…e continua a mancare una disciplina organica
È problematico continuare ad utilizzare in modo improprio lo strumento «straordinario e temporaneo» del Piano casa derogando agli strumenti urbanistici vigenti e non consentendo, di fatto, la predisposizione di nuovi strumenti urbanistici adeguati ai tempi ed alle esigenze
Sembra sia stato tirato un primo freno di emergenza all’applicazione del Piano casa in Puglia. È infatti passata sotto silenzio una norma di modifica alla legge regionale n. 14 del 2009 (che disciplina il Piano casa, appunto) inserita in una legge sulle regole per il riconoscimento di alcune strutture ricettive approvata dal Consiglio regionale il 27 luglio scorso. La disposizione che modifica la legge pugliese sul Piano casa è contenuta nell’articolo 18 ed è del tutto eterogenea rispetto all’oggetto del provvedimento licenziato dall’Assemblea regionale.
È stata introdotta con un emendamento aggiuntivo presentato in aula dal capogruppo di Forza Italia, Stefano Lacatena, ed approvato senza neanche una relazione di accompagnamento ed una valutazione tecnico formale degli uffici del Consiglio.
La sua portata non è di poco conto. Prevede, infatti, che gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici che abbiano una destinazione diversa da quella residenziale ma che vogliano divenire tali, debbano reperire le aree per soddisfare i relativi standard urbanistici richiesti all’interno del lotto di intervento e senza possibilità di loro monetizzazione. Una bella scoppola per molti possessori di vecchi edifici e capannoni industriali in aree urbane che avevano fatto affidamento sulla norma in precedenza vigente ed hanno depositato i propri progetti presso gli uffici comunali. Questi ultimi, ora, in assenza di una norma ponte o transitoria che colleghi la precedente disciplina alla nuova, sono costretti a rigettare le istanze.
Della modifica alla legge sul Piano casa viene data, da taluni ambienti tecnici, una lettura che ritiene la norma approvata il 27 luglio una sorta di moneta di scambio con la Presidenza del Consiglio dei Ministri e con il ministero della Cultura che, in presenza di questa disposizione di «garanzia», non impugnerebbero la proroga secca della validità della legge pugliese sul Piano casa per il 2022 già proposta in Consiglio regionale dai consiglieri PD Fabiano Amati e Filippo Caracciolo. Sta di fatto che la norma formulata da Lacatena ed approvata nella seduta del 27 luglio, promulgata e pubblicata il 6 agosto scorso in pieno periodo vacanziero, pone ulteriori problemi applicativi rispetto a quelli già evidenziati in passato.
Pone anche domande sulle modalità con cui norme di questa rilevanza, anche economica, vengono proposte, non discusse ed approvate peraltro in testi di legge del tutto estranei alla materia. Ma pone anche domande sul perché il governo regionale pugliese non intervenga sulla delicata questione del Piano casa con una disciplina organica, chiara e risolutiva dei molteplici nodi ormai difficilmente districabili sia pure con l’impegno del governo Draghi a non infierire sulla Puglia.
Un impegno che potrebbe non essere mantenuto a lungo se si continuerà ad utilizzare in modo improprio lo strumento «straordinario e temporaneo» del Piano casa derogando agli strumenti urbanistici vigenti e non consentendo, di fatto, la predisposizione di nuovi strumenti urbanistici adeguati ai tempi ed alle esigenze.
In questi strumenti potrebbero esserci le risposte alle necessità di riqualificazione urbana, ad esempio, di contesti un tempo produttivi ed ora inclusi nei centri abitati. Ma per mettere a punto una norma di sistema necessitano i dati di conoscenza del fenomeno. Da informazioni raccolte si sa che alla richiesta formulata recentemente dalla Regione ai 257 Comuni di render conto dell’applicazione del Piano casa, così come previsto dalla stessa legge regionale, hanno risposto esaustivamente solo una decina di enti locali. Un’altra ottantina hanno dichiarato di non applicare il Piano casa. Degli altri non si sa nulla. Ed intanto la pianificazione urbanistica di nuova generazione langue anche perché il Piano casa rende bene ai Comuni dal punto di vista economico. Il solo capoluogo di regione, Bari, ha introitato oltre 70 milioni di euro dagli oneri versati ai progetti presentati con il Piano casa. Come siano stati utilizzati, però, non è chiaro.
Fabio Modesti