I dissesti geologici che affliggono l’Italia passano da un riequilibrio ambientale; da un nuovo e rinnovato rispetto per la risorsa idrica e da una rieducazione sociale al concetto di rifiuto
Ritengo che quello dei dissesti idrogeologici rappresenti uno dei temi più importanti ed urgenti su cui intervenire atteso che hanno un’azione fortemente distruttiva in termini di degradazione del suolo e quindi indirettamente nei confronti dei manufatti. Tale fenomeno si manifesta attraverso l’incremento di fenomeni franosi e smottamenti dovuti all’erosione del terreno o esondazioni fluviali in conseguenza di agenti atmosferici quali precipitazioni atmosferiche specie in caso di eventi meteorologici anomali o estremi quali ad esempio alluvioni.
In Italia il rischio idrogeologico è diffuso in modo capillare e si presenta in modo differente a seconda dell’assetto geomorfologico del territorio: frane, esondazioni e dissesti morfologici di carattere torrentizio, trasporto di massa lungo le conoidi nelle zone montane e collinari, esondazioni e sprofondamenti nelle zone collinari e di pianura.
Da uno studio del Consiglio nazionale Ordine dei geologi del 2010, in Italia le aree ad elevata criticità idrogeologica rappresentano il 10% della superficie italiana e riguardano l’89% dei comuni.
Tra i fattori naturali che predispongono il nostro territorio a frane e alluvioni, rientra senza dubbio la conformazione geologica e geomorfologica, caratterizzata da un’orografia giovane e da rilievi in via di sollevamento.
Tuttavia il rischio idrogeologico è stato fortemente condizionato dall’azione dell’uomo e dalle continue modifiche del territorio che hanno, da un lato, incrementato la possibilità di accadimento dei fenomeni attraverso cambiamenti climatici e modalità nuove di manifestazione dei fenomeni meteorici e, dall’altro, aumentato la presenza di beni e di persone nelle zone dove tali eventi erano possibili e si sono poi manifestati, a volte con effetti catastrofici.
L’abbandono dei terreni montani, l’abusivismo edilizio, il continuo disboscamento, l’uso di tecniche agricole poco rispettose dell’ambiente, l’apertura di cave di prestito, l’occupazione di zone di pertinenza fluviale, l’estrazione incontrollata di fluidi (acqua e gas) dal sottosuolo, il prelievo abusivo di inerti dagli alvei fluviali, la mancata manutenzione dei versanti e dei corsi d’acqua hanno sicuramente aggravato il dissesto e messo ulteriormente in evidenza la fragilità del territorio italiano.
La risorsa acqua
La risorsa acqua è, poi, un altro tema che assume un ruolo centrale per affrontare tematiche connesse a problematiche di tipo ambientale, oltre che sociali ed economiche.
Quello dell’acqua è un tema complesso, che può essere affrontato secondo diverse dimensioni e prospettive: acqua come risorsa naturale; acqua come bene comune; acqua come fonte di conflitti o risorsa da condividere; acqua e società (povertà, salute, città, donne e bambini); acqua e agricoltura; sprechi e perdite di acqua; acqua e cambiamenti climatici.
L’acqua è tra i principali costituenti degli ecosistemi ed è la risorsa più importante del Pianeta, indispensabile all’uomo e a tutti gli organismi viventi. Le prime forme di vita sono apparse miliardi di anni fa nelle acque oceaniche e per molto tempo l’acqua è rimasta l’unico ambiente in cui poteva manifestarsi la vita.
La Terra è ricoperta per il 70% da acqua, ma solo il 2,5% del totale è acqua dolce in ghiacciai e nevi perenni, mentre il 97,5% è acqua salata.
Nonostante la notevole presenza di acqua sulla Terra (1.400 milioni di km cubici distribuiti tra fiumi, laghi, foci, oceani, mari, falde sotterrane) solo una quota inferiore allo 0,1% è disponibile, come acqua dolce che alimenta i fiumi, i laghi e le falde acquifere sotterranee, per l’uso umano (alimentazione, igiene, agricoltura, industria).
Questa quantità di acqua dolce, inoltre, non è ripartita uniformemente sulla superficie terrestre ma è distribuita in funzione delle caratteristiche climatiche, geologiche e idrogeologica delle diverse regioni della Terra, determinando la presenza di vaste aree caratterizzate da una scarsità cronica di acqua (regioni desertiche) e aree in cui invece l’acqua dolce è sempre abbondante, come le regioni temperate e le foreste pluviali. Molte popolazioni, pur avendo a disposizione acqua a sufficienza, non possono utilizzarla perché risulta inquinata, con il risultato che solo una persona su sei ha accesso ad acqua pulita.
