Il ruolo dei fari nelle coste italiane
Lo scopo principale di un percorso di riconversione è salvare gli edifici dal degrado per garantirgli un nuovo utilizzo, attivare le economie territoriali e riconsegnarlo alla comunità, creando una solida opportunità di sviluppo locale e un benessere sociale della collettività residente
Le aree costiere italiane sono disseminate di fari che testimoniano l’antica attenzione che il nostro paese ha sempre riservato a queste particolari costruzioni. Nonostante la tecnologia, l’abbandono, le problematiche legate alla loro conservazione e tutela, ancora molti fari sono a guardia delle aree marittime della penisola. Fin dall’antichità troviamo tracce di queste peculiari costruzioni che hanno caratterizzato il territorio, divenendo per molte città italiane veri e propri simboli identitari, come il faro di Genova, Trieste, Livorno e molti altri. Anche se la loro architettura varia a seconda della nazione o del tratto di mare che custodiscono, ovunque essi si trovino, adempiono alla funzione per cui sono stati realizzati, ossia quella di garantire un passaggio sicuro a coloro che sono in mare.
Una definizione tecnica di faro si ritrova nell’autorevole «Dictionary of the English Language» (1755) compilato dal grande lessicologo britannico Samuel J. Johnson: «An high building, at the top of which lights are hung to guide ships at sea» (1), ma le sentinelle del mare sono molto altro. Esse, infatti, possono essere descritte sotto molteplici punti di vista: per la progressiva automazione e l’evoluzione della loro luce, come splendidi resort o caratteristici bed & breakfast, per la peculiarità architettonica dei loro edifici, come soggetti di dipinti o di spettacolari fotografie, o ancora, impressi nei testi letterari di scrittori antichi e moderni che ne hanno narrato il fascino e la vita dei loro guardiani. Questo lavoro vuole soffermarsi invece sulla loro salvaguardia e sui progetti in atto per la loro valorizzazione, in quanto costituiscono un patrimonio di inestimabile valore storico/culturale che non può andare perduto.
In apparenza grandiose e indistruttibili torri, i fari sono anche estremamente fragili a causa della costante esposizione a severe condizioni meteomarine che li espongono immancabilmente ad un progressivo deterioramento o danneggiamento, derivante dall’impatto violento delle onde o dei detriti trasportati da esse, da una eccessiva umidità, dalla erosione marina e da innumerevoli altre cause, ma anche dal degrado in cui molte costruzioni si trovano a causa della mancanza di finanziamenti per la loro manutenzione e conservazione.
Prima di conoscere le iniziative che l’Italia ha intrapreso (con specifiche tutele, iniziative di associazioni o con i bandi pubblici di «Valore Paesi – Fari» curati dall’Agenzia del Demanio, per il recupero delle nostre sentinelle del mare), descriviamo anche alcuni progetti sostenibili esteri, che ci accompagneranno a scoprire la stretta relazione che esiste tra un faro e il territorio su cui sorge. Un legame che non si riduce ad una semplice posizione geografica, ma uno stretto rapporto con la comunità locale che percepisce quella robusta torre imprescindibile dal contesto ambientale in cui essa è inserita, considerandola il loro guardiano luminoso.
Alcune iniziative e itinerari in Europa e negli Stati Uniti
In molti paesi si sono attivate diverse iniziative volte ad accendere un riflettore sulla protezione dei fari, la Francia da sempre in prima linea in questa battaglia ha classificato alcuni dei suoi fari Monuments Historiques, come riconoscimento dell’interesse patrimoniale di un immobile. Il primo a prendere questo titolo è stato il Faro di Cordouan, situato all’estuario della Gironda, inserito nella lista dei monumenti storici francesi dal 1862, e iscritto nella Tentative Liste dell’Unesco dal 2002 (2).
Successivamente, dal 2012 è stata avviata la classificazione e tutela di molti altri importanti fari del paese. In Francia è classificato monumento storico «un edificio o un bene mobile che riceve uno statuto giuridico specifico destinato a proteggerlo per le sue caratteristiche storiche, artistiche, architettoniche ma anche interesse tecnico o scientifico affinché sia preservato, restaurato e valorizzato» (3). Qualche anno fa, la missione «Lumiére sur Tévennec» intrapresa dal Presidente della Société Nationale pour le patrimoine des phares et balises (Snpb) (4), Marc Pointud ha riscosso un notevole successo. La società si occupa della salvaguardia dei fari francesi, e nel febbraio del 2016, Pointud ha soggiornato sessantanove giorni nel Faro di Tévennec (Bretagna), disabitato dal 1910, per sensibilizzare il problema della tutela di queste torri e recuperare i fondi per il solitario fari da anni in degrado.
