Un caso in Liguria e la situazione pugliese
Gli atti andavano annullati in autotutela per ripristinare la legalità. Nella rappresentazione dei fatti (cioè dello stato dei luoghi interessati dall’intervento) è stato omesso di evidenziare la presenza di una lama tombata illecitamente
Dice la Corte di Cassazione civile a Sezioni Unite, in una non recente ma comunque interessante Ordinanza, che se l’autorizzazione alla realizzazione di un progetto (in questo caso di costruzione di un impianto idroelettrico di potenza nominale pari a 98,4 kW – mini idroelettrico sul torrente Gavano in Liguria) è stata ottenuta omettendo di rappresentare un elemento oggettivo del quale è obbligatoria la tutela (in questo caso l’habitat di interesse comunitario ad Alnus glutinosa, ossia di foresta ripariale a galleria a prevalenza di ontano, tutelato dalla direttiva 92/43 CEE «Habitat»), l’amministrazione che l’ha rilasciata può e deve annullarla in autotutela. E questo sulla base del comma 2-bis dell’articolo 21-nonies della legge n. 241/1990 sul procedimento amministrativo. Può e deve farlo anche se sono trascorsi i 12 mesi che la legge assegna all’annullabilità d’ufficio dell’atto da parte delle pubbliche amministrazioni.
L’annullamento in autotutela, ripristino di legalità
La Suprema corte, infatti, afferma che «il fatto (l’assenza di “habitat ad Alnus glutinosa“), sulla base del quale l’autorizzazione era stata rilasciata, aveva trovato qualificata smentita; la valutazione della rappresentazione non corrispondente alla realtà non può che essere complessiva e se il rappresentante legale della società, ebbe a dichiarare “che gli elaborati rappresentano lo stato reale e la consistenza del bene”, è riduttivo, e contrario al principio di buona fede affermare che la dichiarazione era da intendersi riferita limitatamente all’”opus”, investendo essa, per contro, nello spirito di leale collaborazione, giudizio di piena fattibilità complessiva del progetto, anche, e soprattutto (tenendo conto del tipo d’intervento) in relazione all’impatto ambientale; la società richiedente, senza che qui venga in specifico rilievo, come si è già detto, la dichiarazione d’impegno, rilasciata ai sensi del D.P.R. n. 445/2000, aveva corredato la propria istanza con la relazione peritale e assegnando affidamento su quella rappresentazione dei fatti la p.a. aveva emanato il provvedimento autorizzativo». Ed ancora, proseguono le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, «l’accertata non conformità di quella rappresentazione pienamente giustifica l’invalidazione in autotutela del provvedimento autorizzativo; trattasi di necessario strumento di ripristino a legalità in relazione a provvedimenti, la cui istruttoria, in tutto o in parte, venga devoluta, nel rispetto dei principi di compartecipazione e celerità dell’azione amministrativa, alla stessa parte privata; lo strumento in parola è teso a ripristinare l’affidamento della p.a. leso dal privato, di talché, al contrario di quanto affermato dalla ricorrente, non è quest’ultima ad essersi affidata alla prima, ma la p.a. al privato».
E per il resort a Costa Ripagnola?
Se riportiamo questa decisione alla situazione del progetto Serim per la realizzazione di un resort nei trulletti/pagghjari del parco regionale di Costa Ripagnola, ne vediamo le possibili analogie. Anche in questo caso la rappresentazione dei fatti (cioè dello stato dei luoghi interessati dall’intervento) ha omesso di evidenziare la presenza di una lama tombata illecitamente di cui abbiamo scritto per primi quasi tre anni fa. E che fosse così lo dice anche il provvedimento con cui la Regione ha convalidato l’efficacia dell’autorizzazione unica rilasciata a Serim nel marzo 2019 con la quale è stata confermata la realizzabilità del progetto «con l’esclusione delle opere stralciate a seguito dell’ordinanza di ripristino del Comune di Polignano a Mare».
Tra le aree oggetto di ripristino c’è anche la lama tombata attorno alla quale e sulla quale il progetto prevede (come si evince dalla cartografia che abbiamo pubblicato) il recupero di trulli sul ciglio ed impianti a rete per l’adduzione idrica ed elettrica, piste e percorsi. Come è stato possibile che la Regione Puglia abbia imperturbabilmente convalidato l’autorizzazione unica pur in presenza di una situazione di fatto non riportata nel progetto? La Cassazione una risposta l’ha data, sia pure per altra questione, ed è quella che cittadini e comitati, come I Pastori della costa ed i Gabbiani di Costa Ripagnola, da sempre sostengono. Vedremo se il giudice per le indagini preliminari, chiamato ad esprimersi sulla richiesta di archiviazione dell’inchiesta penale sul progetto Serim inoltrata dalla Procura della Repubblica di Bari alla quale i comitati si sono opposti sostenendo le stesse tesi dell’Ordinanza della Cassazione di cui ci occupiamo in questo articolo, sarà dello stesso avviso della Suprema Corte o meno. Quel tempo si avvicina.
Fabio Modesti