Europa, energia e burocrazia selvaggia

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Una matassa sempre più difficile da sbrogliare fra approvvigionamento energetico, scelte strategiche e salvaguardia dell’ambiente

L’approvvigionamento energetico tiene banco in Europa e soprattutto in Italia dove si voterà per le elezioni politiche il 25 settembre. Tra meno di un mese. Per affrancare il vecchio continente dal gas russo, per sciogliere il nodo che ci ha portati a legarci a doppio filo alla Russia dell’autocrate/dittatore Putin per volere della Merkel e dei governanti italiani (tutti) fino ad ora, la Commissione europea ha proposto a maggio scorso un piano di politica energetica (REPowerEU) tardivo e forse poco realistico. Lo ha valutato EuroNatur, una fondazione tedesca per la conservazione della natura a livello europeo nata dall’iniziativa di alcune associazioni (Amici della Terra Germania, Associazione tedesca per la tutela ambientale e Unione per la conservazione della Natura e della Biodiversità in Germania).

REPowerEU ai raggi X

EuroNatur ha passato ai raggi X la proposta della Commissione presieduta dalla Von der Leyen ed ha evidenziato come l’obiettivo di accelerare i tempi di rilascio di autorizzazioni agli impianti di rinnovabili (in particolare eolico e fotovoltaico) metta a rischio il regime giuridico comunitario di protezione ambientale.

La valutazione di REPowerEU risente certamente di una serie di posizioni estreme dell’ambientalismo stile «Greta». Ad esempio, nel documento si afferma che «l’UE si è impegnata a scoraggiare investimenti in progetti di combustibili fossili in Paesi terzi. Fermare le importazioni di combustibili fossili dalla Russia non deve far riconsiderare questo impegno». Cosa estremamente difficile poiché i combustibili fossili costituiscono, nell’immediato e costituiranno per molti anni ancora, la principale fonte di produzione energetica e l’Italia con il governo Draghi, va riconosciuto, si è mossa tempestivamente per diversificare gli approvvigionamenti mettendosi in condizioni di non rischiare il tracollo come invece sta accadendo in Germania.

Idrogeno sì, ma quale?

Sulla produzione di idrogeno, per la quale si vuol far diventare la Puglia (sempre con narrazione favoleggiante) il principale esempio in Italia ed in Europa, EuroNatur dice cose sensate: «È importante che qualsiasi approvvigionamento di idrogeno sia veramente sostenibile e non creato da combustibili fossili o da energie rinnovabili che hanno distrutto la natura e rivendicato ed offeso gli abitanti di quelle terre». Come si fa, però, a produrre idrogeno a costi accettabili se non da fonti fossili (metano)? E distinguere gli impianti di rinnobabili che hanno arrecato offese all’ambiente ed ai cittadini è molto complicato. Tuttavia, la dichiarazione di EuroNatur è importante perché smaschera all’origine la fuorviante narrazione salvifica sull’idrogeno.

REPowerEU sfida le libertà democratiche

La Commissione Ue vorrebbe accelerare le procedure per il rilascio di permessi per la realizzazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili ma per EuroNatur i rischi sono molti. «L’obiettivo del potenziamento delle energie rinnovabili — dice EuroNatur — dovrebbe riguardare prima le aree urbane e industriali e poi i suoli liberi ed il mare dei Paesi dell’Ue, al di fuori delle aree protette. Le aree da destinare a questi impianti devono essere molto ben definite in un processo di governo democratico. Lo Stato di diritto e la legislazione ambientale esistente rimangono fondamentali e non sono un ostacolo al progresso. Nell’Ue conta lo Stato di diritto e conta il cittadino. Il coinvolgimento è una parte fondamentale del processo che sostiene anche la legittimità delle istituzioni dell’Ue, il processo decisionale e la democrazia. REPowerEU sfida questa libertà democratica».

A proposito di installazione di pannelli fotovoltaici, REPowerUE si pone gli obiettivi di raddoppiare la capacità di fotovoltaico nel 2025 nei centri urbani o su coperture esistenti e di installare 600 GW entro il 2030. EuroNatur osserva che «il potenziale totale dei tetti nell’Ue è 1500 TWh (terawatt ora) che si traduce in 600-1.200 GW di potenza fotovoltaica installata. 600 GW di potenza installata può essere così raggiunta nel 2025».

Le rinnovabili non sono interesse pubblico prevalente

Secondo EuroNatur, «l’energia rinnovabile non dovrebbe essere riconosciuta come interesse pubblico prevalente in quanto vi è un precedente legale dell’uso di questo termine nella legislazione ambientale comunitaria, ad es. nell’articolo 6 della direttiva Habitat. Inoltre, verrebbe violata la Convenzione di Aarhus, in particolare per l’accesso alla giustizia, ritenendo prevalenti tutti i progetti di rinnovabili al di là dei singoli casi. Non tutti i progetti di energia rinnovabile — prosegue EuroNatur — sono buoni per l’ambiente, le comunità locali o aggiungono valore alla produzione di energia (ad es. idroelettrica). La Commissione Ue, invece, dovrebbe concentrarsi sulla priorità delle pressioni sull’ambiente di fotovoltaico, eolico e geotermico rispetto ad altre invece di tentare di deregolamentare la legislazione ambientale».

La «semplificazione», peste italiana

Insomma, nell’Europa che vuole proteggere almeno il 30% del proprio territorio e del proprio mare si sta facendo largo una visione distorta tutta italiana della «semplificazione» nelle autorizzazioni contro «la burocrazia malvagia». Una sorta di epidemia, un esempio di peste italiana, come la chiamava Marco Pannella, che si sta diffondendo nel Vecchio Continente per le rinnovabili dovunque e comunque. Epidemia di cui l’Italia sembra essere esportatrice netta.

 

Fabio Modesti