L’alimentazione consapevole atto di resistenza spirituale

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Dall’incontro con la cultura indiana il modo di nutrirsi iniziò ad essere percepito come un atto spirituale di intima connessione con il divino e con il proprio sé più profondo, nel rispetto di tutte le creature viventi, della Madre Terra e del principio etico della nonviolenza (ahimṣā)

In un’epoca in cui gli allevamenti intensivi e lo smodato consumo di prodotti alimentari di origine industriale contribuiscono a foraggiare fatalmente la crisi climatica che ha colpito il nostro pianeta, che cosa possiamo apprendere dall’antica filosofia indiana? Come possiamo approcciarci al tema dell’alimentazione in modo più consapevole e rispettoso nei confronti della nostra Madre Terra e della nostra salute?

Il primo incontro spirituale tra Oriente e Occidente

Con l’avvento del grande laboratorio culturale che furono gli anni Sessanta e Settanta, il mondo occidentale ebbe l’occasione di conoscere da vicino la millenaria tradizione vedica dell’India, che tanto influì sulla spiritualità e sull’immaginario collettivo delle decadi successive. Fu in questo periodo, infatti, che in Europa e negli Stati Uniti giunsero dall’India guru carismatici che diffusero in queste terre lontane un nuovo modo di vivere la relazione con il divino.

Tra di essi, spiccano le figure di Paramahansa Yogananda, il cui libro «Autobiografia di uno Yogi» fu alla base della costruzione di un vero e proprio ponte spirituale tra Oriente e Occidente, e Śrīla Prabhupāda, il cui carisma affascinò soprattutto i giovani aderenti alla controcultura hippie, che contribuirono alla diffusione della «coscienza di Krishna» e alla quale aderì con fervore anche il noto musicista George Harrison.

Tra i lasciti più importanti di queste grandi personalità, troviamo la nascita di una nuova coscienza alimentare, basata sulla dieta vegetariana o vegana. Il modo di nutrirsi, infatti, iniziò ad essere percepito come un atto spirituale di intima connessione con il divino e con il proprio sé più profondo, nel rispetto di tutte le creature viventi, della Madre Terra e del principio etico della nonviolenza (ahimṣā).

Le tre qualità dell’esistenza e la classificazione delle tipologie alimentari

La Bhagavad-gītā, straordinario trattato sapienziale indiano, cataloga le diverse categorie di cibo in relazione ai tre guṇa, le qualità fondamentali dell’esistenza. Essi sono sattva (virtù), rajas (passione) e tamas (ignoranza). Alla prima qualità corrispondono i cibi freschi e benefici, alla seconda i cibi caldi e dal sapore eccessivamente intenso, alla terza i cibi impuri e privi di valore nutritivo.

Con queste parole, Krishna espone tale catalogazione all’amico Arjuna (1):

«Sono cari alle persone virtuose i cibi che accrescono la durata della vita, la virtù, la forza, la salute, l’euforia, la gioia, e che sono saporiti, untuosi, sostanziosi e gradevoli.

«I cibi amari, acidi, salati, eccessivamente caldi, piccanti, aspri, brucianti sono quelli che desiderano gli esseri appassionati; essi producono malessere, paura e malattia.

«Ciò che ha già servito, il cui sapore se ne è andato, ciò che è fetido o raffermo, e anche i resti impuri, tale è l’alimento gradito agli esseri tamasici».

Il consumo privilegiato, da parte della nostra società, di alimenti appartenenti alla terza qualità (tamas) è il frutto più evidente dell’oblio spirituale che caratterizza la nostra epoca, che, secondo i trattati vedici, è nota come Kali Yuga, era cosmica di decadenza e di maggior lontananza etica e morale dall’originale età dell’oro (Satya Yuga).

La larga diffusione dei fast food, la richiesta incontrollata di prodotti di origine animale, l’utilizzo indiscriminato di conservanti e additivi chimici, sono tutti elementi che contribuiscono a recare enormi danni tanto al microcosmo del corpo umano quanto al macrocosmo del pianeta.

L’uomo del Kali Yuga ha dimenticato la sua vera natura di creatura spirituale e trascorre la sua esistenza nel meccanismo capitalistico di iperproduzione, il quale si rispecchia in larga misura nel consumo esasperato di cibo e sul dramma sempre più attuale degli sprechi alimentari.

