La portata del Po è la metà rispetto alla media del periodo, nonostante il minor prelievo agricolo, perché buona parte delle colture sono arrivate a maturazione. Ma l’interesse nell’agenda politica non c’è, e quindi l’anno prossimo staremo di nuovo a spiare il cielo, e a sperare che il pozzo non si prosciughi
Se c’è un tema che deve essere al primo posto dell’agenda politica è la riduzione delle emissioni e la gestione dell’acqua.
La natura, indifferente a quel che i partiti raccontano alla pancia del Paese, fa, intanto, il suo corso,
I numeri del 2022 forniti dal Coldiretti sono questi: causa siccità le imprese agricole hanno perso 6 miliardi di euro. Dal 20 al 30% in meno di grano, dimezzato il raccolto del mais, le regioni più colpite sono Lombardia, Piemonte, Veneto e Emilia Romagna, che rappresentano quasi il 90% dell’intera produzione nazionale.
Il crollo del raccolto impatta sulle stalle per la diminuzione della produzione di foraggi, il comparto idroelettrico quest’anno ha toccato la produzione più bassa degli ultimi 20 anni. Al danno economico si aggiunge quello ambientale: bacini scarichi significa meno acqua da turbinare, e quando si spegne una fonte rinnovabile va rimpiazzata da una fonte fossile.
Il distretto del Po è il più grande italiano per dimensione, e con una popolazione che sfiora i 20 milioni di abitanti. La sua acqua e quella dei sui 141 affluenti genera il 40% del Pil italiano fra produzione agricola, industriale, zootecnica, idroelettrica. Il sistema di accumulo e distribuzione, che è stato progettato decenni fa per funzionare con abbondanza d’acqua con alte piovosità, non è mai cambiato.
In più il comparto agricolo negli anni ha aumentato la messa in campo di colture a maggior reddito ma anche più idroesigenti. Sta di fatto che la portata media degli ultimi 10 anni è di 1.470 metri cubi al secondo, mentre l’insieme dei diritti di prelievo delle concessioni è di 1.850 metri cubi al secondo. Ne consegue che stiamo utilizzando più acqua di quella disponibile.
Il risultato è che per la prima volta l’acqua salata ha risalito il Delta per 40 km, generando un processo di desertificazione irreversibile. Le falde di acqua dolce si stanno trasformando in acqua salmastra e non sono più idonee all’uso agricolo.
Di fronte alla tropicalizzazione del clima occorre raccogliere l’acqua nei periodi più piovosi per renderla disponibile nei momenti di difficoltà. Oggi siamo in grado di trattenere solo il 10% dell’acqua piovana, mentre la Spagna per esempio ne stocca il 50%. La diga di Ridracoli la dice lunga: costruita fra mille ostacoli negli anni ’80, fornisce acqua ai 950.000 abitanti delle province di Forlì-Cesena, Ravenna e Rimini, e a milioni di turisti della Riviera Romagnola.
Dal 2014 esiste una «Strategia nazionale di adattamento ai mutamenti climatici e risorsa idrica», dove sono indicati i problemi, le cause, i provvedimenti. Ma è rimasto lì.
Il nuovo governo che verrà potrebbe modificare il piano. Intanto è piovuto, ci sono stati nubifragi, molti danni da risarcire, e l’impressione è che il peggio sia alle spalle. Purtroppo non è così: sabato 20 agosto a Pontelagoscuro, ultima stazione di misura alla foce del Delta, la portata del Po è la metà rispetto alla media del periodo, nonostante il minor prelievo agricolo, perché buona parte delle colture sono arrivate a maturazione. Ma l’interesse nell’agenda politica non c’è, e quindi l’anno prossimo staremo di nuovo a spiare il cielo, e a sperare che il pozzo non si prosciughi.
Francesco Sannicandro, già Dirigente Regione Puglia e Consulente Autorità di Bacino della Puglia