1. Educazione ambientale, un ritardo che viene da lontano

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Solo grazie ad un sistema educativo capace di tessere relazioni concrete con il resto della società civile e disposto a modificarsi profondamente per favorire la trasformazione degli individui si può mette in moto un processo di mutamento di coscienza che permetta al soggetto di affrontare la situazione problematica con la consapevolezza dell’esistenza di visioni e modi di agire alternativi

Alla metà degli anni Cinquanta, i processi di urbanizzazione e di sviluppo industriale hanno messo in mostra i loro primi effetti sull’integrità del patrimonio artistico e naturale. Il Paese guardava comprensibilmente allo sviluppo economico e industriale come ad una straordinaria occasione d’uscita da secolari vincoli sociali, dalla miseria, dalla precarietà delle condizioni di vita. Non poteva trovare posto il richiamo alla natura, che per molti significava ancora la fame e il duro lavoro nei campi e nei monti, o al patrimonio storico delle città, che a tanti ricordava il degrado dei manufatti dei centri urbani in cui vivevano.
Solo una cultura ambientale e di massa, potrà perseguire una politica seria di difesa e valorizzazione dell’ambiente.
Per una politica ambientale, il primo compito, può essere individuato in una attività di informazione, di sensibilizzazione, di educazione. Uno sforzo per rendere chiari, comprensibili, elementari i problemi che gli esperti indicano come gravi e urgenti. Tutto ciò che contribuisce ad interessare gruppi di cittadini ai problemi dell’ambiente, tutto ciò che aumenta la sensibilità, la curiosità, la partecipazione alla valorizzazione dell’ambiente è, a mio avviso, prioritario.

Costituzione e ambiente

A similitudine di altre costituzioni europee nate nel dopoguerra, anche la Costituzione del 1948 non presenta espliciti riferimenti all’ambiente per il semplice fatto che all’epoca vi era una sensibilità diversa rispetto a quella degli ultimi lustri.
Autorevole dottrina ha correttamente osservato come alcuni articoli che si occupavano di materie alle quali oggi viene riconosciuta un’ampia valenza ambientale, come l’art. 44, riguardante il razionale sfruttamento del sottosuolo, facessero riferimento a «orientamenti volti a promuovere e imporre la bonifica delle terre, la trasformazione del latifondo… senza avere consapevolezza riguardo a temi, ora preminenti, come quello della sostenibilità ambientale delle attività umane e quello della conservazione di un equilibrato rapporto fra sviluppo e ambiente».
Durante i lavori dell’Assemblea Costituente non poche furono le difficoltà incontrate da quanti sostenevano norme per la tutela di valori di rilevanza ambientale, successivamente riportati nell’alveo della tutela dell’ambiente lato sensu.
Va detto, però, che la Riforma del Titolo V della Costituzione avvenuta con l’adozione della Legge Costituzionale n. 3 del 2001, dopo molti anni di dibattiti e di proposte, tra le molte criticità, ha avuto il merito di aver inserito nel nuovo art. 117 Cost. la parola «ambiente».
Tra le materie assegnate a titolo esclusivo dal legislatore alla competenza dello Stato, nell’elenco di cui al comma 2 del citato articolo, vengono specificate: «la tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali»; mentre a titolo concorrente alle Regioni vengono assegnate: «valorizzazione dei beni ambientali e culturali».
Va da sé, pertanto, che oggi le nuove generazioni, e non solo, devono essere educate per creare un mondo più sostenibile e impegnarsi sui temi della sostenibilità.

L’educazione ambientale

L’educazione allo sviluppo sostenibile è quindi fondamentale per rendere la società civile capace di prendere decisioni informate e agire responsabilmente per l’integrità ambientale, la sostenibilità economica e una società giusta per le generazioni presenti e future.
La biodiversità, la sostenibilità energetica, la qualità ambientale e i cambiamenti climatici devono entrare a far parte del bagaglio culturale di ognuno e non restare tematiche apparentemente isolate, fenomeni e situazioni proprie di diversi campi del sapere.
Solo grazie ad un sistema educativo capace di tessere relazioni concrete con il resto della società civile e disposto a modificarsi profondamente per favorire la trasformazione degli individui si può mette in moto un processo di mutamento di coscienza che permetta al soggetto di affrontare la situazione problematica con la consapevolezza dell’esistenza di visioni e modi di agire alternativi.
L’educazione formale è da considerare una componente essenziale per la promozione di una crescita sostenibile nella società presente e ancor più in quella futura; la valorizzazione delle risorse della conoscenza attraverso un efficace trasferimento e riutilizzo del sapere costruito nei percorsi formativi appare un passaggio importante nel rinforzo della consapevolezza e delle capacità critiche degli individui di fronte alle sfide della complessità. Purtroppo la diffusione dei temi della sostenibilità dal contesto delle istituzioni scolastiche ed educative al grande pubblico stenta a realizzarsi sia in ambito nazionale sia internazionale.

