Zan, sovranisti e integralisti

1367
Roma Vaticano
Tempo di lettura: 6 minuti

Brandire il rosario e mostrare il vangelo sono gesti da crociata e questa non porta bene quando la si invoca per prendere voti, andare a governare, gestire il potere del denaro in nome di confini, soprattutto quando questi sono di sabbia e battige. L’acqua è onda di flusso e riflusso, gli orizzonti sono mobili, le radici sono la testa in giù quando germinano virgulti di siepi da confine, spinose e cactacee, spesso piantate nelle terre del sud per separare e porre rimedio contro i confinanti

Problema di oggi e problema di altri tempi. La differenza che passa tra lo Stato italiano e tutti gli altri rispetto al Vaticano è determinata dal fatto (e non è una contingenza) che la Città papale sia appena Oltretevere. E poi ecco il papa, qualunque sia la sua provenienza… vescovo di Roma.

Così, se da una parte la relazione diplomatica per affari correnti tra stati è affidata alle ambascerie e quindi tra organi rappresentativi statali, quelli riguardanti il vissuto dei cittadini, la loro istituzione legislativa e amministrativa è declinata tra lo stato e le Conferenze episcopali, nel nostro caso la Cei.

Non perdiamoci adesso in questioni di diritto ma sappiamo bene che tutte le situazioni riferibili a programmi, progetti, colori politici aveva trovato sempre, nei nostri tempi, non Oltretevere in competizione ma la Cei con i loro segretari generali.

Allora perché mons. Paul Richard Gallagher, segretario di Stato del Vaticano, ha preso l’iniziativa di consegnare il documento all’ambasciatore italiano presso la Santa Sede in materia di jure condendo (discussione di DdL Zan) ancora all’esame di un ramo del parlamento?

E che centra questa rivista con la problematica che ne deriva?

Solo a prima vista… un bel niente! Se non fosse che l’etica coinvolge tutti i cittadini e, nella circostanza attuale riferita al DdL di Zan contro l’omotransofobia, riguarda modi di pensare, di dire, di rapportarsi, di educare e di formare anche le giovani generazioni contro l’odio razziale prodotto dall’interpretazione delle libertà e delle naturalità di genere.

La chiesa cattolica, nella sua rappresentazione più autorevole attuale, Papa Francesco, ha usato termini e atteggiamenti di comprensione e non di giudizio verso l’omosessualità (ricordate l’intervista rilasciata a bordo dell’aereo in rientro a Roma di non molto tempo fa?) ora la posizione del monsignore, interpretata come voce del Vaticano sembrerebbe in non poco contrasto con il pensiero papale.

Viene da concludere: ma ti sei prima di tutto consigliato con il tuo Papa? Stai creando un preludio a qualche inevitabile scontro interno? E se sei diplomatico allora lo sai bene che ciò è sicuramente già avvenuto proprio non dicendolo.

I pedagogisti sono attenti a DdL perché interessa da vicino aspetti importanti della formazione nella famiglia e nelle scuole circa il superamento di quell’odio che si sta manifestando dilagante in molte situazioni in Italia, e non solo.

Ben venuta la dichiarazione sintetica, lapidaria di Draghi, fatta in parlamento sulla laicità dello Stato e del nostro parlamento, nonostante il balbettio di parlamentari che non vedevano l’ora di sventolare una qualsivoglia dichiarazione per farsi notare più cattolici del papa. Ma questo lo avevamo previsto, dopo i vangeli e i rosari sciorinati sui palchetti della propaganda.

Papa Francesco, pastore illuminato e prudente, saprà richiamare all’ovile le pecorelle in «libera» uscita, siano esse blasonate o meno, della sua curia.

Passiamo adesso all’altra questione, molto viva sul campo delle radici cristiane e dell’identità europea. Sembra che le destre di tante nazioni cerchino i pretesti di attualità per ridisegnare la loro internazionalizzazione ed esercitare le loro pressioni sul modello-Europa minato dal continuo flusso di veto in ambito bruxelliano.

Quando la politica si impiccia di religione!

Se volessimo scomodare i libri di Storia scopriremmo pagine e pagine che testimoniano la tendenza a porre in parallelo politica e religione: sempre per un raccordo favorevole all’una e all’altra il cui denominatore comune è determinato dall’uso della religione, da una parte privilegio e dall’altra terreno del consenso. Non per niente l’imperatore Costantino, e i suoi successori in Oriente, hanno preteso di ricevere dall’unico credo religioso cristiano il coefficiente della coesione a protezione dell’unità dell’impero fatta di tradizioni e popoli eterogenei tra loro poco compatibili e minacciosi verso l’unità dell’impero.

Possiamo chiederci se l’attuale Carta europea dei 14 movimenti nazionalistici «sovranisti» in Europa sia nel solco del già visto o meno. Questi rappresentanti firmatari, pur non avendo recitato insieme il Rosario, possono dichiararsi autentici testimoni di valori religiosi sulla cui base «rifondare» l’Europa, tentando al presente di disarticolarla affermando il valore della loro posizione euroscettica anti?

Prima di tutto non cadiamo nel pregiudizio o peggio ancora nel giudizio levato contro per sancire l’ambiguità della loro ortodossia religiosa con altrettanto fondamentalismo! Sarebbe incorrere nello stesso tipo di errore che critichiamo.

Un solo aspetto mettiamo sotto osservazione, lasciando ad altri la disquisizione puramente politica sul «perbenismo» dei 14 partiti nazionalisti promotori.

Radici o frutti?

