L’attualità dell’enciclica «Laudato si’». Il pontefice invita i grandi della Terra a cambiare registro, a fare passi in avanti considerevoli: denuncia «la debolezza della reazione politica internazionale» e «molto facilmente l’interesse economico arriva a prevalere sul bene comune e a manipolare l’informazione per non vedere colpiti i suoi progetti»
Con l’enciclica «Laudato si’», Papa Francesco proponeva di «entrare in dialogo con tutti riguardo alla nostra casa comune» nella ricerca di uno sviluppo sostenibile integrale.
Il tema è ancora particolarmente attuale di fronte a una pandemia che ci ha colto impreparati, nonostante il moltiplicarsi di studi che da anni evidenziano le connessioni tra l’azione antropica distruttiva sull’ambiente e il rischio di diffusione di nuovi virus, che non possiamo più trascurare.
Mi sembra, ancora una volta, fondamentale ed opportuno rileggere la «Laudato si’» per coglierne di nuovo il messaggio profondo che la rende più che mai attuale.
A molti è parso in questi anni che la «Laudato si’» abbia costituito e continui ad essere il documento più avanzato su cui costruire un programma politico e sociale per la salvaguardia della vita umana e del nostro pianeta.
Ma questa proposta è rimasta purtroppo priva di concretizzazione da parte della comunità internazionale. La sua portata innovatrice nella complessità della questione ecologica è ancora oggi in grado di indicarci con precisione la strada: di fronte alla sfida della cura del pianeta e della salute delle persone, il paradigma economico e tecnologico su cui abbiamo impostato il modello di sviluppo deve lasciarsi contaminare da una visione antropologica rinnovata in cui le diverse competenze sociali, economiche, politiche, tecniche siano nutrite da un principio etico e spirituale che metta al centro il valore dell’intera comunità di vita.
La Terra è ferita
Ma è bene ricordare che i fondamenti di questa visione erano già delineati dalla «Laudato si’» attraverso la proposta di «una nuova solidarietà universale» tra persone e beni naturali.
«La terra è ferita, serve una conversione ecologica» è il punto centrale dell’enciclica «Laudato si’» di Papa Francesco sui temi ambientali.
È un’enciclica per tutti, non solo per i Cristiani.
Una sua lettura laica rivela che essa è una lettera molto importante perché per la prima volta la Chiesa Cattolica pubblica un documento ufficiale sui temi dell’ambiente e della sua salvaguardia.
La lettera enciclica «Laudato si’» di Papa Francesco sulla cura della casa comune presenta alcune caratteristiche che balzano immediate agli occhi del lettore «laico». La prima, a mio avviso, consiste nell’intento dichiaratamente rivoluzionario impresso alla lettera: «Mai abbiamo maltrattato e offeso la nostra casa comune come negli ultimi due secoli». «Ciò che sta accadendo ci pone di fronte all’urgenza di procedere in una coraggiosa rivoluzione culturale». «Ogni aspirazione a curare e migliorare il mondo richiede di cambiare profondamente gli stili di vita, i modelli di produzione e di consumo, le strutture consolidate di potere che oggi reggono le società».
Altro aspetto che colpisce maggiormente il lettore laico è la capacità di ascolto che, attraverso la sua enciclica, Papa Francesco dimostra nei confronti delle acquisizioni scientifiche che sull’ecologia provengono da scienziati laici e dalle lotte che i movimenti ecologici vanno combattendo da decenni: «Il movimento ecologico mondiale ha già percorso un lungo e ricco cammino, e ha dato vita a numerose aggregazioni di cittadini che hanno favorito una presa di coscienza. Purtroppo, molti sforzi per cercare soluzioni concrete alla crisi ambientale sono spesso frustrati non solo dal rifiuto dei potenti, ma anche dal disinteresse degli altri. Gli atteggiamenti che ostacolano le vie di soluzione, anche fra i credenti, vanno dalla negazione del problema all’indifferenza, alla rassegnazione comoda, o alla fiducia cieca nelle soluzioni tecniche. Abbiamo bisogno di nuova solidarietà universale».
Papa Francesco non desidera intervenire nel dibattito scientifico o stabilire in quale percentuale il riscaldamento globale sia causato dall’uomo. Questi temi sono appannaggio soltanto degli scienziati.
Però Papa Francesco evidenzia che «esiste un consenso scientifico molto consistente che indica che siamo in presenza di un preoccupante riscaldamento del sistema climatico», dovuto per la maggior parte alla grande concentrazione di gas serra.
Di questo l’umanità deve «prendere coscienza della necessità di cambiamenti di stili di vita, di produzione e di consumo».
Il Papa prende in considerazione lo scioglimento dei ghiacci e la perdita della biodiversità evidenziando che gli impatti più pesanti «probabilmente ricadranno nei prossimi decenni sui Paesi in via di sviluppo».
«Perciò è diventato urgente e impellente lo sviluppo di politiche affinché nei prossimi anni l’emissione di anidride carbonica e di altri gas altamente inquinanti si riduca drasticamente».
