Stiamo rendendo invivibile la Terra

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Copertina 94 promo
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L’alterazione globale di habitat ormai è arrivata a livelli limite, basti pensare ai cambiamenti climatici e all’inquinamento da plastica e da microplastica. Ma la distruzione di specie vegetali e animali si consuma anche con l’introduzione di specie estranee ad un determinato ambiente ed estremamente pericolose per l’uomo. È on line il numero 94 di «Villaggio Globale» dedicato alle specie aliene

Quando si parla dell’azione devastante dell’uomo, in genere, ci si riferisce all’alterazione di habitat con relativa distruzione di biodiversità, oppure, della sua interferenza, mediante l’inquinamento atmosferico, della complessità del funzionamento del clima.

L’alterazione globale ormai è arrivata a livelli limite, basti pensare all’inquinamento da plastica e da microplastica. Ma la distruzione di specie vegetali e animali non si consuma solo con le alterazioni appena accennate, ma anche con l’introduzione di specie estranee ad un determinato ambiente ed estremamente pericolose per l’uomo.

La storia di queste introduzioni è ampiamente documentata ma nulla hanno insegnato le varie esperienze. Questi comportamenti si aggiungono, quindi, alla distruzione del pianeta e alla sua invivibilità prossima ventura…

In questo numero on line di «Villaggio Globale», dedicato agli alieni, pubblichiamo articoli e studi che vanno dalla compromissione dei corsi d’acqua alla perdita di specie vegetali e animali. All’introduzione di microalghe pericolosissime per la salute poiché la loro fioritura può causare febbre, rinorrea, faringodinia, congiuntivite, tosse, dispnea, cefalea, nausea, vomito e dermatite. Con conseguenza sulle risorse naturali e quelle allevate e sul turismo e le attività ricreative.

Questo numero 94 è tutto da leggere e da non perdere.

Ma gli abbonati, oltre a poter scaricare questa rivista possono anche accedere ad altre notizie e a tutti i numeri precedenti che possono essere considerati volumi unici, scritti da specialisti, su argomenti ormai indispensabili.

Riportiamo a seguire, come al solito, l’Editoriale del Direttore.

 

Editoriale

I pedagogisti hanno sempre insistito che quando si parla con i bambini è meglio non usare vezzeggiativi ma un linguaggio proprio. I piccoli arricchiscono il loro vocabolario e comprendono meglio il mondo circostante. Ma noi, da adulti, amiamo usare un linguaggio improprio, scimmiottare quello scientifico anglofono, e non ci rendiamo conto che ci prendiamo in giro, «addolciamo» la realtà e nascondiamo colpe e interessi.

È il caso della parola «alieni» riferito alle specie non autoctone e, che popolano campagne, boschi, mari.

Un bluff, consapevole, perché così evitiamo di rispondere alla domanda successiva: come mai si trovano qui? Le risposte le conosciamo, ma citiamo, a volte, solo quelle, non le azioni per impedirlo.

I cambiamenti climatici, gli «appassionati» della natura e delle specie straniere, il commercio marino, l’agire improvvido dell’uomo e comunque tutte azioni che hanno gli umani come attori principali.

Ma cosa c’è di nuovo? Niente, proprio niente.

Uno studio della ricercatrice Sandra Nogué, dell’Università di Southampton (Regno Unito), ha dimostrato che i cambiamenti nella vita vegetale di un ecosistema insulare causati dalla colonizzazione umana sono 11 volte maggiori di quelli dovuti al clima o agli effetti come ad esempio le eruzioni vulcaniche. E questa modifica causata dall’azione umana è irreversibile e si riproduce costantemente, secoli dopo la colonizzazione umana.

Ma se la fame e la paura di non potersi nutrire portava i nostri predecessori a portarsi semi e animali al seguito, oggi, questa paura non c’è più ed è solo un comportamento irrazionale. Perché le conoscenze acquisite possono già dirci se la nostra azione può avere un impatto e danneggiare l’ambiente naturale del luogo e quindi noi stessi.

La natura la sa più lunga di noi e se non ci sono le condizioni quella specie non attecchisce. Se lo fa è perché lo può fare e non certo per timore reverenziale del suo «portatore».

Nel mezzo, come spartiacque di questo comportamento: il senso di possesso dell’oggetto desiderato e la conoscenza scientifica; nel mezzo c’è l’ignoranza, la superstizione, la religiosità. E accade così che come una nebbia piano piano dimentichiamo tutto, torniamo ai primordi, dominati dalla stupidità.

Nelle scuole si insegna il caso dei conigli importati in Australia, fra gli addetti ai lavori si sa dei cinghiali importati dall’Est in Italia per scopi venatori e si comincia anche a conoscere il caso dei parrocchetti in Italia, ora che iniziano a distruggere i frutti dolci delle campagne…

E gli Ogm? Non sono forse alieni? E il Covid cos’è? Non è forse un alieno? Che differenza c’è fra l’Ailanthus e il Covid?

La verità, la dura verità, è che al di là del livello tecnologico raggiunto, al di là dell’impiego dell’Intelligenza artificiale, siamo ancora all’inizio di quel cammino chiamato civiltà. Il gap fra conoscenze e applicazione del sapere nelle azioni quotidiane è ancora molto profondo.

E fa impressione il constatare che in un paese come l’India, sede delle più grandi fabbriche di vaccini, si muore a milioni per strada.

Cosa ci aspetta in futuro?

 

Ignazio Lippolis