Il sistema scolastico

Era il 1859, quando alla vigilia dell’Unità d’Italia il Regno di Sardegna istituiva una scuola elementare articolata su due bienni. Il primo era obbligatorio. Per arrivare all’obbligo scolastico fino ai 14 anni di età bisogna arrivare alla riforma Gentile, quasi un secolo fa, quando il tasso di analfabetismo era ancora smisuratamente alto: un italiano su tre non completava alcun ciclo di studi. Bisogna arrivare al 2007 perché l’obbligo formativo venga portato a dieci anni, come nella maggior parte dei paesi dell’Unione europea.
In questo secolo e mezzo, il paese è cambiato profondamente con il passaggio da una società rurale a una urbana industriale e post-industriale. Come pure sono cambiati i metodi di studio e di insegnamento, le materie, le esigenze e le qualità degli studenti. Negli ultimi decenni, però, segnati da innumerevoli riforme animate da intenzioni spesso rimaste sulla carta, il sistema scolastico sembra aver accumulato un progressivo ritardo rispetto ai mutamenti vertiginosi della nostra società. Nei programmi, nei metodi, nella capacità di adeguare la formazione alla domanda del sistema produttivo. Alcune di queste difficoltà sono balzate agli occhi e si sono amplificate durante il lockdown che ha messo fine all’ultimo anno scolastico con la didattica a distanza. Mettendoci di fronte a un’emergenza che è stata affrontata coraggiosamente dal corpo docente, ma con troppe difformità nell’interpretazione della nuova modalità educativa e nei risultati. Un’emergenza che, forse, dovrebbe essere colta come un utile spunto per riflettere sulla scuola che desideriamo per il futuro.
Pandemia permettendo e con le dovute cautele, milioni di bambini e di ragazzi torneranno sui banchi. Occorrerà, pertanto, raccogliere un po’ di idee per orientarsi in quella complicata rete di interazioni e di scelte che è il percorso dei ragazzi verso l’età adulta, verso la maturità, verso il lavoro. Perché se è vero che quella del futuro sarà la società della conoscenza, il nostro compito è quello di accompagnarceli nel migliore dei modi.

Un obiettivo strategico

L’educazione allo sviluppo sostenibile è diventato oggi un obiettivo strategico per il presente e per il futuro del nostro Paese.
La sfida ambientale, legata alla conservazione delle risorse del nostro Pianeta, rappresenta una sfida non più eludibile per le future generazioni. Ci troviamo in un’epoca che impone al mondo intero, ma in particolare all’Italia e all’Europa, scelte radicalmente diverse da quelle compiute in passato: lontane dal modello produttivo tradizionale, dirette verso un nuovo modello di economia che rispetti l’ambiente, orientate ad una società che non produca rifiuti ma sappia creare ricchezza e benessere con il riutilizzo e la rigenerazione delle risorse.
Perché questo accada, è necessario un profondo cambio di mentalità che coinvolga le istituzioni, le imprese, i media e le singole persone.
E questa nuova consapevolezza non può che iniziare dalle scuole e dagli studenti, di tutte le età. Soprattutto dai più giovani, quelli che potremmo chiamare «nativi ambientali»: una generazione che nella quotidianità dei comportamenti trova già come prospettiva naturale il rispetto dell’ambiente in cui vive.
L’educazione allo sviluppo sostenibile, quindi, si candida a diventare il progetto nell’ambito del quale promuovere le competenze necessarie per mettere in discussione i modelli esistenti, per migliorarli e per costruirne insieme di nuovi.
Educare gli italiani, i nostri figli e noi stessi, alla sostenibilità significa attivare processi virtuosi di cambiamento complessivo dei comportamenti e degli stili di vita.
La nostra scuola ha il compito di formare cittadini italiani in un contesto europeo e mondiale, tema ancor più fondamentale nell’ottica dell’educazione ambientale. Difatti alla tutela dell’ambiente concorrono tutti i cittadini del mondo, ognuno per la propria parte.
È importante inoltre che vi sia un’ampia diffusione della consapevolezza che i grandi problemi dell’umanità, il degrado ambientale, il caos climatico, le crisi energetiche, la qualità della vita, possono essere affrontati e risolti attraverso strette collaborazioni non solo tra le nazioni, ma tra le discipline e le culture.
Nell’Unione europea l’educazione ambientale è divenuta parte integrante delle attività curricolari della scuola primaria e secondaria: numerosi Stati Membri hanno introdotto l’educazione ambientale nelle proprie scuole come offerta formativa didattica.
Lo studio dell’ambiente è a tutti gli effetti una materia fondamentale per preparare gli alunni a costruire un futuro green e a vivere in una società sostenibile.
A tal fine è indispensabile, per se stessi e per la collettività, sviluppare un’adeguata sensibilità, ad esempio, ai temi del benessere personale e collettivo, dell’adozione di corretti stili di vita, alla lotta ai cambiamenti climatici: per costruire, entro l’anno 2030, società inclusive, giuste e pacifiche.
L’estrema attualità richiede che tali tematiche vengano trattate in una prospettiva globale, scientificamente e internazionalmente condivisa, attenta ai principi della sostenibilità ecologica, sociale ed economica: è necessario che costituiscano oggetto di riflessione collettiva e continuativa, in un’ottica interdisciplinare, anche nell’ambito del dialogo interculturale e dell’educazione alla solidarietà, alla pace, alla legalità.

 

Francesco Sannicandro, già Dirigente Regione Puglia e Consulente Autorità di Bacino della Puglia