Una sola discriminante: radici o frutti? Tanto per restare nell’interpretazione cristiana. Così abbiamo l’opportunità di muovere qualche osservazione anche sull’ultimo capitolo del confronto confessionale! Ddl Zan contro la omotransfobia: il testo non si tocca, il testo si tocca, il testo si rimanda, il testo si mette in giacenza e, dietro le quinte, alleanze e riverenze, Salvini + Renzi + Vaticano… e ci sarà pure un meno da qualche parte; del resto si tratta di radici, perdinci! E queste interessano poi tanto? E poi non è una buona occasione per esserci, per contare e, forse, per cantare vittoria?

Il passo evangelico a cui ci si può riferire è quello di parole (esegeticamente parlando) sicuramente di Gesù. Per meglio comprenderle contestualizziamole. Ci troviamo con Matteo, capitolo XII, in una situazione di scontro serrato tra Gesù e i Farisei, prima lungo i sentieri agresti di coltivazioni di grano e poi all’interno della locale Sinagoga. Nell’uno e nell’altro luogo la critica mossagli contro è sul comportamento ritenuto non ortodosso di Gesù e dei suoi discepoli nel rispetto rigoroso della legge del sabato.

Nel v. 33 del passo di Matteo è la vera soluzione per l’interpretazione etica dell’appartenenza: «ἐκ γὰρ τοῦ καρποῦ τὸ δένδρον γινώσκεται = ek gar tou kaptoù tò dèndron ghivòsketai = infatti dal frutto si conosce l’albero». La questione delle radici è un’immagine del tutto antropologica e, dal punto di vista di Gesù, per niente probativa. La questione delle radici scade quindi di livello nel senso di «tradizione, svolgimento storico». L’appartenenza all’albero, questa volta il Cristo, la si deduce dalle azioni, dai comportamenti; questi sì sono la discriminante tra sequela evangelica e fedeltà, in cui è la fede ad essere chiamata in causa e non la tradizione. Gesù infatti mette da parte la tradizione ebraica della Torah e chiama in causa la «sua novità»: sfamarsi… salvare la pecora dal fosso molto più giusto che osservare la legale e veterotestamentaria inoperosità del sabato!

Se nascesse il dubbio su quali siano le opere-frutto conformi al dettato evangelico abbiamo l’autentico interprete unico che tassativamente lo indica. Guarda caso… proprio lo stesso Gesù con le sue parole autentiche. Lo scenario è raccontato da Matteo (XXV, 31-46): rendiconto finale o giudizio universale. Gesù proclama e dice: «venite benedetti, ricevete in eredità il regno … poi dirà a quelli: via, lontano da me, maledetti…». In base a che cosa la gloria degli uni e la condanna degli altri? Ecco la risposta a tutti, increduli di averlo mai incontrato in vita: «ho avuto fame, sete, ero forestiero, nudo, malato, carcerato» e poi il timbro: «ogni qual volta che avete fatto queste cose ad uno di questi fratelli più piccoli le avete fatte a me … ogni qual volta che non avete fatto queste cose ad uno dei miei fratelli più piccoli, non le avete fatte a me».

Quali frutti? Ecco le opere protratte nel tempo, sempre possibili perché sempre presenti questi suoi fratelli con i bisogni tesi e le mani protese. Radici cristiane. E poi ancora un’altra chicca, a proposito del nazionalismo da difendere con le sue radici cristiane.

L’apostolo Pietro, nel pieno della sua attività evangelizzatrice, affida ad una lettera il suo messaggio, «ai carissimi stranieri e pellegrini» (1Pt, 2, 11). La definizione e condizione dei credenti è di «παροίκους καὶ παρεπιδήους (paroìkous, cioè straniero, da: παρά = pará, oltre e oikéo = oikèo, abito; alla lettera parrocchiano! – e papepidèmous, cioè peregrino); è cancellata la condizione del solitario ma si prospetta la consegna non alla nazione ma alla comunità, all’ekklesìa. I due termini hanno in comune il prefisso che caratterizza il senso della precarietà ambientale.

Ero lì e mi hai soccorso; tu? come mai? Si esprime il dubbio e non la certezza dell’individuazione. Attenti al concilio di Trento e al luteranesimo: sconfinamenti, censure e scomuniche a cui si risponde con grandissima difficoltà oggi a correzione con l’ecumenismo.

Brandire il rosario e mostrare il vangelo sono gesti da crociata e questa non porta bene quando la si invoca per prendere voti, andare a governare, gestire il potere del denaro in nome di confini, soprattutto quando questi sono di sabbia e battige. L’acqua è onda di flusso e riflusso, gli orizzonti sono mobili, le radici sono la testa in giù quando germinano virgulti di siepi da confine, spinose e cactacee, spesso piantate nelle terre del sud per separare e porre rimedio contro i confinanti.

Radici cristiane = radici islamiche non per relazione tra verità religiose ma per la medesima vocazione alla difesa delle proprie radici, ossia della cultura del tutti insieme e a favore del noi «siamo noi e voi non siete…»! Decidiamo noi se le nostre donne possano o non debbano sposarsi con… pena la morte: noi sovrani in terra nostra decidiamo chi merita vivere e chi invece debba andare a ritrovare le radici nelle profonde zolle!

Abbiamo già a casa nostra chi difende, critica, ama saluti romani e colore unico del partito unico, rosicchiano voti e impinguano sondaggi; andate a raccontare ad altri della vostra devozione per le radici cristiane: da tempo dettate il regolamento di come il papa debba fare il papa!

 

Francesco Sofia