Anche il Consiglio di Stato contro
L’oggetto del contenzioso amministrativo è il restauro ed il risanamento di un compendio immobiliare nel comune di Martina Franca, in una zona tipizzata dal piano regolatore comunale come agricola e sottoposta a numerosi vincoli dal Piano paesaggistico territoriale regionale (Pptr)
Come nel gioco dell’oca, le norme sul Piano casa in Puglia rischiano di tornare alla casella di partenza. Dopo l’impugnazione da parte del Governo (cosa che, ad onor del vero, non ha fatto nei confronti di altre Regioni) della norma della legge regionale di bilancio 2021 che ha prorogato a tutto quest’anno l’applicazione del Piano casa e dopo che con una leggina veloce veloce il Consiglio regionale ha pensato (forse errando) di rimuovere la causa dell’impugnazione, ecco che c’è un’altra novità. Questa volta è il Consiglio di Stato a dare le carte con una sentenza del 14 maggio scorso.
L’oggetto del contenzioso amministrativo è il restauro ed il risanamento di un compendio immobiliare nel comune di Martina Franca, in una zona tipizzata dal piano regolatore comunale come agricola e sottoposta a numerosi vincoli dal Piano paesaggistico territoriale regionale (Pptr).
Al progetto, che prevede un ampliamento volumetrico ai sensi della legge regionale sul Piano casa, avevano opposto il diniego all’autorizzazione paesaggistica la Soprintendenza al Paesaggio ed il Comune di Martina Franca. Un diniego motivato con «l’incompatibilità, in concreto, degli interventi edilizi di ampliamento con i valori culturali e paesaggistici tutelati dal vincolo gravante sulla “zona di notevole interesse pubblico”» e «con il contrasto del progetto con il rigoroso divieto posto dall’art. 6, comma 1, lett. f)» della legge regionale del 2009 sul Piano casa.
Il diniego è stato impugnato dal proprietario dell’immobile dinnanzi al Tar Puglia, sezione di Lecce, eccependo difetto di istruttoria e carenza di motivazione. Il Tar ha accolto il ricorso sostenendo che è vero che la legge regionale sul Piano casa non consente interventi di ampliamento e di demolizione e ricostruzione con ampliamento su immobili ubicati in area sottoposta a vincolo paesaggistico ma è pure vero che la stessa legge consente la deroga a tale divieto con una semplice deliberazione del Consiglio comunale; si è così determinato, per il Tar, il venir meno delle motivazioni di Soprintendenza e Comune.
Il ministero della Cultura ha a sua volta impugnato la pronuncia del Tar ed il Consiglio di Stato ha in parte confermato la sentenza del tribunale di primo grado, sancendo la scarsa motivazione del provvedimento, ma ha acceso i riflettori sulla legittimità costituzionale di quella norma della legge pugliese sul Piano casa derogatoria dei vincoli paesaggistici. Quella stessa norma che il Consiglio regionale si era affrettato ad abrogare con la legge n. 3 del marzo scorso.
I giudici di Palazzo Spada, consapevoli dell’avvenuta abrogazione, hanno deciso di rimettere comunque la questione alla Corte costituzionale. Ritengono, infatti, che «la chiara ed univoca lettera della normativa in rassegna consentisse ai Comuni, fino all’espressa abrogazione avvenuta nel 2021, di esercitare un eccezionale potere di pianificazione e trasformazione del territorio, tale da incidere sia sulla competenza esclusiva riservata dalla Costituzione allo Stato in materia di tutela paesaggistica, sia sulle prescrizioni del Piano paesaggistico territoriale pugliese», con possibile violazione dell’articolo 117, comma 2., lettera s) della Costituzione.
Analoga questione di legittimità costituzionale è stata peraltro sollevata dal Consiglio di Stato, con un’ordinanza a gennaio 2021, in riferimento alla legge sul Piano casa della Regione Campania. E dire che, contestualmente all’abrogazione della norma a rischio di incostituzionalità e per una sorta di corto circuito, il Consiglio regionale è chiamato ad esprimersi su un’ulteriore proposta di legge che ripristinerebbe, ancorché depurato, quanto cancellato e, di più, introdurrebbe anche sanatorie edilizie che non sono nelle competenze della Regione. Nonostante l’Assemblea regionale cerchi di parare il colpo dell’eventuale incostituzionalità, il problema dell’applicazione del Piano casa si pone soprattutto in capo ai dirigenti comunali che hanno assentito oppure hanno serbato il silenzio-assenso agli interventi in deroga alle norme paesaggistiche. Nel caso in cui la Consulta si esprima censurando quelle norme per incostituzionalità e non limitando l’efficacia della sentenza solo per il futuro, la pronuncia avrà effetto retroattivo ed i dirigenti comunali potrebbero, forse dovrebbero, entro diciotto mesi dall’efficacia dell’atto di assenso annullarlo in autotutela perché privo di legittimità. Con conseguenze finanziarie di non poco conto in ragione dei contributi di costruzione e della monetizzazione delle cessioni di aree a standard urbanistici riscossi (a quel punto indebitamente) dai Comuni.
Eppoi ed infine, non è detto che al Governo Draghi basti l’abrogazione della norma imputata, avvenuta a marzo scorso. In discussione c’è lo strumento, illegittimo a suo dire, delle proroghe ripetute di norme straordinarie e urgenti divenute permanenti.
Fabio Modesti