La società civile chiede conto al sindaco
Comitati e associazioni cittadine unite nel coordinamento di «Fratelli tutti». I mali datati della città si aggravano pericolosamente. Bari ha visto crescere di tre gradi la temperatura urbana negli ultimi 50 anni. La Puglia con 3.598 reati ambientali è tra le prime regioni in Italia. Negli ultimi 12 mesi, tra il 2020 e 2021, a Bari sono stati cementificati 33 ettari. Sproporzione fra case e necessità dei cittadini
Insieme, perché solo così si è più forti contro il cemento che copre il verde a Bari, in una strategia di unità, anche per far arrivare la voce fino al sindaco Antonio Decaro, che in questi anni sta ignorando le istanze dei singoli comitati ed associazioni di cittadini. Ed erano praticamente tutti l’altra sera al cinema Esedra per tracciare il punto di quale ambiente si vive oggi a Bari e rendere più strutturati nuovi progetti di rigenerazione urbana.
Dalla Libera Università di cittadinanza attiva, ai comitati no inceneritore al quartiere San Paolo, Fronte del porto per la difesa dell’ansa di Marisabella, cittadini di Japigia per il contrasto ai roghi di rifiuti, Parco Rossani, difesa di via Amendola, il gruppo Democrazia partecipata, l’associazione Libera contro le mafie, Green Accord, i giovani di Friday for future, tutti hanno accolto la chiamata del gruppo «Fratelli tutti» della parrocchia di San Giuseppe per riunirsi in una sorta di coordinamento attivo, come ha spiegato Alfredo Lobello: «Questa iniziativa punta a promuovere un ciclo di incontri che possano tracciare nuove strategie nel rispetto di uno sviluppo umano equilibrato tra ambiente economia e l’uomo. Una traccia è l’enciclica “Laudato sì” di Papa Francesco, sulla quale cercheremo di raccogliere storie e proposte nell’ambito di un orizzonte comune. Vogliamo insieme cercare una cura alle tante ferite della città, Bari è una delle città italiane che ha visto crescere di tre gradi la temperatura urbana negli ultimi 50 anni. Questo è molto preoccupante, specie perché non si riesce più a confrontarsi con una politica amministrativa verticistica e che fa solo finta di ascoltare le istanze che vengono dai cittadini».
«Questo incontro è la prova tangibile che è cambiato il clima civico in città — ha sottolineato il moderatore della riunione, Onofrio Pagone, giornalista della “Gazzetta del Mezzogiorno” —. Bari è una città in cammino».
Tante denunce
E di denunce ne sono state presentate tante: contro la speculazione edilizia che continua imperterrita a cementificare, alle mafie lasciate indisturbate a trafficare con i rifiuti, alla totale assenza di parchi cittadini. Il quadro che è emerso è di una città che incurante di tutto, viene mossa verso l’autodistruzione, con le periferie in stato di abbandono: da Japigia che nonostante denunce, appelli e manifestazioni continua soffocare nei roghi criminali, a Loseto dove la metropolitana di superficie promessa nel 2018 ancora non esiste.
Emblematica la scelta dell’inceneritore al quartiere San Paolo in grado di bruciare 100mila tonnellate di rifiuti mentre al momento se ne producono 70mila.
«Uno sfregio a quell’economia circolare di cui tanto si parla», come sottolinea Corsina Depalo. O della colmata di cemento che già in parte soffoca l’ansa di Marisabella trasformata in un enorme parcheggio di tir in transito nell’area portuale. Una piastra di cemento che si vuole rendere ancora più grande coprendo altri 300mila metri quadri (quanto 42 campi di calcio) e interrompendo lo sbocco al mare delle lame sotterranee che attraversano la città. «Una scelta scellerata che alzerebbe ancora di più la temperatura, oltre ad esporre Bari ad allagamenti e alluvioni», come spiega Silvana Grilli.
E la smania di costruire anche contro il più banale buon senso, fa da contraltare alle spavalderie delle mafie che soffocano con roghi illegali le periferie, bruciando rifiuti di ogni genere. «Per anni a Japigia abbiamo visto e respirato i fumi, senza riuscire a capire dove fossero i fuochi — ha sottolineato Matteo Magnisi —. Abbiamo dovuto far noi il lavoro investigativo, per renderci conto che si tratta di incendi appiccati su terreni privati riconducibili ai clan, dove rifiuti di ogni genere vengono sversati e dati alle fiamme. Una pratica che nonostante le nostre denunce ora si è allargata anche ad altre periferie, da Ceglie e Carbonara».
«La giustizia ambientale e sociale dovrebbero andare di pari passo — mette in evidenza Don Angelo Cassano, presidente regionale di Libera —, ma così non è. La Puglia con 3.598 reati ambientali è tra le prime regioni in Italia, ma il fenomeno non solo non viene arginato, ma si aggrava».
