Un ricerca che aveva già evidenziato i danni per l’inquinamento elettromagnetico per la piccola razza e l’astice americano, riportata alla ribalta dalla DG Ambiente Ue con un tweet
Molte specie animali marine sono continuamente disturbate da campi elettromagnetici che si sviluppano nei fondali. Recenti ricerche interdisciplinari lo hanno verificato sulla piccola razza (Leucoraja erinacea) e sull’astice americano (Homarus americanus).
«Le capacità sensoriali delle specie marine vengono sempre più interrotte dalle attività umane, come il rumore e l’inquinamento luminoso o l’alterazione dell’ambiente marino mediante l’installazione di infrastrutture. Molte specie marine si affidano ai campi elettromagnetici naturali per rilevare le prede, evitare i predatori, trovare compagni, orientarsi e migrare. I campi elettromagnetici naturali interagiscono con quelli emessi da fonti antropiche come navi, ponti e cavi sottomarini; questi sono quantificabili a una grandezza simile al campo geomagnetico di fondo e può interferire con, o mascherare, segnali vitali per specie elettromagnetiche sensibili». Queste considerazioni sono espresse dal bollettino «Science for environmental policy» edito sul web dalla Direzione generale Ambiente della Commissione europea.
Quello da cui sono riprese le frasi appena citate non è recente e risale al 5 ottobre 2020 (n. 549) ma è stato riportato alla ribalta dalla stessa DG Ambiente Ue con un tweet del 18 maggio scorso. Nulla di più interessante se calato nelle vicende pugliesi (ma non solo) relative alla localizzazione di impianti eolici offshore ed al parere che la Regione Puglia deve esprimere sul Piano di gestione dello spazio marittimo; per la sua mancata predisposizione l’Italia rischia la procedura d’infrazione comunitaria. La stessa Commissione Ue è però quella che più spinge sulla realizzazione di impianti per la produzione energetica da fonti rinnovabili.
Questo alternarsi di spinte e cautele rende di fatto tutto più complicato dal punto di vista politico, sicuramente più interessante e ragionato dal punto di vista tecnico-scientifico.
Il rischio rappresentato dai campi elettromagnetici sottomarini di produzione antropica «sta diventando più pressante con l’aumento della domanda globale di cavi sottomarini a supporto della produzione di energia elettrica, reti “intelligenti” e telecomunicazioni — continua il bollettino della DG Ambiente —. Visti gli impegni internazionali ad aumentare produzione di energia rinnovabile marina offshore e galleggiante e il relativo aumento di energia elettrica nei cavi di trasmissione, vi è una maggiore necessità di comprendere e potenzialmente mitigare gli effetti delle emissioni di campi elettromagnetici guidati dall’uomo sulle specie marine e sugli ecosistemi».
Il testo illustra la metodologia utilizzata per studiare l’influsso dei campi elettromagnetici di origine umana sulle due specie, piccola razza e astice americano. La prima è risultata particolarmente disturbata nei comportamenti con un aumento esponenziale del rischio di predazione; l’astice americano non si è spostato dal fondo marino ed ambedue hanno molto ridotto i periodi di riposo. Insomma, i cavi sottomarini, in particolare quelli per la conduzione di elettricità da impianti di rinnovabili offshore sono in grado di alterare ecosistemi anche in modo sensibile. E in un «catino» com’è il Mare Adriatico, soprattutto nella parte più stretta, ossia quella del Canale d’Otranto, la sensibilità al disturbo è sicuramente molto più elevata.
Fabio Modesti