capacità di comunità, può certamente contribuire a ristabilire un’interconnessione tra l’ambiente naturale e costruito e l’ambiente sociale (Pasetto, 2020)».
Nello studio si entra poi nel dettaglio degli interventi puntando proprio su turismo, archeologia e bellezze naturali per far ripartire l’economia.
Questo pregevole lavoro sarà disponibile integralmente nel prossimo numero del nostro Trimestrale «Villaggio Globale» che sarà on line dal 1° giugno.
R. V. G.