…anche se cambia la destinazione d’uso
È una recente sentenza del Consiglio di Stato che si è riferito ad una superficie boscata in provincia di Pavia trasformata mediante lo sradicamento di un piccolo bosco di robinie
Il ripristino di un’area boscata tutelata per legge dal Codice del paesaggio, resta obbligatorio anche se quell’area cambia la destinazione urbanistica e diviene edificabile. È il Consiglio di Stato a statuirlo in una recente sentenza della terza Sezione pubblicata a fine aprile scorso, riformando la sentenza di primo grado del Tar Lombardia.
Il caso riguardava una superficie boscata in provincia di Pavia trasformata mediante lo sradicamento di un piccolo bosco di robinie. Il Tar aveva annullato il provvedimento sanzionatorio di ripristino dell’area boscata emesso dalla Provincia di Pavia poiché il mutamento della destinazione urbanistica era avvenuto antecedentemente al provvedimento sanzionatorio con la classificazione di «tessuto aperto a media-bassa densità». La Provincia di Pavia ha appellato la sentenza di primo grado motivando con la circostanza che quella tipizzazione urbanistica consentiva esclusivamente l’esecuzione di interventi di ristrutturazione, anche con demolizione e ricostruzione, di quanto già esistente mentre in quell’area non vi era alcuna costruzione. In più, la presunta edificabilità dell’area sarebbe stata dichiarata sei anni dopo l’esecuzione dell’intervento di disboscamento […] e che dall’eventuale edificabilità di un’area posta in area paesaggisticamente protetta non discende automaticamente che la stessa possa essere interamente disboscata, potendo l’autorizzazione al disboscamento riguardare la sola parte oggetto di effettivo intervento edilizio. Inoltre, la Provincia di Pavia ha affermato che il bosco costituisce un vincolo ex lege ai sensi dell’art. 146 del D. L.vo n. 42/2004 (Codice del Paesaggio) e che non esiste alcun limite temporale per l’esercizio dell’azione sanzionatoria amministrativa.
Il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso della Provincia lombarda stabilendo che «l’ordine di rimessione in pristino, nel caso di interventi modificativi dello stato dei luoghi interessanti beni sottoposti a vincolo paesaggistico, si configura come di carattere interamente vincolato, trovando il suo doveroso esercizio eccezione nei soli casi di attivazione, ad opera dell’interessato, dello specifico sub-procedimento inteso alla verifica della compatibilità paesaggistica dell’intervento eseguito sine titulo, disciplinato dall’art. 167, comma 5, d.lvo n. 42/2004». Infine i giudici di Palazzo Spada sostengono che «[…] il mero mutamento del regime urbanistico-edilizio dell’area interessata non è suscettibile di attenuare l’esigenza di tutela paesaggistica della stessa, sia in considerazione del diverso ordine degli interessi tutelati (peraltro collocati in una sequenza di carattere gerarchico, anche costituzionalmente orientata, che vede la tutela del paesaggio in posizione sovraordinata rispetto al mero interesse alla trasformazione in chiave edilizia del territorio), sia alla luce del fatto che la mera potenziale attività edificatoria, senza che ne siano prevedibili i tempi e l’entità, quale discende dalla sopravvenuta edificabilità del suolo, non è da sola sufficiente a dimostrare la degradazione dell’interesse pubblico alla conservazione e salvaguardia del suo valore paesaggistico, di cui si renda quindi necessaria, come ritenuto dal Tar, una valutazione di attualità alla luce del nuovo regime urbanistico. Del resto, ragionando diversamente, si finirebbe per imporre all’Amministrazione preposta alla tutela del paesaggio, per il solo fatto che sia stata introdotta dalla (diversa) autorità titolare del potere di pianificazione urbanistica la destinazione edificatoria dell’area, una rinnovata (rispetto a quella insita nel vincolo paesaggistico ex lege) valutazione in ordine alla permanente sussistenza dell’interesse pubblico alla protezione paesaggistica, laddove la corretta ricostruzione del nesso tra procedimento di assenso edilizio e procedimento di autorizzazione paesaggistica vuole che sia il rilascio del primo, in costanza di un preciso progetto edificatorio, ad essere subordinato ad una espressa valutazione di compatibilità paesaggistica dell’intervento di trasformazione».
Fabio Modesti