La vicinanza con le aree protette renderebbe incompatibile la presenza di allevamenti ittici e c’è un contenzioso che si allunga sull’interpretazione delle norme per la Via
Secondo l’avvocato generale dell’Ue, Juliane Kokott, la Corte di Giustizia Ue, chiamata ad esprimersi sulla necessità di attivare procedure di valutazione di incidenza ai sensi della direttiva 92/43 Cee «Habitat» dalla Corte regionale dell’Est, Danimarca, dovrebbe rispondere che «non è richiesta una nuova valutazione dell’incidenza qualora l’impatto di un’attività non sia stato oggetto di una valutazione completa nell’ambito di un’autorizzazione precedente divenuta definitiva e non siano stati tenuti in considerazione gli effetti cumulativi con altri piani e progetti». Ma, prosegue Kokott, «una nuova autorizzazione prevista dal diritto nazionale per proseguire un’attività rimasta invariata deve essere considerata come un accordo su tale attività ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43 (“Habitat”), il quale presuppone una valutazione dell’incidenza qualora detta autorizzazione decida effettivamente per la prosecuzione dell’attività».
L’avvocato generale Ue sostiene anche che altri strumenti di gestione come i piani di bacini idrografici possono essere utili in sede di esame preliminare di un progetto e della necessità di sottoporlo a valutazione di incidenza, ma solo se le informazioni in essi contenuti «escludano qualsiasi dubbio circa il fatto che l’impatto delle attività interessate cui si riferisce pregiudichi in modo significativo il sito in questione».
Il problema cui la Corte di Giustizia Ue deve dare risposta riguarda gli allevamenti ittici danesi che possono essere estremamente impattanti sugli ecosistemi marini e di acqua dolce. In particolare quelli intensivi soprattutto se prossimi ad habitat naturali tutelati dalla direttiva «Habitat» attraverso i cosiddetti Siti Natura 2000.
La normativa comunitaria disciplina la procedura valutazione di incidenza che verifica l’eventuale «incidenza significativa» anche di questi impianti su specie ed habitat protetti.
In Danimarca si trovano complessivamente 19 allevamenti ittici alcuni dei quali situati all’interno o in prossimità di Siti Natura 2000. In quel Paese sono pendenti procedimenti giudiziari riguardanti sette di questi allevamenti nei quali si producono principalmente trote iridee. Gli allevamenti emettono, tra l’altro, azoto e fosforo che potrebbero pregiudicare l’integrità dei Siti Natura 2000. Uno di questi allevamenti ha ottenuto, negli anni scorsi, prima un’autorizzazione a spostare gli impianti e poi ad aumentare le emissioni di azoto di 0,87 tonnellate, passando da 15,6 tonnellate a 16,47 tonnellate, nonché l’uso e le emissioni di rame e di tre tipi di antibiotici. Le autorità locali danesi avevano esaminato la necessità di una valutazione dell’impatto ambientale (screening Via) ma avevano ritenuto che l’aumento delle emissioni di azoto non comportasse incidenze significative sul Sito Natura 2000 limitrofo e che, di conseguenza, il progetto non richiedesse una valutazione di impatto ambientale né una valutazione di incidenza.
Un’associazione di protezione ambientale l’ha pensata diversamente impugnando l’autorizzazione; la Commissione giudiziaria adita l’ha annullata sostenendo che le procedure di valutazione ambientale dovessero essere svolte e la società proprietaria dell’allevamento ittico ha prodotto appello alla Corte regionale dell’Est Danimarca che, a sua volta, ha investito della questione la Corte di Giustizia Ue sulla corretta interpretazione della direttiva «Habitat». Sarà interessante leggere che cosa diranno i giudici comunitari sulla questione relativa al rinnovo di procedure di valutazione di incidenza per progetti già autorizzati senza che tale valutazione sia mai stata effettuata prima. In Italia il problema è all’ordine del giorno ed i giudici amministrativi decidono in modo diverso nei vari casi esaminati.
Fabio Modesti