Verso nuove consapevolezze

Non è necessario demonizzare i prodotti alimentari di origine industriale attraverso un cieco filtro ideologico, ma sarebbe saggio e auspicabile prendere atto della deriva sociale verso la quale stiamo andando incontro tanto come esseri umani quanto come ospiti del pianeta Terra.

Nutrirsi in maniera consapevole, ricercare soluzioni alternative agli allevamenti intensivi e alle grandi industrie produttive, sviluppare una sensibilità alimentare etica, sono tutti ingredienti per un’inversione di rotta che diventa ogni giorno più urgente e necessaria.

Gli allevamenti intensivi, ad esempio, non solo condannano gli animali a subire la tragedia di una vita di sofferenze, trascorsa in spazi ristretti e insufficienti a soddisfare i movimenti più basilari, ma li espongono al fenomeno dell’abuso di farmaci ormonali e antibiotici, che impatta in maniera esponenziale anche sulla salute umana. Significativo, in tal senso, è il rischio dell’antibiotico-resistenza, tanto che l’Organizzazione mondiale della sanità ha raccomandato l’uso di antibiotici in animali sani soltanto in caso di malattie diagnosticate in altri animali dell’allevamento (2).

Inoltre, gli allevamenti intensivi a rendimento elevato sono riconoscibili come cause primarie dell’inquinamento atmosferico, in quanto gli animali non solo ingeriscono prodotti ricchi di pesticidi e fertilizzanti, ma producono ingenti quantità di liquami contenenti azoto, fosforo e antibiotici, il cui accumulo genera la produzione di ammoniaca e polveri sottili (3).

Di fronte a tali drammatiche evidenze, l’alimentazione consapevole spicca come un vero e proprio atto di resistenza spirituale. Il rispetto per la vita animale e il ritorno ad un regime alimentare più semplice e genuino sono i semi per l’avvento di un nuovo tipo di società, costruita in armonia con i cicli naturali. Solo in questo mondo l’uomo del Kali Yuga potrà sollevarsi dall’oceano dell’ignoranza (tamas) in cui è precipitato ed ergersi ad una nuova consapevolezza dello spirito e dell’esistenza.

Bibliografia e Sitografia

Waterstone, Richard, «Le spiritualità dell’India» (tr. it. di Delia Tasso), EDT, Torino 1997

Bellucci, Valentino, «Krishna. La storia, la filosofia, la mistica», Xenia, Como-Pavia 2019

Esnoul, Anne-Marie (a cura), «Bhagavadgītā» (tr. it. di Bianca Candian), Adelphi, Milano 1976

Introvigne, Massimo, «I nuovi culti. Dagli Hare Krishna alla Scientologia», Arnoldo Mondadori, Milano 1990

[https://www.fondazioneveronesi.it/magazine/articoli/altre-news/resistenza-agli-antibiotici-quando-il-problema-nasce-dagli-allevamenti]

[https://www.who.int/news/item/07-11-2017-stop-using-antibiotics-in-healthy-animals-to-prevent-the-spread-of-antibiotic-resistance]

[https://ilgiornaledellambiente.it/allevamento-intensivo-inquina-ambiente/]

Note

(1) Canto XVII, 8-10 in Esnoul, Anne-Marie (a cura), Bhagavadgītā (tr. it. di Bianca Candian), Adelphi, Milano 1976, pag. 160

(2) https://www.who.int/news/item/07-11-2017-stop-using-antibiotics-in-healthy-animals-to-prevent-the-spread-of-antibiotic-resistance

(3) https://ilgiornaledellambiente.it/allevamento-intensivo-inquina-ambiente/

 

Rebecca Stagno

(Dopo la triennale in Lettere, consegue a pieni voti una laurea magistrale in Scienze Religiose presso la Sapienza Università di Roma, discutendo una tesi in Egittologia e Civiltà Copta. Credendo profondamente nel valore e nell’importanza della cultura, si prefigge l’obiettivo di divulgare l’antica sapienza delle religioni antiche, ponendosi al crocevia tra ambito accademico e spiritualità).

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