L’acqua presente sul nostro pianeta sia allo stato liquido, solido oppure aeriforme si trova immagazzinata nei serbatoi naturali costituiti da oceani e mari, ghiacciai e ghiaccio marino, falde idriche, laghi, fiumi e atmosfera.
In natura l’acqua compie un ciclo continuo che consiste nello scambio di acqua tra l’atmosfera, il suolo, le acque di superficie, le acque profonde e gli esseri viventi.
La maggior parte dell’acqua presente sul nostro pianeta è salata e amara perché in essa sono disciolti molti sali. Da evidenziare il ruolo determinante del mare rispetto al clima infatti è il più importante termostato del Pianeta, fondamentale per l’equilibrio ecologico del pianeta e per la vita dell’uomo. Il mare attenua gli sbalzi di temperatura diurni/notturni e stagionali, mantenendo così le temperature dell’aria entro valori tollerabili per gli organismi viventi.
Il mare ha tradizionalmente un’importanza strategica per la vita dell’uomo grazie alle grandi quantità di alimenti che se ne ricavano (molluschi, pesci, crostacei, alghe).
Fin dall’antichità la pesca è stata una delle maggiori risorse alimentari per l’umanità, fonte di occupazione e vantaggi economici. Le risorse acquatiche, per quanto rinnovabili, non sono illimitate e hanno bisogno di un’attenta gestione per consentire il contributo al benessere nutrizionale, economico e sociale della crescente popolazione.
Gli scarichi domestici e industriali, le colture agricole, le cave e le discariche sono le principali fonti d’inquinamento. Gli agglomerati urbani utilizzano ingenti quantità di acque che, una volta usate, vengono scaricate, previo trattamento di depurazione, nei fiumi, nei torrenti, nei laghi e nelle acque marino-costiere.
Anche l’industria impiega notevoli quantità d’acqua e può essere causa di inquinamento delle acque fluviali, costiere e di falda, specialmente in relazione allo scarico di sostanze chimiche e di sostanze pericolose non degradabili biologicamente.
L’eccesso di fertilizzanti e pesticidi nelle attività agricole si fa risentire anche sugli acquiferi, che in parecchi casi denotano un’elevata concentrazione di composti azotati e, quindi, non possono essere utilizzati direttamente per scopi potabili.
Un fenomeno molto diffuso nei laghi e nel mare è quello dell’eutrofizzazione, che consiste nel proliferare di alghe favorito dall’accumulo di nutrienti ricchi di fosfati e nitrati.
La crescita demografica globale, la necessità di aumentare la produzione alimentare, lo sviluppo socioeconomico e la diffusione di stili di vita che implicano elevati consumi idrici, esercitano una pressione crescente sulle riserve di acqua. Negli ultimi decenni le variazioni climatiche hanno fortemente modificato l’andamento delle precipitazioni innescando, in alcune situazioni estreme, fenomeni di vera e propria «desertificazione». La scarsità di acqua, per le stesse ragioni, si è aggravata nelle aree tradizionalmente aride ed è causa di conflitti e di tragiche migrazioni di intere popolazioni.
L’inquinamento chimico di mari e oceani è molto preoccupante perché geograficamente più esteso e le sostanze inquinanti possono percorrere tutta la catena alimentare marina, dal fitoplancton allo zooplancton e quindi arrivare all’uomo.
Da evidenziare poi la correlazione della risorsa mare con gli effetti dei cambiamenti climatici di cui risentono gli equilibri di mari e oceani, in particolare, per la riduzione delle aree ghiacciate al Polo nord, per le variazione della salinità e delle correnti e per la riduzione della pescosità. In particolare, le aree costiere subiscono l’invasione delle acque marine, alimentando fenomeni di erosione e salinizzazione delle falde. Il rischio è particolarmente alto nelle aree tropicali e subtropicali.
L’inquinamento da petrolio rappresenta una tra le forme più gravi di contaminazione dell’ambiente marino ed è purtroppo un fenomeno molto frequente. Spesso i riversamenti di greggio avvengono nei pressi delle piattaforme petrolifere e durante le operazioni di lavaggio delle cisterne delle navi, dove le acque contaminate vengono illegalmente scaricate in mare. I danni causati dalle fuoruscite di greggio sono irreversibili infatti i processi di degradazione del petrolio, sono estremamente lenti.
