Mobilitazione contro «global warming» e fossili

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sole clima caldo
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È inaccettabile che l’Eni mantenga il vergognoso obiettivo 2030 del 25% di riduzione delle emissioni climalteranti, in fragoroso contrasto con il 55% richiesto a dicembre 2020 dal Consiglio d’Europa, dopo che Parlamento Ue e Commissione Ue lo avevano già adottato nel corso del 2020

L’ultimo venerdì di ottobre, il 29, la mobilitazione contro il «global warming» e per tre obiettivi concreti partirà dagli Atenei per coinvolgere tutti i cittadini, in occasione dell’apertura, il successivo 1° novembre, di Cop 26. Per questo 26 personalità fra ricercatori, professionisti, divulgatori (Massimo Scalia, Mario Agostinelli, Aurelio Angelini, Vincenzo Balzani, Vittorio Bardi, Federico Butera, Roberta Cafarotti, Alessandra Corradi, Alfiero Grandi, Serenella Iovino, Gianni Mattioli, Marco Morosini, Dario Padovan, Anna Re, Debora Rizzuto, Erica Rodari, Gianluca Senatore, Mario Salomone, Gianni Silvestrini, Roberta Turi, Mauro Spagnolo, Marco Giusti, Fabio Roggiolani, Ugo Bardi, Martina De Castro, Umberto Zona), hanno diffuso il comunicato che diffondiamo.

In queste ultime settimane, mentre l’accelerazione, e l’aggravarsi, della crisi climatica si manteneva purtroppo ancora lontana dal diventare priorità del discorso pubblico, è piombato come una mazzata il VI rapporto dell’Ipcc (del Working Group I) ad ammonire ancora una volta che: «non c’è più tempo».

L’urgenza e il ripetersi degli appelli dell’Ipcc negli ultimi anni fa scolorire quelle previsioni che, ancora dieci anni fa, dipanavano con gradualità il dramma climatico nel corso di tutto il nostro secolo, incoraggiando così l’idea che ci fosse ancora tempo. L’urgenza ha invece trovato nel 2030 l’anno di riferimento, quel «tipping point» dal quale non si torna più indietro, anticipato di vent’anni, rispetto al precedente 2050, già nel V rapporto dell’Ipcc (2014). Un riferimento di successo, visto che il 2030 è diventato un po’ in tutto il mondo, sicuramente in Europa, la data con la quale devono misurarsi politiche economiche, industriali e ambientali per conseguire i loro obiettivi energia/clima.

Di più, Next Generation Eu raccomanda che venga realizzato entro il 2025 almeno il 40% degli obiettivi energia/clima fissati per il 2030. La significativa consapevolezza politica Ue dell’accelerazione dei drammatici effetti del «global warming» («non c’è più tempo») ci deve stimolare a proporre proprio il 2025 come anno sul quale misurare l’efficacia dei programmi e degli sforzi per realizzarli.

Assumere solo il 2030 sarebbe indulgere a ritardi, anche burocratici, in dissonante contrasto con l’angoscia dell’urgenza.

Un’urgenza ignorata

In contrasto con questa urgenza si stanno muovendo da un lato le lentezze attuative, dall’altro, nel nostro Paese, l’opposizione di uno dei due grandi enti energetici nazionali, l’Eni, che dovrebbe assumere un ruolo propulsivo. Al contrario, si prodiga per mantenere l’Italia nell’era dei fossili, come testimonia, tra l’altro, la sua insistenza sul progetto «Carbon Capture and Storage» (Ccs) per il quale ha avanzato la richiesta di utilizzo di una licenza nel mare al largo di Ravenna. Contro il Ccs si è espressa la Regione Emilia-Romagna e, sul piano tecnico-industriale, Henrik Andersen, responsabile delle politiche low carbon per Equinor, una grande azienda petrolifera che però opera su tutti fronti dell’energia.

Una diffida legale

Alcuni di noi hanno denunciato, anche tramite una diffida legale al suo gruppo dirigente affinché cambi rotta, il comportamento dell’Eni e le sue conseguenze, segnalandolo, atteso il carattere pubblico dell’Ente, all’attenzione del Premier e dei Ministri competenti: danneggiare la salute dei cittadini con le emissioni inquinanti, continuare ad alimentare il «global warming» e, pertanto, compromettere gli obiettivi energia/clima del Piano Nazionale di Resilienza e Recupero (Pnrr) nonché lo stesso futuro dell’Ente.

È infatti inaccettabile che l’Eni mantenga il vergognoso obiettivo 2030 del 25% di riduzione delle emissioni climalteranti, in fragoroso contrasto con il 55% richiesto a dicembre 2020 dal Consiglio d’Europa, dopo che Parlamento Ue e Commissione Ue lo avevano già adottato nel corso del 2020. E a luglio scorso la Commissione Ue ha approvato un importante pacchetto di misure volte ad attuare l’obiettivo: «Fit 55» che, visto da alcuni come una rivoluzione energetica, trova già corposi interessi a contrastarlo.

Il 26 maggio scorso un tribunale olandese ha intimato alla Shell di portare al 45% entro il 2030 la riduzione delle sue emissioni. Se l’Eni non è in grado di conseguire da sola un obiettivo di riduzione decente, si attivi l’intesa Enel/Eni per la decarbonizzazione dei siti Eni «hard to abate».

L’altro grande ente energetico, Enel, si è infatti allineato a Next Generation Eu e sta rinunciando a nuovi investimenti sul gas, grazie anche a una lotta popolare che a Civitavecchia ha coinvolto insieme ai cittadini le amministrazioni territoriali e i sindacati

Una durezza senza se e senza ma va praticata nei confronti dell’Eni e della sua insistenza a mantenere come core business solo gli idrocarburi, ampiamente giustificata dai grandi cambiamenti che stanno avvenendo proprio in quel settore e che vale la pena elencare:

  1. Nel corso del 2020 le maggiori compagnie Oil&Gas hanno distolto ben 87 miliardi di dollari da quel mercato;
  2. La Iea, l’agenzia dell’energia dei Paesi Ocse (che raccoglie tutti i Paesi del mondo «avanzato» e che non è sospettabile di simpatie per le fonti energetiche rinnovabili, anzi) nel suo rapporto «Net Zero by 2050» ha detto con grande chiarezza: «there are no new oil and gas fields approved for development in our pathway» (non c’è nessun nuovo campo di petrolio o di gas approvato per lo sfruttamento nel nostro percorso);
  3. Le principali compagnie europee Oil&Gas si sono dati importanti obiettivi sulle rinnovabili al 2030: 100 GW per Total, 50 GW per BP. Il target dell’Eni è invece di soli 15 GW. E non vale certo la piccola operazione di mercato con cui ha comprato a luglio, tramite Glenmont partners e Pggm Infrastructure un po’ di eolico nel nostro Sud.

Con la ripresa delle attività in presenza dobbiamo stimolare e contribuire all’organizzazione di una nuova stagione di mobilitazione che a fianco dei grandi temi della lotta allo sconvolgimento climatico, che hanno trovato maggior eco grazie ai Fridays For Future, e alle sue sempre più drammatiche conseguenze ponga alcuni obiettivi concreti di breve-medio termine:

  • La «linea del Piave» climatica sia il 2025, anno sul quale traguardare obiettivi e piani di governo impegnandoci ogni giorno per la loro realizzazione;
  • Attuare la raccomandazione Ue del «40%», almeno 28 GW di solare ed eolico entro quella data;
  • Il gruppo dirigente Eni cambi immediatamente rotta, il 25% di riduzione sia realizzato entro il 2025.

R. V. G.