Xylella, si torna a parlare degli erbicidi…

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ulivo xylella
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Il punto a 8 anni dall’emergenza

Se ne è parlato in un convegno svoltosi in occasione della Notte internazionale della Geografia. Approfondita l’analisi a proposito di un’indagine in agro di Gallipoli del 1974. E intanto continua l’eradicazione degli ulivi che sta cambiando la geografia dei luoghi senza osservare completamente le norme previste dagli Standard internazionali per le Misure fitosanitarie della Fao

Il 1° aprile si è svolta la Notte internazionale della Geografia promossa dall’Associazione delle Società geografiche europee e dall’Unione Geografica internazionale il cui intento è quello di mettere la ricerca geografica e il sapere territoriale «al servizio» della cittadinanza, delle comunità locali e della società.

In tale contesto, la prof.ssa Margherita Ciervo, geografa e docente di Geografia economica e politica all’Università di Foggia, nonché ricercatore associato presso il Laplec (Laboratorio per l’analisi dei luoghi, dei paesaggi e delle campagne europee dell’Università di Liegi), ha promosso la conferenza dal titolo: «Il disseccamento degli ulivi in Puglia e la questione Xylella. A otto anni dalla proclamata emergenza: a che punto siamo?» con l’intento di fare un punto della situazione nel pieno di stravolgimenti epocali che riguardano la geografia della Puglia, terra di ulivi plurisecolari e millenari, prima Regione produttrice di olio di oliva di qualità.

All’incontro, caratterizzato da un approccio interdisciplinare, hanno preso parte la dott.ssa Margherita D’Amico, biologa e fitopatologa, responsabile scientifico del Progetto Silecc (Sistemi di Lotta Ecocompatibili Contro il disseccamento degli ulivi) e il dott. Marco Scortichini, batteriologo, Dirigente di ricerca del Centro di ricerca in Olivicoltura Frutticoltura e Agrumicoltura del Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria), incaricato dalla Regione Puglia di effettuare studi sulla Xylella (DGR 2185/2016) ed esperto in protocolli di diagnosi e di contenimento del batterio Xylella fastidiosa (Xf). È doveroso dare conto con riferimento al disseccamento degli ulivi che nel mondo scientifico sono emerse diverse posizioni il cui confronto, tuttavia, non si è ancora realizzato come, invece, accade solitamente in ambito scientifico.

La situazione oggettiva

L’incontro si è aperto richiamando alcuni elementi oggettivi e incontestabili:

  • la presenza della Xylella fastidiosa nel Sud della Puglia;
  • il disseccamento quale sintomatologia non riconducibile solo alla presenza della Xf;
  • l’esistenza di ulivi disseccati negativi alla Xf e di ulivi sani e produttivi risultati positivi;
  • l’esistenza e l’implementazione di cure, basate su protocolli (di tipo sia scientifico sia empirico) che hanno riportato le piante disseccate a uno stato vegetativo e produttivo conseguendo, per inciso, lo stesso risultato atteso dalle varietà «tolleranti» al batterio cioè capaci di continuare a vegetare e a produrre nonostante la presenza del batterio al loro interno. È il caso delle varietà Leccino e Favolosa (le uniche due varietà autorizzate dalla legge a essere reimpiantate).

A questi si aggiunge una considerazione apparentemente scontata ma che, purtroppo, così non è. Gli ulivi non sono oggetti inanimati, avulsi dallo spazio geografico, ma esseri viventi connessi alle matrici vitali (biodiversità, suolo, acqua, aria) e, pertanto, non è coerente trattarli alla stregua di oggetti, né il territorio come fosse un contenitore sul quale è possibile intervenire «chirurgicamente» al fine di manipolare o rimuovere gli oggetti indesiderati. Pertanto, ogni decisione non può prescindere dal contesto e dalla realtà se intende conseguire risultati coerenti con gli obiettivi che ci si pone. Inoltre, il fenomeno del disseccamento rapido degli ulivi non investendo solo l’ambito agronomico ma essendo, evidentemente, legato a molteplici fattori ambientali (così come le misure predisposte sono causa di significativi e, in alcuni casi, irreversibili, impatti sul paesaggio, l’ecosistema, e il clima, l’economia locale e la salute, nonché sull’identità culturale) necessita di un approccio multidisciplinare e sistemico al fine di trovare la migliore soluzione possibile al problema.