Stessa filosofia la ritroviamo oltreoceano, infatti molti fari degli Stati Uniti d’America possono seguire diverse opzioni di tutela: essere iscritti nel National Register of Historic Places, l’elenco ufficiale dei luoghi storici della Nazione degni di conservazione, trovarsi all’interno di un National Park o essere stati dichiarati un National Historic Landmark, monumento storico nazionale (5). Tra questi «il vecchio» Faro di Capo Henry (Number National Register of Historic Places: 66000910), il primo faro degli Stati uniti (1792) (6), situato all’ingresso della Baia di Chesapeake. Sostituito nel 1881 con un’alta torre in ghisa posta a un centinaio di metri, anche se non più funzionante, il vecchio faro in muratura non ha perso la sua importanza e, oltre a rappresentare un riferimento marittimo diurno, è aperto al pubblico.
L’elenco delle nazioni che hanno avviato progetti riqualificazione riconvertendo i propri fari in strutture ricettive, musei o ristoranti, o che hanno creato vere e propri itinerari turistici, è lungo e per questo è possibile descriverne solo alcuni.
La Route des Phares in Bretagna accompagna i turisti da Brest a Brignogan in un suggestivo viaggio tra meravigliose torri di luce e il fascino e il mistero della frastagliata Isola di Ouessant, l’isola dei fari, dei naufragi, battuta costantemente dal vento, e dalle forti correnti del Mer d’Iroise (7), uno dei mari più pericolosi d’Europa. Attraversando La Manica, la Gran Bretagna ci accoglie con i suoi altrettanti maestosi fari, molti dei quali realizzati da Robert Stevenson, grande costruttore di fari, nonno dello scrittore Robert Louis Stevenson, e dalla sua famiglia (8). Per migliorare l’accesso del pubblico alla costa, da alcuni anni si sta realizzando in Inghilterra l’England Coast Path (Ecp) (9), un sentiero nazionale che percorre tutta la costa inglese con l’obiettivo di trovare un giusto equilibrio tra gli interessi di proprietà e i diritti del pubblico di godere di attività ricreative all’aperto sulla terra costiera. Il sentiero è stato frazionato in diversi tratti costieri distinti (England Coast Path – North East, North West, East, South East, South West), e al termine dei lavori, sarà uno dei percorsi costieri gestiti e segnalati più lunghi al mondo. Il progetto è amministrato da Natural England, l’ente consulente del Governo per la protezione e valorizzazione dei paesaggi anglosassoni. Questo sentiero «costiero» è ricompreso nei National Trails, sentieri nazionali ufficiali di Inghilterra e Galles, contrassegnati lungo il percorso con il simbolo di una ghianda. Alcuni fari presenti lungo i tratti interessati dall’Ecp sono stati inclusi nel progetto in qualità di attrattive e quindi valorizzati. Uno dei percorsi più lunghi dei National Trails è il South West Coast Path (10), splendido itinerario di 630 miglia, tra miti e le leggende, e aggiungiamo anche fari, che aleggiando intorno a questo affascinante paesaggio lungo la costa della penisola sud-occidentale. Fa parte di questo percorso Portland Bill Lighthouse, situato su uno stretto promontorio all’estremità meridionale dell’isola. Ma si segnala anche il North East Coast Path (11), con l’opportunità di ammirare Souter Lighthouse (12) e St Mary’s Lighthouse (13).
Le opportunità di visita e soggiorno nei lighthouses sono molteplici, per questo motivo è importante segnalare luoghi particolari in cui la conservazione del patrimonio architettonico è un obiettivo centrale nella politica territoriale, dove i fari sono considerati un bene da preservare e valorizzare.
Ci spostiamo quindi su isole suggestive dove immergersi totalmente nella natura, distanti un centinaio di miglia al largo della costa nord-orientale della Scozia: le Shetland Islands. Qui i fari sono protetti dallo Shetland Amenity Trust (14), che si adopera per proteggere e ripristinare il patrimonio architettonico (e naturale) del luogo. Il faro, il centro visitatori e la riserva naturale di Sumburgh Head, la luce più antica dell’arcipelago, è divenuta un’attrazione turistica di livello mondiale. Inoltre, sia a Sumburgh sia in altri due fari, Bressay Lighthouse e Eshaness Lighthouse, sono disponibili dei cottage degli ex guardiani come alloggi per le vacanze (15). I fari in queste isole così lontane e selvagge sono i guardiani di albe e tramonti meravigliosi, di inverni freddi e cieli plumbei, di onde potenti che si infrangono con violenza contro le scogliere. Tutti i vecchi edifici e monumenti pubblici dell’arcipelago sono mantenuti e riparati dall’Architectural Heritage Team. Il Trust attraverso progetti e iniziative è impegnato anche nella tutela dell’ambiente e le risorse naturali delle isole.