Il pontefice invita i grandi della Terra a cambiare registro, a fare passi in avanti considerevoli: denuncia «la debolezza della reazione politica internazionale» e «molto facilmente l’interesse economico arriva a prevalere sul bene comune e a manipolare l’informazione per non vedere colpiti i suoi progetti».
Il Nord e il Sud
Esiste un «debito ecologico» tra il Nord e il Sud: «Il riscaldamento causato dall’enorme consumo di alcuni Paesi ricchi ha ripercussioni nei luoghi più poveri della terra».
Ne consegue che i Paesi sviluppati devono contribuire a «risolvere questo debito» ecologico. Come? Il pontefice suggerisce di limitare «in modo importante il consumo di energia non rinnovabile». Mentre i Paesi più poveri «hanno meno possibilità di adottare nuovi modelli di riduzione dell’impatto ambientale».
Queste situazioni richiedono un «sistema normativo che includa limiti inviolabili e assicuri la protezione degli ecosistemi».
«Esistono forme di inquinamento che colpiscono quotidianamente le persone. L’esposizione agli inquinanti atmosferici produce un ampio spettro di effetti sulla salute, in particolare dei più poveri […]. La Terra, nostra casa, sembra trasformarsi sempre più in un immenso deposito di immondizia. In molti luoghi del pianeta, gli anziani ricordano con nostalgia i paesaggi d’altri tempi, che ora appaiono sommersi da spazzatura […]. Questi problemi sono intimamente legati alla cultura dello scarto, che colpisce tanto gli esseri umani esclusi quanto le cose che si trasformano velocemente in spazzatura».
«Il clima è un bene comune, di tutti e per tutti. Esso, a livello globale, è un sistema complesso in relazione con molte condizioni essenziali per la vita umana. Esiste un consenso scientifico molto consistente che indica che siamo in presenza di un preoccupante riscaldamento del sistema climatico. […] L’umanità è chiamata a prendere coscienza della necessità di cambiamenti di stili di vita, di produzione e di consumo, per combattere questo riscaldamento o, almeno, le cause umane che lo producono o lo accentuano. […] Se la tendenza attuale continua, questo secolo potrebbe essere testimone di cambiamenti climatici inauditi e di una distruzione senza precedenti degli ecosistemi, con gravi conseguenze per tutti noi».
«I cambiamenti climatici sono un problema globale con gravi implicazioni ambientali, sociali, economiche, distributive e politiche, e costituiscono una delle principali sfide attuali per l’umanità. Gli impatti più pesanti probabilmente ricadranno nei prossimi decenni sui Paesi in via di sviluppo. Molti poveri vivono in luoghi particolarmente colpiti da fenomeni connessi al riscaldamento […]. È tragico l’aumento dei migranti che fuggono la miseria aggravata dal degrado ambientale, i quali non sono riconosciuti come rifugiati nelle convenzioni internazionali e portano il peso della propria vita abbandonata senza alcuna tutela normativa. Purtroppo c’è una generale indifferenza di fronte a queste tragedie, che accadono tuttora in diverse parti del mondo. La mancanza di reazioni di fronte a questi drammi dei nostri fratelli e sorelle è un segno della perdita di quel senso di responsabilità per i nostri simili su cui si fonda ogni società civile».
In debito verso i poveri
«L’acqua potabile e pulita rappresenta una questione di primaria importanza, perché è indispensabile per la vita umana e per sostenere gli ecosistemi terrestri e acquatici. […] Mentre la qualità dell’acqua disponibile peggiora costantemente, in alcuni luoghi avanza la tendenza a privatizzare questa risorsa scarsa, trasformata in merce soggetta alle leggi del mercato. In realtà, l’accesso all’acqua potabile e sicura è un diritto umano essenziale, fondamentale e universale, perché determina la sopravvivenza delle persone, e per questo è condizione per l’esercizio degli altri diritti umani. Questo mondo ha un grave debito sociale verso i poveri che non hanno accesso all’acqua potabile, perché ciò significa negare ad essi il diritto alla vita radicato nella loro inalienabile dignità».
«Anche le risorse della terra vengono depredate a causa di modi di intendere l’economia e l’attività commerciale e produttiva troppo legati al risultato immediato. La perdita di foreste e boschi implica allo stesso tempo la perdita di specie che potrebbero costituire nel futuro risorse estremamente importanti, non solo per l’alimentazione, ma anche per la cura di malattie e per molteplici servizi. […] Ma non basta pensare alle diverse specie solo come eventuali “risorse” sfruttabili, dimenticando che hanno un valore in sé stesse. Ogni anno scompaiono migliaia di specie vegetali e animali che non potremo più conoscere, che i nostri figli non potranno vedere, perse per sempre. La stragrande maggioranza si estingue per ragioni che hanno a che fare con qualche attività umana. Per causa nostra, migliaia di specie non daranno gloria a Dio con la loro esistenza né potranno comunicarci il proprio messaggio. Non ne abbiamo il diritto».
