Lo Sviluppo sostenibile poggia su istruzione e formazione

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Uno degli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile è quello di garantire un’educazione «di qualità, equa e inclusiva». Tale impegno è dettagliato, dalla stessa Agenda 2030, in traguardi più specifici

Occorre garantire che tutti i bambini, i giovani e gli adulti, in particolar modo i più emarginati e vulnerabili, possano accedere a un’istruzione e a una formazione adeguate alle loro esigenze e al contesto in cui vivono. Questo perché l’istruzione contribuisce a creare un mondo più sicuro, sostenibile e interdipendente.
Ed, infatti, uno degli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile è quello di garantire un’educazione «di qualità, equa e inclusiva». Tale impegno è dettagliato, dalla stessa Agenda 2030, in traguardi più specifici:

  • garantire libertà, equità e qualità nel completamento dell’educazione primaria e secondaria, che porti a risultati di apprendimento adeguati e concreti;
  • garantire uno sviluppo infantile di qualità, ed un accesso a cure ed istruzione pre-scolastiche;
  • garantire un accesso equo ad un’istruzione tecnica, professionale e terziaria (anche universitaria) che sia economicamente vantaggiosa e di qualità;
  • aumentare il numero di giovani e adulti con competenze specifiche per l’occupazione, posti di lavoro dignitosi e per l’imprenditoria;
  • eliminare le disparità di genere e garantire un accesso equo a tutti i livelli di istruzione e formazione professionale delle categorie protette;
  • garantire che tutti i giovani e gran parte degli adulti abbiano un livello di alfabetizzazione ed una capacità di calcolo;
  • garantire che tutti i discenti acquisiscano la conoscenza e le competenze necessarie a promuovere lo sviluppo sostenibile, anche tramite un’educazione volta ad uno sviluppo e uno stile di vita sostenibile, ai diritti umani, alla parità di genere, alla promozione di una cultura pacifica e non violenta, alla cittadinanza globale e alla valorizzazione delle diversità culturali e del contributo della cultura allo sviluppo sostenibile;
  • costruire e potenziare le strutture dell’istruzione;
  • espandere considerevolmente il numero di borse di studio disponibili per i paesi in via di sviluppo.

Il diritto all’educazione è indispensabile per lo sviluppo umano nella sua totalità e all’interno della società perché l’educazione trasforma la vita e fornisce un futuro pacifico e produttivo.

Se oggi i bambini e le bambine possono andare a scuola in Italia o in Europa, questo non succede in tutti i paesi del mondo. Per lo sviluppo di un paese, l’istruzione è molto importante. Dove l’istruzione e la formazione sono deboli, si incontrano spesso grandi difficoltà nello sviluppo.
L’accesso alla scuola deve essere naturale e non un lusso. Ogni bambino ha diritto all’istruzione, cioè all’istruzione per tutti senza discriminazioni di genere.

Sono tre in particolare i termini considerati i pilastri per la crescita dell’umanità: istruzione, formazione ed educazione.

Non solo in Italia, dove queste parole sono entrate a far parte della nostra Costituzione e di altre leggi, ma anche a livello dell’Unione europea e delle Organizzazione internazionali alle quali il nostro Paese ha aderito.
Vediamo nel dettaglio come è possibile definire ciascuno di questi vocaboli, senza dimenticare le sovrapposizioni e le relazioni che esistono tra l’uno e l’altro.

Istruzione

L’istruzione è un processo di trasmissione e acquisizione di informazioni come conoscenze, abilità e saperi disciplinari.
L’articolo 34 della Costituzione ha affermato il principio democratico dell’istruzione obbligatoria e gratuita, aperta a tutti. Quindi l’istruzione è stata istituzionalizzata e affidata alla Scuola cui spetta il compito di trasmettere, moltiplicare e sistematizzare le conoscenze.
Pur distinguendosi sia dalla formazione sia dall’educazione, l’istruzione ne costituisce parzialmente la base, in quanto si occupa della trasmissione degli aspetti più nozionistici e misurabili dell’apprendimento, senza i quali la formazione e l’educazione dell’individuo sarebbero limitati.