La riconversione dei fari in Italia
La riconversione d’uso dei fari può costituire una possibile soluzione per coprire i costi di mantenimento degli edifici, senza contare che questi segnalamenti marittimi se attivi, necessitano anche di una manutenzione tecnica ordinaria e straordinaria.
Al momento il totale dei segnalamenti marittimi a guardia delle coste e delle isole italiane, gestiti dalla Marina Militare, comprensivi di fari, fanali, mede e boe è di 860, di cui 147 fari, con una portata di efficienza di questi ultimi del 100% (situazione di efficienza al 27 giugno 2021) (16).
Nel 2015 l’Agenzia del Demanio ha avviato il progetto «Valore Paesi – Fari», proponendo attraverso bandi pubblici, fari, torri e edifici costieri di proprietà dello Stato, in concessione fino a 50 anni. Infatti, i beni statali non più strategici o istituzionalmente utili possono essere dismessi tramite procedure di vendita ad evidenza pubblica e resi disponibili per essere valorizzati dal mercato. Un progetto nato per consentire il recupero e riuso di questi immobili per finalità turistiche, culturali e sociali, in linea con i principi di sostenibilità legati alla cultura del mare. Nelle quattro edizioni (2015-2018) sono state assegnate 25 strutture costiere. Sul sito dell’Agenzia del Demanio è possibile consultare le strutture aggiudicate, il tempo della concessione rilasciata e il nuovo utilizzo.
Alcuni fari sono già stati riconvertiti in splendidi resort a picco sul mare, primo fra tutti Capo Spartivento in Sardegna a adottare in Italia già nel 2006 la filosofia del lighthouse accomodation (17). Altri diventeranno a breve splendide location per eventi, e strutture turistico-culturali e ristorativi. Si tratta di torri che sorgono in luoghi incontaminati di immenso interesse paesaggistico.
In alcuni casi associazioni di volontari sono riusciti a promuove e sostenere iniziative e progetti di valorizzazione, come «Aps Amici della Lanterna» che si occupano del complesso monumentale della Lanterna di Genova e del contesto in cui è inserito, con la finalità di renderlo un luogo d’incontro, un centro culturale, un punto di riferimento per la città, promuovendo interessanti iniziative legate allo storico faro della città ligure e al suo porto (18).
Diversi fari sono riconosciuti e tutelati sottoposti ai sensi del D.Lgs. 42/2004 e s.m.i. come bene di interesse culturale o per rilevanza storico-artistica, come il faro di Milazzo, il faro dell’Isola di Capo Rizzuto, quello di Capo Comino in Sardegna e molti altri. A Trieste, la Lanterna (1831-1883) sul Molo Fratelli Bandiera, realizzata dall’architetto austriaco Matteo Pertsch è individuata anche come edificio di pregio storico architettonico (Le Rive e i moli dall’Aeroporto fino alla Stazione di Campo Marzio). Spesso rimasta in ombra dall’imponenza del Faro della Vittoria, è un faro con una storia importante. La sua torre, alta più di trenta metri, assomiglia a una colonna in stile dorico in pietra d’Istria, aveva anche una funzione militare e il suo basamento rotondo, con caratteristiche finestre quadrate, era un fortino inattaccabile. Molti si sono chiesti perché chiamato lanterna, e giustamente la risposta più appropriata è che «lanterna» è qualcosa di intrinseco e appartenente al porto, una luce calda per i naviganti che entravano o uscivano in mare.
Oggi il faro non è più attivo, la sua luce si è spenta nel 1969 ed è completamente inglobato nell’area urbana del porto. Dagli inizi degli anni Novanta è divenuto sede della Lega Navale di Trieste, ma ancora fatica a trovare la sua «luminosità», anche se qualche anno fa, lo scrittore triestino Paolo Rumiz, ha ambientato in questa torre una storia pubblicata su «La Repubblica – Il guardiano del faro/24». Il «vecchio» Faro di Trieste bene si presta al vero significato del termine «valorizzare». Valorizzare vuol dire anche questo, far conoscere, tramandare, ridare valore ad un edificio che ha un passato storico notevole ed è patrimonio della città, della nazione e soprattutto delle persone a cui esso appartiene geograficamente, culturalmente e socialmente.