Il silenzio delle Istituzioni
Quello che pesa è il totale silenzio delle Istituzioni, per problemi che si trascinano da decenni. Come l’assenza del verde urbano, che per Bari è una questione antica e che solo a parole la politica locale cerca di combattere.
«Negli ultimi 12 mesi, tra il 2020 e 2021, a Bari sono stati cementificati 33 ettari. Quanto tutta la città vecchia — urla quasi Giuseppe Milano di Green Accord —. Bari è l’ottava città più cementificata d’Italia, si costruiscono palazzi su palazzi e per chi? Bisogna chiedersi con i soldi di chi si costruisce in questa maniera e quali alleanze ha stretto una certa borghesia mafiosa che realizza la sua ricchezza sul mattone». Domande legittime se si analizzano i flussi residenziali: secondo dati Istat nel 2001 la popolazione barese contava 316.278 residenti, nel 2019 se ne contano 315.284. Mille persone in meno, a fronte delle quali si sono costruiti decine e decine di palazzi. La domanda, per chi? Appare quanto mai legittima.
E una città che costruisce tanto e che già soffre per il pochissimo verde urbano, non fa che aggravare la sua situazione. Il parco della Fibronit giace come carta e terra morta, gli alberi in città vengono sradicati per allargare le strade e al loro posto (se si è fortunati) spuntano aiuole e piantine che ben poco possono fare nel mitigare lo smog, le polveri sottili, o le alte temperature. Lo spazio dell’ex caserma Rossani era un bosco urbano nei sogni e nelle proposte del suo Comitato, ma il risultato finale è poco più di un giardino soffocato tra un progetto di parcheggio e cemento, senza alberi ad alto fusto e comunque uno spazio ancora chiuso. «La nostra proposta, che pure abbiamo spiegato nei piccoli dettagli al Comune e ai suoi progettisti, prevedeva un bosco che potesse migliorare il livello di permeabilità di una città dove bastano due gocce e si allaga — spiega Angelo D’Aragona —. Ci ritroviamo con tutt’altro: niente spazi di inclusione sociale, niente verde. E poi smettiamola di chiamare questi spazi parchi, non lo sono. Un parco deve essere grande almeno 10 ettari e in una città ha una funzione ambientale e mitigatoria ben precisa, questi invece sono solo giardinetti».
«La verità è che questa città soffre degli stessi problemi da oltre 40 anni senza che nessuno li risolva — sottolinea l’avvocato Luigi Campanale —. Resta solo da capire: ora, dopo il crac della Banca Popolare di Bari, chi sta mettendo i soldi per asfaltare la città?».
E che nessuno sembra fermare le strategie verdefobiche di Bari lo dimostrano le scelte per via Amendola alle quali il Comitato si sta opponendo con tutte le sue forze. «Stiamo parlando dell’asse viario più trafficato di Bari, la sesta via più trafficata d’Italia e cosa si fa invece di cercare di mitigare lo smog? Si progettano mega parcheggi di scambio a ridosso, aumentando così il numero di auto in transito, abbattendo alberi e antiche masserie». Alessandro Jannone ed Enzo Del Vecchio sono da anni sul piede di guerra: «Si portano avanti scelte incomprensibili. Poco distante c’è un parcheggio con stazione già pronta alle spalle di Ikea. Quell’area sì che se ben sfruttata potrebbe decongestionare il traffico, non un nuovo parcheggio alle spalle dell’Executive e a ridosso delle case».
E si progetta ancora…
E sempre sulle scelte poco green non si sono risparmiati strali contro il progetto di Fuksas che dovrebbe trasformare la stazione centrale e oltre 2 chilometri in un parco urbano pensile: dal ponte di corso Cavour al ponte Adriatico. «Ma ci rendiamo conto di cosa si sta finanziando? Lo si millanta come 70 ettari di verde, ma un giardino sospeso del genere, senza la possibilità di alberi ad alto fusto, creerà solo problemi. Su Corso Italia, con le pendenze che ci sono, alle prime piogge intense ci troveremo a spalare fango».
Le conclusioni alle tante istanze presentate sono state raccolte dalla professoressa Angela Barbanente: «È bello registrare tanta vitalità e tenacia di comitati che combattono da decenni senza mollare. È chiaro che in questi anni si è scavato un grosso divario tra consapevolezza dei cittadini e attività amministrativa sempre più sorda. Questo coordinamento ha la possibilità di farsi sentire. Sono tante le scelleratezze alle quali si deve mettere mano, primo fra tutti quel Piano casa che va proprio in direzione contraria alla richiesta di più verde in città. Oggi qui si inizia un nuovo processo di rigenerazione ed è importante che questo cammino inizi proprio da qui, da una parrocchia».
E il 4 novembre è già in calendario un nuovo incontro per pianificare strategie. Le istanze più sane di Bari sono in movimento e dicono basta a scelte scellerate.
Rita Schena
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