«Punita» solo la Xylella

Entrando nel merito della situazione, si richiama la Delibera del 29/10/2013 da dove tutto è sembrato iniziare. Tale delibera, pur attestando che il disseccamento è dovuto a un insieme di concause (funghi, rodilegno giallo, Xf), si concentra solo sulla Xylella poiché batterio quarantena in base al quale sancisce «misure di emergenza per la sua eradicazione». Da questo momento in poi, le altre concause del disseccamento rimarranno sullo sfondo fino a sparire del tutto. In realtà, in una relazione dell’Osservatorio Fitosanitario del 2015 si legge che «sono state avviate indagini di qualsiasi tipo spaziando su tutte le possibili cause che potessero interagire con il disseccamento delle piante verificando qualsiasi elemento agronomico, ambientale, naturale e inquinante presente nel territorio interessato» in seguito alle quali sarebbe stato «escluso qualsiasi forma inquinante del terreno e dell’ambiente». Nondimeno, a oggi, non risultano essere stati resi noti tali studi e analisi comprovanti la suddetta affermazione, né periodo e luoghi dove sarebbero stati svolti.

L’attenzione esclusiva al batterio ha portato all’applicazione di un Piano di azione solo contro il batterio (ancora prima di conoscere le cause del disseccamento e in assenza di evidenza scientifica della patogenicità del batterio nei confronti dell’olivo) basato sull’abbattimento di piante infette, potenzialmente infette o semplicemente ospiti, sull’utilizzo di pesticidi contro il vettore della Xf e il divieto di reimpianto per tutte le piante ospiti (in Puglia circa quaranta) fra cui tutte le varietà di olivo, il ciliegio, e molte altre piante da frutto e orticole. Unica eccezione è rappresentata dalle varietà Leccino e Favolosa che nel 2018 ricevettero la deroga al divieto di reimpianto. Al riguardo, la dott.ssa Margherita D’Amico rileva come ci siano cultivar tradizionali che mostrano un disseccamento minore del Leccino sia secondo diversi riscontri empirici da parte di olivicoltori che studi scientifici condotti in pieno campo come quelli del dott. Marco Scortichini a proposito proprio della Coratina, ma anche dell’Ogliarola salentina e barese, nonché in studi scientifici condotti in ambiente controllato dal gruppo di ricerca dell’Istituto di protezione delle piante del Cnr di Bari nel 2017.

Cambia la geografia del territorio

Tuttavia, il piano di azione, dopo 8 anni, non ha prodotto gli effetti desiderati. Del resto, la mancanza di efficacia degli abbattimenti era già nota in Italia ed Europa in virtù di un rapporto dell’Efsa (2015) secondo cui tale strategia, lì dove applicata (California, Brasile, Taiwan), aveva fallito. Nonostante tale evidenza gli ulivi, anche in pieno stato vegetativo e produttivo, continuano a essere abbattuti a ritmo inesorabile. A febbraio 2021 sono state avanzate richieste per l’espianto di quasi 4 milioni di ulivi in Salento e contestuale richiesta di reimpianto delle uniche due varietà consentite (Leccino, non autoctona e autosterile e FS-17, brevettata), adatte ad impianti superintensivi e finanziate da fondi pubblici. Ad aprile 2021, sono stati abbattuti per la prima volta ulivi millenari censiti nella Piana degli ulivi millenari a cavallo fra le province di Brindisi e di Bari. A dicembre 2021, sono iniziati gli abbattimenti su grande scala di ulivi sulla Murgia dei Trulli e in Valle d’Itria che, ancora in corso, cambieranno per sempre il volto di questa terra e la vita dei suoi abitanti. Tutto questo mentre aumentano, si consolidano e si diffondono con successo le cure empiriche, i progetti e i protocolli scientifici che fanno ritornare a produrre piante di ulivo disseccate anche positive a Xf.

Tale accanimento sta producendo un fenomeno di deterritorializzazione e riterritorializzazione, ovvero da una parte la distruzione del paesaggio, dell’ambiente, dell’economia locale e dell’identità territoriale; dall’altro la «ricostruzione» del territorio sulla base di modelli economici globali. Così, le campagne «liberate» dagli ulivi «obsoleti» (per utilizzare le parole di alcune associazioni di categoria dieci anni orsono) saranno sostituiti da nuovi modelli produttivi sostenuti da finanziamenti pubblici come, ad esempio, gli uliveti superintensivi (nonostante il ministero dell’Ambiente abbia classificato tali finanziamenti come Sad, ovvero sussidi ambientalmente dannosi), la produzione di biomassa secondo modelli superintensivi (fino all’agricoltura digitalizzata), i campi fotovoltaici (al riguardo è appena il caso di rammentare che già a settembre 2019 arrivarono presso la provincia di Brindisi circa un centinaio di richieste di autorizzazione all’impianto da parte di grandi imprese mentre il Sindaco denunciava, anche attraverso i giornali, l’assalto al territorio da parte di multinazionali che arrivavano a contattare i contadini per farsi vendere i fondi).

