Tumori, ecco come e dove l’inquinamento uccide

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La provincia con tasso di mortalità da tumore più alta nel decennio 2009-2018 è risultata quella di Lodi, seguita da Napoli, Bergamo, Pavia, Sondrio e Cremona tra le prime 5. La prima provincia del centro Italia è Viterbo (11° posizione), seguita da Roma (18°), mentre al sud, oltre alla provincia di Napoli al secondo posto, solo quella di Caserta (8°) rientra nelle prime 10 per mortalità da tumore

I tumori sono oggi la seconda causa di morte al mondo dopo le malattie cardiovascolari. Negli ultimi decenni di ricerca sul cancro, lo stile di vita (in particolare abitudini come obesità, sedentarietà, scorretta alimentazione, alcolismo e fumo) e fattori casuali o genetici sono stati indicate come cause principali nello sviluppo dei tumori. Aumenta, però, sempre più la consapevolezza che tra i principali elementi in grado di indurre la proliferazione tumorale ci sia l’inquinamento ambientale.

Per approfondire questo tema, un gruppo di studiosi dell’Università di Bologna, dell’Università di Bari e del Cnr ha analizzato con innovativi e sofisticati metodi di intelligenza artificiale i legami tra mortalità per cancro, fattori socio-economici e fonti di inquinamento ambientale in Italia, a scala regionale e provinciale. I risultati dell’indagine sono stati pubblicati sulla rivista «Science of the Total Environment», per la parte analitica, mentre sulla rivista «Nature Scientific Data» è stato pubblicato l’intero dataset decennale con i tassi di mortalità tumorale per tutti i comuni italiani, accessibile gratuitamente in modalità user friendly.

Inquinamento e tumori

«Dalla nostra analisi è emerso che, contrariamente a quanto creduto finora, la mortalità per cancro tra i cittadini italiani non ha una distribuzione né casuale né spazialmente ben definita — spiega Roberto Cazzolla Gatti, professore al Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università di Bologna e primo autore dello studio —. La mortalità per tumore supera, invece, la media nazionale soprattutto dove l’inquinamento ambientale è più elevato, anche se si tratta di zone in cui le abitudini di vita sono in genere più sane».

Associazione ambiente-tumoriGli studiosi hanno preso in considerazione 35 fonti ambientali di inquinamento (ad esempio industrie, pesticidi, inceneritori, traffico automobilistico), rilevando che tra queste la qualità dell’aria è al primo posto per importanza per quanto riguarda l’associazione col tasso medio di mortalità per cancro. Seguono la presenza di siti da bonificare, le aree urbane, la densità dei veicoli a motore e i pesticidi. Inoltre, altre specifiche fonti ambientali di inquinamento si sono rivelate significative per la mortalità di alcune tipologie di tumore (come, ad esempio, la presenza di aree coltivate associate alla mortalità per tumori al tratto gastrointestinale, la vicinanza a strade e acciaierie per il cancro alla vescica, le attività industriali in aree urbane per il tumore alla prostata e i linfomi, etc.).

La provincia con tasso di mortalità da tumore più alta nel decennio 2009-2018 è risultata quella di Lodi, seguita da Napoli, Bergamo, Pavia, Sondrio e Cremona tra le prime 5. La prima provincia del centro Italia è Viterbo (11° posizione), seguita da Roma (18°), mentre al sud, oltre alla provincia di Napoli al secondo posto, solo quella di Caserta (8°) rientra nelle prime 10 per mortalità da tumore.

Tabella classifica province«Alla luce delle nostre ricerche — aggiunge il prof. Cazzolla Gatti — appare ormai chiaro che i geni che ereditiamo e lo stile di vita che decidiamo o siamo costretti ad adottare possono essere la porta di una stazione dove prendere un treno verso la malattia o la salute, ma la qualità dell’ambiente in cui viviamo è il treno stesso dove trascorreremo la nostra esistenza. Se la carrozza dove sediamo è inquinata, i nostri sforzi per un viaggio confortevole potrebbero essere vani, pur avendo scelto attentamente la direzione giusta».

Chiunque potrà, inoltre, verificare il tasso di mortalità decennale del proprio comune accedendo al dataset libero pubblicato dagli autori dello studio.

Gli stili di vita

«Questi risultati non mettono in discussione, ovviamente, il fatto che uno stile di vita più sano aiuta a ridurre il rischio di cancro, così come non contestano gli sforzi per arrivare a comprendere le basi genetiche che possono favorire l’insorgere dei tumori — aggiunge Cazzolla Gatti —. I nostri risultati, però, ci danno buone ragioni per credere che vivere in un’area altamente inquinata può annullare i benefici che si ottengono con uno stile di vita sano e indurre lo sviluppo di tumori con una frequenza maggiore».

