A noi di questa generazione tocca portare il fardello di aiutare la prossima generazione a costruire il suo modello di sviluppo, noi dobbiamo portarne il peso, ed è giusto così perché è colpa nostra se non siamo stati capaci di intercettare e bloccare il sorgere di un egoismo nefasto, fatto di scorciatoie e compromessi e che non ha creduto fino in fondo, perché non li ha difesi, ai semi gettati negli anni 60-70
Come c’è stato l’Illuminismo, il Romanticismo, il Futurismo ora c’è l’Egocentrismo. Come altro definire un’epoca che ha prodotto e continua a generare guerre, violenze, odio, fame, insensibilità verso i più bisognosi, che è sorda al grido di dolore dei paesi che pagano in prima persona i cambiamenti climatici generati dal modello economico dei paesi più ricchi?
Andando ancora più in profondità, sui meccanismi che creano una società come la nostra e ne condizionano il modello di sviluppo e il sistema politico, si arriva all’impalcatura economica globale, che si regge con la spinta delle varie economie locali. I sistemi politici sono solo delle varianti ma che non condizionano nulla. Basta guardare il «prodotto» delle attività: inquinamento e perdita di biodiversità. Sia ad Est sia ad Ovest sia nei sistemi liberali sia in quelli totalitari di destra e sinistra.
La scienza fa quello che può, anche se probabilmente potrebbe fare molto di più. Si gioca con i numeri, si danno allarmi, si lanciano slogan e parole. Anche perché se qualcuno parla fuori dal coro si erge un muro e sono etichettati come non attendibili. La democrazia è una parola che si va rapidamente svuotando, prigioniera del potere economico, anche in ambito scientifico.
Ormai caro Lettore, siamo bombardati dalle cifre sull’estinzione, sulle tonnellate di CO2 immesse in atmosfera, sulle malattie respiratorie e i morti conseguenti, sui rifugiati ambientali che non trovano rifugio e muoiono, muoiono, muoiono… ma probabilmente più di tutto vale l’esperienza diretta: il calore che siamo costretti ormai a subire, la siccità, i tornado, le trombe d’aria e le piogge che trasformano le nostre strade in fiumi e riempiono di fango le città, i disagi per le frane che interrompono i collegamenti, al di là dei modelli matematici e le previsioni, siamo ormai in balia degli eventi tanto che quel famoso punto di non ritorno sembra purtroppo qualcosa di più che un avvenimento futuro e sempre di più pare che lo stiamo attraversando.
Non fa eccezione la Cop26, ultimo atto di una farsa globale che dopo una partenza a Rio nel 1992, ha perso via via forza e serietà.
Il summit che si è appena concluso è ormai un monumento all’egoismo, la vittoria di un sistema economico che serve solo a se stesso a spese della vita sia individuale sia del pianeta. Un film che si ripete tristemente dall’apparire dell’uomo sul pianeta i cui «monumenti» possono essere i deserti, la scomparsa di civiltà che amiamo definire misteriose, come quella dell’isola di Pasqua: un percorso verso l’estinzione meravigliosamente spiegato da Jared Diamond.
È evidente che stiamo vivendo l’inizio di una nuova era dove non c’è posto per la politica becera e vuota né c’è spazio per l’economia che ci sta portando alla catastrofe. I segnali sono tanti, sono polverizzati e individuali… è l’altra faccia di un egocentrismo positivo…
Positivo perché questo pesca a piene mani nelle conoscenze e nella cultura non cattedratica, quella fatta da leggi e dogmi, ma traduce le azioni da fare nel concreto, dando le soluzioni vitali, alle esigenze quotidiane dell’uomo. È il primo gradino per costruire un nuovo modello di cui nessuno sa indicare lo sviluppo e l’estensione, e, in un certo senso, i no-a-tutto incarnano questo bisogno. Ma è necessario che ci si confronti affinché i germi di un egoismo negativo non vengano portati ancora avanti e vengano, invece, distrutti: è questa la vera pandemia che ci portiamo dietro.
È meravigliosa la varietà di azioni che l’uomo sta mettendo in campo, dalla produzione di energia alle alternative alla mobilità, dall’auto produzione di ortaggi e frutta ad un ritrovato rapporto uomo-animali basato sull’empatia e sulla conoscenza. Iniziative che in tutti i campi affrontano le difficoltà e aiutano altre comunità con una solidarietà prima soltanto locale ma che ora sta dimostrando un respiro globale.
A noi di questa generazione tocca portare il fardello di aiutare la prossima a costruire il suo modello di sviluppo, noi dobbiamo portarne il peso, ed è giusto così perché è colpa nostra se non siamo stati capaci di intercettare e bloccare il sorgere di un egoismo nefasto, fatto di scorciatoie e compromessi e che non ha creduto fino in fondo, perché non li ha difesi, ai semi gettati negli anni 60-70.
Gli allarmi contro l’edonismo e l’apparire, piano piano sono scivolati dalle piazze ai salotti e sono stati inglobati in quel tritacarne che è stato lo sviluppo della globalità. L’uomo sopravviverà certamente ma la sua identità, le sue città e il suo ambiente sono ancora da costruire.
Ignazio Lippolis