Studi e soluzioni

Detto questo, rimane il fatto che il disseccamento, oggi, riguarda una buona parte degli ulivi del Salento. Posto che i monitoraggi mostrano che il disseccamento non avviene necessariamente in presenza del batterio, allora perché disseccano le piante?

Al riguardo, è necessario richiamare il lontano 1974 quando nell’agro di Gallipoli furono osservati alberi di olivo danneggiati dagli erbicidi. In questo caso, si trattava del bromacile utilizzato nei campi di agrumi che, assorbito dalle radici, causò agli alberi di olivo consociati i seguenti sintomi: ingiallimento delle foglie, disseccamento apicale e defogliazione. La dose utilizzata era 4,5 kg per ettaro e i danni osservati riguardavano anche gli olivi a distanza di più di sette metri dall’area trattata (Luisi e De Cicco, 1975). Ebbene, nella provincia di Lecce, dove sono stati osservati i primi fenomeni di disseccamento degli olivi, la distribuzione degli erbicidi sulla Sau (dal 2003 al 2010) è fino a due volte più alta che nella provincia di Bari, e fino a quattro volte superiore rispetto alla provincia di Foggia (benché la superficie agraria della provincia di Lecce sia circa la metà di quella della provincia di Bari e un quarto di quella della provincia di Foggia, e nonostante la provincia di Lecce sia caratterizzata da una Sau media per azienda molto piccola, da 0,85 a 4,47 ha, che non supera 2,04 ettari nei comuni interessati dai primi sintomi del disseccamento).

Un’anomalia simile si osserva anche nella provincia di Brindisi che, sempre dal 2003 al 2010, è seconda per distribuzione di erbicidi sulla Sau. Inoltre, alcune aree della provincia di Lecce risultano essere state anche oggetto di due sperimentazioni con prodotti chimici. La prima riguarda i campi sperimentali organizzati nel periodo 2010-2013 dalla Regione Puglia con l’Università di Bari, il Consorzio per la protezione delle produzioni intensive e il Consorzio di bonifica Ugento e Li Foggi. Lo scopo era di verificare l’efficacia di nuovi prodotti chimici contro la lebbra degli olivi per ottenere la registrazione ministeriale. Questi campi risultano localizzati in alcuni Comuni dove sono stati osservati i primi sintomi di disseccamento degli olivi: Gallipoli, Taviano, Alezio.

La seconda sperimentazione chimica riguarda il programma Gipp della Monsanto, iniziato nel 2011 e proseguito fino alla primavera 2013. Si tratta di un progetto per il controllo delle erbe infestanti negli oliveti attraverso l’utilizzo dell’erbicida (sistemico non selettivo) Roundup Platinum contenente glifosato e specifiche barre irroratrici (Roundup GO), per il diserbo interfilare negli oliveti.

Per cui ci si chiede se sia possibile che il disseccamento sia attribuibile anche in questo caso, come 50 anni fa, a un abuso di erbicidi.

Le conseguenze di erbicidi, fitofarmaci e fertilizzanti inorganici

A questa domanda risponde la dott.ssa Margherita D’Amico che spiega come l’uso prolungato e ininterrotto di erbicidi, di fitofarmaci e di fertilizzanti inorganici, ha molto influenzato la salute del suolo, soprattutto la biodiversità microbica dei suoli olivetati del Salento come dimostrano i dati delle analisi microbiologiche del suolo condotte in diversi areali salentini. Queste analisi hanno rivelato una maggiore e importante presenza di microrganismi indicatori e tipici di suoli aridi o desertici, e una bassa concentrazione (in alcuni casi completamente assente) di microrganismi saprofiti e benefici normalmente presenti nei suoli olivetati. La salute del suolo è determinata da una buona dotazione di sostanza organica e dalla biomassa microbica (ambedue questi fattori sono stati gravemente compromessi nei suoli salentini, come dimostrano le analisi), inoltre diversi studi hanno dimostrato che un buon controllo delle malattie delle piante è correlato alla presenza di una buona biodiversità microbica, perché una ricca biodiversità microbica crea un ambiente ostile e competitivo per gli agenti patogeni limitandone la capacità di moltiplicarsi e aggredire l’ospite, e nel contempo stimolano i sistemi di difesa della pianta.