La scarsità d’acqua affligge, in diverse forme, un terzo della popolazione mondiale. Negli ultimi decenni l’acqua è stata oggetto di molte conferenze e dichiarazioni internazionali, che hanno sancito l’importanza di questa risorsa e la necessità della sua tutela, anche se secondo visioni a volte contrapposte, in particolare per quanto riguarda il riconoscimento dell’acqua come bene comune e come diritto umano fondamentale.
L’equilibrio del rapporto tra uomo e la risorsa acqua è influenzato quindi da fattori molteplici e di diversa natura, per controllare i quali è indispensabile l’intervento pubblico di regolazione e di governo della risorsa, che non può essere fondato sulla forma tradizionale che stabilisce regole e sanzioni per le relative infrazioni, ma deve accompagnarsi da adeguate politiche di informazione e di educazione.
Tali politiche devono influire sui comportamenti, promuovendo il coinvolgimento del cittadino nella definizione degli obiettivi e delle regole spingendo a forme di governo partecipativo, in cui il cittadino deve sentirsi soggetto attivo e passivo per il raggiungimento di obiettivi d’interesse comune.
Da questa evoluzione discende la necessità di un profondo cambiamento culturale che deve essere radicato innanzi tutto nella scuola.
La gestione dei rifiuti
Un’ulteriore tematica che va approfondita per un’educazione allo sviluppo sostenibile attiene la gestione dei rifiuti, la gestione delle materie prime e la produzione dell’energia.
Le attività umane producono invece rifiuti a vari livelli, ad esempio ogni bene materiale immesso sul mercato è destinato a diventare prima o poi un rifiuto; ogni processo produttivo genera rifiuti; anche i processi di recupero dei rifiuti generano a loro volta rifiuti «residui». L’ecosistema è incapace di decomporre, mineralizzare e riutilizzare materiali come plastica, vetro e altri elementi presenti nei rifiuti e l’ambiente, avendo una limitata capacità di carico non è in grado di far fronte ai quantitativi, sempre crescenti e diversificati, dei materiali di scarto.
Inizialmente la problematica del «rifiuto» era connessa esclusivamente alla necessità di disfarsene, attraverso lo smaltimento, con trasferimento in discarica o distruzione. In questo modo però i rifiuti non solo non vengono eliminati ma si innescano altri processi inquinanti.
Era indispensabile, quindi il passaggio dal concetto di «rifiuti come problema» a quello di «rifiuti come risorsa» introducendo principi innovativi che incentivassero il risparmio, il riutilizzo e il riciclo e soprattutto inducessero profondi cambiamenti nei comportamenti sociali.
La principale novità culturale negli anni è consistita nel passaggio dal concetto di smaltimento a quello di gestione integrata dell’intero ciclo di vita del rifiuto, ossia del complesso di operazioni che comprende «produzione, raccolta, trasporto, recupero e smaltimento».
L’industria legata ai rifiuti è stata tra le più floride negli ultimi decenni e, indubbiamente, tra quelle con il fatturato più rilevante nel campo dell’industria ambientale. Sebbene possa sembrare una contraddizione, i rifiuti rappresentano attualmente una delle maggiori opportunità di crescita sostenibile per il sistema Europa e per il nostro Paese, carente di risorse primarie, in particolare. I rifiuti costituiscono infatti una enorme riserva di risorse che, se opportunamente gestita e valorizzata, può garantire un approvvigionamento sostenibile e continuo negli anni di materiali ed energia.
Ma il problema che permane è ancora la localizzazione definitiva dei rifiuti destinati a smaltimento: fino a pochi anni fa l’unico sistema per smaltire i rifiuti era il deposito in discariche controllate, un’area di terreno attrezzata dove i rifiuti producono biogas ed energia termica.
Una alternativa, che deve ritenersi però ultima soluzione, è l’incenerimento, per smaltire la frazione secca dei rifiuti, non altrimenti riutilizzabile ed il cui calore prodotto durante la combustione viene recuperato per ottenere vapore ed energia elettrica. Il problema è costituito dagli inquinanti che produce, che vanno contenuti e monitorati costantemente.
Non sempre però il controllo degli impianti di smaltimento è serrato ed in questo contesto proliferano le ecomafie.
Francesco Sannicandro, già Dirigente Regione Puglia e Consulente Autorità di Bacino della Puglia