Nell’enciclica il Papa sottolinea la «radice umana» della crisi ecologica, concentrandosi sul «paradigma tecnocratico dominante». Scienza e tecnologia «sono un prodotto meraviglioso della creatività umana», ma non possiamo «ignorare che l’energia nucleare, la biotecnologia, l’informatica, la conoscenza del nostro stesso Dna e altre potenzialità che abbiamo acquisito ci offrono un tremendo potere». Anzi, «danno a coloro che detengono la conoscenza e soprattutto il potere economico per sfruttarla un dominio impressionante sull’insieme del genere umano». Ed è «terribilmente rischioso» che questo potere «risieda in una piccola parte dell’umanità».
Il potere dell’economia
«L’economia assume ogni sviluppo tecnologico in funzione del profitto. La finanza soffoca l’economia reale. Non si è imparata la lezione della crisi finanziaria mondiale e con molta lentezza si impara quella del deterioramento ambientale. In alcuni circoli si sostiene che l’economia attuale e la tecnologia risolveranno tutti i problemi ambientali», allo stesso modo in cui si afferma che i problemi della fame «risolveranno semplicemente con la crescita del mercato». «Ma il mercato da solo però non garantisce lo sviluppo umano integrale e l’inclusione sociale».
«I poteri economici continuano a giustificare l’attuale sistema mondiale, in cui prevalgono una speculazione e una ricerca della rendita finanziaria», oggi «qualunque cosa che sia fragile, come l’ambiente, rimane indifesa rispetto agli interessi del mercato divinizzato, trasformati in regola assoluta». Di fronte all’esaurimento di alcune risorse si va creando «uno scenario favorevole per nuove guerre, mascherate con nobili rivendicazioni». La politica dovrebbe essere più attenta, ma «il potere collegato con la finanza» resiste a questi sforzi.
Il Papa riconosce che c’è diversità di opinioni sulla situazione e sulle possibili soluzioni. Cita due estremi: chi sostiene che «i problemi ecologici si risolveranno semplicemente con nuove applicazioni tecniche, senza considerazioni etiche né cambiamenti di fondo». E chi ritiene «che la specie umana, con qualunque suo intervento, può essere solo una minaccia e compromettere l’ecosistema mondiale, per cui conviene ridurre la sua presenza sul pianeta».
Il Papa invita a cambiare rotta: a impegnarsi alla salvaguardia dell’ambiente, della nostra casa comune. E dice che inquinare, contribuire al riscaldamento globale, alla deforestazione è, in fondo, un peccato.
L’Enciclica approfondisce le radici della situazione attuale, in modo da cogliere non solo i sintomi ma anche le cause più profonde di essa. «Mai l’umanità ha avuto tanto potere su sé stessa e niente garantisce che lo utilizzerà bene, soprattutto se si considera il modo in cui se ne sta servendo».
Un grande rischio sta nella mentalità che l’enorme crescita tecnologica ha contribuito a diffondere: «Ciò che interessa è estrarre tutto quanto è possibile dalle cose attraverso l’imposizione della mano umana, che tende ad ignorare o a dimenticare la realtà stessa di ciò che ha dinanzi. Per questo l’essere umano e le cose hanno cessato di darsi amichevolmente la mano, diventando invece dei contendenti».
Papa Francesco propone riflessioni molto significative su una possibile «teologia della città» e sulle conseguenze di essa, di cui occorrerebbe tener conto: «È necessario curare gli spazi pubblici, i quadri prospettici e i punti di riferimento urbani che accrescono il nostro senso di appartenenza, la nostra sensazione di radicamento, il nostro “sentirci a casa” all’interno della città che ci contiene e ci unisce».
Per favorire la «transizione energetica» e l’opzione condivisa per le energie rinnovabili, Papa Francesco non esita a denunciare come in questo campo «i negoziati internazionali non possono avanzare in maniera significativa a causa delle posizioni dei Paesi che privilegiano i propri interessi nazionali rispetto al bene comune globale», e manifesta ancora una volta la sua preoccupazione per i popoli e le categorie più deboli del pianeta. «Anche in questo caso, piove sempre sul bagnato».
L’Enciclica ribadisce, inoltre, l’urgenza segnalata da Benedetto XVI e da diversi dei suoi predecessori di arrivare a un’autorità politica mondiale in grado di intervenire sulle scelte che riguardano il bene di tutti e tutelare i più poveri, privi di mezzi di espressione e di difesa.
La responsabilità verso l’ambiente e le generazioni presenti e future deve coniugarsi alla lungimiranza, alla capacità di fare talvolta anche passi indietro o di rallentare ritmi eccessivi, alla scelta della sobrietà come valore inseparabile dalla solidarietà.
«Vorrei osservare che spesso non si ha chiara consapevolezza dei problemi che colpiscono particolarmente gli esclusi. Essi sono la maggior parte del pianeta, miliardi di persone. Oggi sono menzionati nei dibattiti politici ed economici internazionali, ma per lo più sembra che i loro problemi si pongano come un’appendice, come una questione che si aggiunga quasi per obbligo o in maniera periferica, se non li si considera un mero danno collaterale. […] Ma oggi non possiamo fare a meno di riconoscere che un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri».
Francesco Sannicandro, già Dirigente Regione Puglia e Consulente Autorità di Bacino della Puglia