Analisi comparative dei sistemi di olivicoltura biologica e convenzionale condotte in Italia e Grecia hanno mostrato come le pratiche di gestione degli oliveti influenzano le proprietà chimiche e biologiche del suolo, in particolare gli oliveti condotti con gestione organica biologica hanno mostrato una maggiore diversità microbica e salute delle piante rispetto a quelli gestiti in modo convenzionale. Purtroppo, molto spesso ci si dimentica che le piante si nutrono attraverso le radici che assorbono i macro e microelementi di cui hanno bisogno dal terreno. Pertanto, lo stato di salute del suolo, così come, delle altre matrici vitali incide significativamente sullo stato di salute delle piante.

Le cure possibili

Anche secondo il dott. Marco Scortichini il motivo del disseccamento è da rintracciare (oltre che nelle diverse possibili cause patogene) nello stato di salute del suolo, come confermato anche da alcuni suoi studi che mettono in evidenza come gli alberi di olivo in terreni ben gestiti mostrano minori sintomi rispetto agli olivi coltivati in aziende dove le tecniche agronomiche non sono regolarmente effettuate. Inoltre, il dott. Scortichini presenta i risultati della sua ricerca con riferimento a protocolli di cura per piante disseccate, anche positive al batterio Xf, che ritornano in pieno stato vegetativo e produttivo conseguendo, per inciso, lo stesso risultato delle piante tolleranti al batterio che, per tale motivo, hanno ottenuto la deroga al divieto di reimpianto. La ricerca di un protocollo che consentisse di ridurre la presenza del batterio all’interno degli oliveti è stata basata su alcuni studi effettuati negli Stati Uniti che evidenziavano come gli ioni zinco e rame fossero i più efficaci sia nell’impedire la moltiplicazione del batterio sia nel ridurre il biofilm che occlude i vasi dove la pianta assorbe l’acqua dal suolo, determinandone, così, il disseccamento.

Quindi, nell’ottica di un controllo ecosostenibile della malattia, è stato individuato un biofertilizzante che contiene zinco, rame ed acido citrico, da nebulizzare sulla chioma, una volta al mese, lungo il periodo primaverile-estivo. Mediante analisi molecolari è stato possibile verificare che, a seguito dei trattamenti, la presenza di Xf veniva ridotta, consentendo all’albero di vegetare e produrre. Gli studi in merito a tale protocollo di difesa hanno prodotto numerosi contributi scientifici. In parallelo si raccomanda di potare regolarmente l’oliveto con cadenza biennale, evitando i tagli drastici che peggiorano molto la situazione. Come già ricordato, inoltre, cura particolare va posta alla fertilità dei suoli, viste le notevoli carenze di microelementi riscontrate nel territorio salentino. Il mantenimento e/o l’aumento della fertilità del suolo possono essere ottenuti mediante la somministrazione di concimi organici, micorrize, compost certificati e biofertilizzanti a base di microrganismi benefici.

Invito al governo regionale

In conclusione, a questo punto ci pare ci siano tutti gli elementi per esortare il Governo pugliese e il Governo nazionale a rivedere le misure adottate, così come peraltro previsto in sede europea dagli Standard internazionali per le Misure fitosanitarie della Fao che sanciscono che [«al cambiamento delle condizioni» (in questo caso il rilevamento della presenza diffusa e non più circoscritta del batterio) «e della disponibilità di nuovi fatti» (in questo caso, l’esistenza di strategie di cura che consentono alle piante disseccate, anche positive al batterio, di ritornare allo stato vegetativo e produttivo)] le misure fitosanitarie adottate debbano essere «immediatamente modificate» rimuovendo quelle inutili (Ispm, n. 1) e, comunque, il programma di eradicazione dovrebbe essere sottoposto a revisione periodica al fine di valutare se gli obiettivi sono stati raggiunti o per determinare se sono necessarie modifiche (Ispm, n. 9), dato che le misure fitosanitarie non dovrebbero essere considerate permanenti ma sottoposte a monitoraggio (Ispm, n. 10).

 

R. V. G.