Formazione

La «formazione», nel contesto delle società contemporanee ha il significato di attività specificamente orientata verso una professione. Gli interventi formativi devono sempre di più rispondere a rinnovate esigenze produttive, sociali e tecnologiche.
Più precisamente, possiamo definire la «formazione professionale» come il processo per consolidare, aggiornare o migliorare le proprie capacità attraverso l’acquisizione e/o l’aggiornamento di conoscenze, tecniche, abilità e competenze per un esercizio più produttivo e responsabile di una data attività professionale.
La formazione professionale si realizza in modalità diverse a seconda dell’età dei destinatari e ha assunto un carattere sempre più permanente nelle nostre società.

Educazione

L’educazione è finalizzata allo sviluppo della personalità umana nella sua totalità e al rafforzamento del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali.
Educare, a prescindere dal tipo di scuola (liceo, istituto professionale, tecnico etc.) persegue lo scopo di «formare» l’uomo nei suoi comportamenti: significa far comprendere la differenza tra corteggiare una ragazza e stuprarla, tra insultare un professore e pigliarlo a calci. Le competenze, acquisite con l’istruzione, sono secondarie e conseguenti.

I docenti

A questo punto occorre evidenziare l’importanza di avere docenti che sappiano trasmettere la passione per la materia che insegnano, ricordando, come ha affermato il celebre filosofo Umberto Galimberti che «il bravo insegnante è quello che apre il cuore e cattura l’emotività dello studente». Il celebre filosofo sostiene, altresì, che «la scuola è il luogo dove riattivare il pensiero» ed è importantissimo farlo anche attraverso un grandissimo e importante strumento: il dialogo, la comunicazione, il parlare in classe. Tutto ciò è possibile solo distaccandosi da pc e software, al fine di ritrovare l’autenticità della comunicazione.
Ciò significa che la scuola dev’essere un luogo di socializzazione dove i ragazzi si possano frequentare, trovandosi a studiare, suonare la chitarra, fare teatro, discutere di informatica.
Tuttavia, negli ultimi anni, nella didattica si è promosso l’uso degli strumenti informatici e multimediali. Un utilizzo che con la didattica a distanza si è ulteriormente diffuso e che ha trovato «terreno fertile» anche grazie al fatto che i ragazzi nati negli ultimi venti anni, definiti nativi digitali, sono immersi nella tecnologia già dalla nascita. Ciò a tal punto che gli studenti conoscono i dispositivi tecnologici e i loro utilizzi in modo maggiore rispetto a chi dovrebbe insegnare loro il loro uso.
Non è però tutto oro ciò che luccica: con il diffondersi della tecnologia la velocità con cui si accede alle informazioni, la sempre più scarsa voglia di leggere, la necessità sempre minore di consultare dizionari o manuali, stanno portando a un impoverimento del lessico. Ciò comporta che il pensiero non si può sviluppare senza la conoscenza delle parole e, pertanto, poiché «non si può pensare al di là delle parole che conosciamo», c’è il rischio preponderante, sempre secondo il filosofo, che anche la capacità di pensiero e riflessione stiano finendo per ridursi.
Allo stesso tempo, la velocità e l’immediatezza con cui si consultano siti e pagine web, non danno l’opportunità di fermarsi a riflettere e analizzare le informazioni acquisite, spesso approssimative e frammentate, con il rischio di portare a una diminuzione delle occasioni in cui si sviluppa il pensiero critico.
Il pensiero critico permette ad una persona di riflettere e prendere decisioni senza affidarsi a giudizi impulsivi, analizzando dati e informazioni, valutando gli stessi e traendo conclusioni oggettive.
La sua importanza si basa, prima di tutto, sulla capacità di valutare sé stessi, al fine di poter individuare i propri punti deboli ed i propri punti di forza.
In questo modo è possibile comprendere quali siano le attitudini personali. Poi, in ambito lavorativo, aiuta a comprendere quale sia il percorso migliore da intraprendere e quali siano le competenze da mettere in risalto nel curriculum o nel corso di un colloquio.
In conclusione ciò significa saper essere motori della nostra vita e dei cambiamenti che vorremmo vedere nel mondo. L’alternativa? Vivere come attori esclusivamente reattivi, ossia limitarci ad adeguare i nostri comportamenti a ciò che accade, sempre «in risposta» e mai «in proposta».

 

Francesco Sannicandro, già Dirigente Regione Puglia e Consulente Autorità di Bacino della Puglia