In Italia si contano ogni anno circa 400mila nuovi casi di tumori maligni, con una media annuale di decessi per tumore, secondo i Registri Oncologici Italiani, di circa tre morti ogni mille persone. L’analisi realizzata dagli studiosi ha mostrato, su scala nazionale e regionale, la rilevanza dell’ambiente rispetto ad altri fattori socio-economici e allo stile di vita sull’insorgenza dei tumori. Inoltre, è stato possibile determinare su scala provinciale quali potenziali fonti di inquinamento potrebbero causare un eccesso di mortalità per cancro rispetto alla media nazionale, fornendo anche un focus sui fattori ambientali che sono per lo più associati a specifici tipi di cancro.

Priorità alle cure e al risanamento ambientale

«In un’ottica di salute globale, secondo l’approccio noto come One Health, è ormai chiaro che la qualità della vita della nostra specie dipende strettamente da quella dell’ambiente in cui viviamo e dell’intero pianeta — spiega Cazzolla Gatti —. È necessario, allora, dare priorità non solo alla ricerca di cure per il cancro, ma anche alla riduzione e prevenzione della contaminazione ambientale: si tratta di azioni imprescindibili da mettere in atto nella difficile lotta contro l’insorgenza dei tumori. Solo se sapremo curare il nostro pianeta, potremo evitare di ammalarci».

Secondo lo studio, le regioni italiane con un tasso di mortalità per cancro relativamente alto sono caratterizzate da un grado di inquinamento relativamente elevato, nonostante registrino una frequenza relativamente bassa di fattori di norma associati al rischio di cancro (come sovrappeso e fumo, basso reddito, alto consumo di carne e basso consumo di frutta e verdura). Inoltre, su scala provinciale, per i tumori maligni e benigni in generale, e per 16 su 23 specifiche tipologie di cancro, sono emerse associazioni spaziali significative con alcune fonti di inquinamento (che spiegano più della metà dell’associazione tra ambiente e tumore), confermando che, nella maggior parte dei casi, l’esposizione a un ambiente contaminato incide notevolmente sulla mortalità per cancro in Italia.

«I dati mostrano buone, anche se preliminari, evidenze che un migliore stile di vita e una maggiore attenzione alle problematiche socio-economiche e sanitarie possono ridurre solo in parte il rischio di morire di cancro, se la qualità dell’ambiente viene sottovalutata — spiega Cazzolla Gatti —. Questo potrebbe spiegare il motivo per cui abbiamo osservato che le persone che vivono nelle regioni del Nord Italia (in particolare quelle situate nella Pianura Padana, tra la Lombardia e il Veneto, aree fortemente industrializzate), esposte a livelli di inquinamento ambientale molto elevati, mostrano un eccesso di mortalità per cancro significativo rispetto a chi vive nelle regioni centro-meridionali (ad eccezione di alcune località anch’esse molto inquinate, come la Terra dei Fuochi in Campania), anche se godono di una migliore salute, hanno reddito più elevato, consumano più alimenti di origine vegetale rispetto a quelli di origine animale, e hanno accesso più facile all’assistenza sanitaria».

L’intera banca dati decennale (2009-2018) sui tassi di mortalità per cancro messa a punto dagli studiosi, realizzata a partire dai registri Istat, è stata pubblicata con accesso libero: vengono prese in considerazione 23 macro-categorie tumorali in Italia su scala comunale, provinciale e regionale. «Vogliamo rendere facilmente accessibile una fonte di dati completa, aggiornata e pronta all’uso sullo stato della mortalità per cancro in Italia, perché possa essere consultata dagli enti interessati e dagli amministratori locali e nazionali, e per fornire ai ricercatori dati utili per realizzare ulteriori studi», aggiunge Cazzolla Gatti.

«Vorrei dedicare questo lungo e impegnativo studio — conclude Cazzolla Gatti — a mia cugina Nunzia, strappata recentemente alla vita da un tumore, nel fiore della sua giovinezza, e a tutti coloro che direttamente e indirettamente hanno avuto a che fare col cancro affinché le conoscenze scientifiche delle cause ambientali, sempre più conclamate, e non solo delle possibili cure, portino la nostra società ad un’attenta riflessione e gli amministratori locali, regionali e nazionali a rivedere le priorità in un Paese che dovrebbe mettere al primo posto la salute dell’ambiente e dei suoi cittadini, senza cedere al ricatto economico e del lavoro, che riempie più il corpo (di mortali veleni) che le tasche (di temporaneri guadagi)».

Lo studio è stato pubblicato in open access sulla rivista «Science of the Total Environment» con il titolo «The spatial association between envirnonmental pollution and long-term cancer mortality in Italy», mentre l’intero dataset è sulla rivista «Nature Scientific Data». Gli autori sono Roberto Cazzolla Gatti (Università di Bologna), Arianna Di Paola (Cnr, Istituto per la BioEconomia), Alfonso Monaco (Università degli Studi di Bari «Aldo Moro»), Alena Velichevskaya (Tomsk State University, Russia), Nicola Amoroso (Infn, Sezione di Bari), Roberto Bellotti (Università degli Studi di Bari «Aldo Moro»).

 

R. V. G.