La via della riconversione
Lo scopo principale di un percorso di riconversione è salvare gli edifici dal degrado per garantirgli un nuovo utilizzo, attivare le economie territoriali e riconsegnarlo alla comunità, creando una solida opportunità di sviluppo locale e un benessere sociale della collettività residente. Valorizzare vuol dire conferire o aumentare il valore, in questo caso il valore di un faro costiero. La tutela e la valorizzazione del patrimonio storico, culturale e architettonico contribuiscono a conservare la memoria della comunità nazionale e del suo territorio, e non può discendere dal tema dello sviluppo sostenibile. Infatti, tra i diciassette obiettivi (Sustainable Development Goals, SDGs) inseriti nell’Agenda 2030 per il programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità, sottoscritto nel 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’Onu, al punto 11.4 viene indicato come uno dei traguardi da raggiungere dell’Obiettivo 11 – Città e Comunità sostenibili: «Potenziare gli sforzi per proteggere e salvaguardare il patrimonio culturale e naturale del mondo» (19).
Un progetto di riconversione deve massimizzare le esigenze di un turismo alla ricerca di un contatto reale con l’ambiente e accrescere l’economia, ma allo stesso tempo deve adoperarsi per il coinvolgimento attivo della comunità che ha un profondo legame con l’edificio da preservare. Non dobbiamo dimenticarci che intorno ad un faro ci sono temi ambientali, culturali ed economiche e soprattutto sociali.
Andrebbe attivata una promozione e diffusione delle tematiche relative alla tutela ambientale e paesaggistica dei fari intesa come una vera e propria «Rete dei Fari italiani». Le coste della penisola racchiudono un potenziale unico di bellezza e natura e, in questa cornice, le nostre sentinelle si inseriscono divenendo per il Belpaese un patrimonio marittimo di inestimabile valore.
È necessario aumentare la conoscenza del patrimonio che dobbiamo preservare, non solo quindi i fari principali, ma ogni faro presente lungo gli 8.000 km di coste della penisola, perché ogni struttura deve essere legata a questa rete e vanno aumentate le risorse a disposizione, in modo da predisporre strumenti adeguati alla loro salvaguardia. Il patrimonio culturale è costituito dai beni culturali e dai beni paesaggistici e i fari interessano entrambe queste categorie, perché posseggono interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico, e costituiscono allo stesso tempo espressione dei valori storici, culturali, naturali, morfologici ed estetici di un territorio.
Soprattutto i fari devono essere fortemente protetti come beni storici/culturali e salvaguardati a livello nazionale e il vero progetto di valorizzazione può essere solo quello di renderli fruibili alla località locale e a tutti coloro che vogliono lasciarsi affascinare dal loro fascio di luce.
(1) Dictionary of the English Language;
(2) Phare de Cordouan; Unesco;
(3) Monuments historiques & sites patrimoniaux;
(4) Snpb;
(6) Durante la prima seduta del Congresso degli Stati Uniti, nel 1789, fu approvato un atto che poneva il servizio fari sotto la giurisdizione del Dipartimento del Tesoro. Nell’atto c’era anche la disposizione per la costruzione del faro di Cape Henry, che gli conferiva la distinzione di essere il primo faro ordinato e finanziato dal governo federale (https://www.lighthousefriends.com/light.asp?ID=448);
(7) https://www.iroise-bretagne.bzh;
(8) Per approfondimenti sulla dinastia degli Stevenson come costruttori di fari si rimanda al libro Bella Bathurst «Lo splendore degli Stevenson. Una dinastia di costruttori di fari tra ingegno e letteratura» (2008);
(9) England Coast Path;
https://www.gov.uk/government/collections/england-coast-path-improving-public-access-to-the-coast;
https://www.gov.uk/guidance/manage-your-land-on-the-england-coast;
(10) South West Coast Path, Portland Bill Lighthouse;
(11) North East Coast Path;
(12) Souter Lighthouse;
(13) St Mary’s Lighthouse;
(14) Shetland Amenity Trust;
(15) Sumburgh Head e Shetland Lighthouse Holidays;
(16) Fari e Segnalamenti Marina Militare;
(17) Faro di Capo Spartivento; Resort Faro Punta Fenaio Isola del Giglio; Capofaro Isola di Salina;
(18) Lanterna di Genova;
(19) Sustainable Development Goals, SDGs;
Alessandra Fabri (*)
(*) Laurea Magistrale in Gestione e Valorizzazione del Territorio presso l’Università La Sapienza di Roma. Laurea in Lettere Moderne con tesi di laurea in Geografia ambientale dal titolo «I guardiani del mare. Per una geografia dei fari in Italia». L’elaborato ha approfondito la tematica della situazione dei fari e dei progetti in corso per la loro valorizzazione e riqualificazione ambientale. È autrice di numerosi articoli sui fari.