Secondo i dati Ispra i danni in Puglia non sono così rilevanti quanto il racconto popolare fa intendere. In Italia «le aziende colpite con capi bovini sono risultate in media ogni anno 526,8 pari allo 0,33% di tutte quelle presenti sul territorio nazionale. Le aziende ovicaprine che hanno subìto danni sono state in media ogni anno 1.008,6 pari allo 0,7% del totale delle aziende ovicaprine registrate a livello nazionale
Il lupo cattivo non è poi tanto cattivo. Nel senso che fa il suo mestiere di predatore all’apice della catena alimentare e, poiché specie in notevole espansione in Italia come in Europa, la convivenza con la presenza di attività umane primarie e tradizionali come la pastorizia, non è sempre facile.
L’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) ha raccolto ed organizzato la stima dell’impatto delle predazioni da lupo in Italia sulle attività zootecniche con dati riferiti al periodo 2015-2019. In Italia, scrive Ispra, «le aziende colpite con capi bovini sono risultate in media ogni anno 526,8 (± 99,5 SD – SD = deviazione standard statistica ossia margine di errore statistico, N.d.R.), pari allo 0,33% di tutte quelle presenti sul territorio nazionale. Le aziende ovicaprine che hanno subìto danni sono state in media ogni anno 1.008,6 (± 194,8 SD), pari allo 0,7% del totale delle aziende ovicaprine registrate in Bdn (Banca dati nazionale dell’anagrafe zootecnica, N.d.R.) a livello nazionale.
Il numero di aziende vittime di danni da lupo ha subito un sensibile aumento nel corso del periodo di studio. Per gli allevamenti bovini tale cifra è passata dai 431 del 2015 ai 638 del 2019, con un aumento del 48% delle aziende danneggiate nell’arco di 5 anni […]. In modo analogo, il numero di allevamenti ovicaprini che abbiano subito almeno un evento di predazione è passato dagli 883 del 2015 ai 1.259 del 2019, con un aumento del 42,5% durante il periodo preso in analisi».
Si tratta di dati non particolarmente allarmanti, come si vede, certo spalmati sul territorio nazionale con situazioni differenti nei vari territori e che non contemplano le mancate denunce di predazione da lupi per svariati motivi, incluso l’elevato costo di corretto smaltimento delle carcasse a carico dell’allevatore.
La situazione in Puglia
«Per la Puglia, in riferimento al periodo 2015-2019 − si afferma nel report Ispra − sono stati forniti i dati relativi a 548 eventi di predazione, per una media di 137 (± 74,5 SD) eventi ogni anno. L’andamento temporale degli eventi di predazione a livello regionale ha mostrato un graduale aumento» partendo da zero nel 2015 per arrivare a 224 predazioni nel 2019 e, in quest’ultimo anno, 91 capi di bovini predati e 589 di ovicaprini. I capi predati nei cinque anni ammontano a 1.557 di cui 86,6% di ovicaprini e 13,4% di bovini. Nelle statistiche mancano del tutto gli equini.
Nello stesso periodo analizzato le aziende di allevamento bovino in Puglia sono diminuite dell’11,3% ma il numero di capi è rimasto sostanzialmente stabile aggirandosi in media attorno a 183.007 unità con 39,5 capi per azienda con un andamento in crescita nel tempo.
Le aziende di allevamento ovicaprino in Puglia sono diminuite del’84% durante il periodo 2015-2019 mentre il numero di capi è aumentato di oltre 30.000 unità con 68,7 capi per azienda.
La media di capi di bestiame predati in Puglia dai lupi in ognuno dei cinque anni considerati è di 389,4 (± 228,4 SD) unità. Per gli ovicaprini la media è stata di 337,2 capi predati all’anno (± 193 SD), mentre per i bovini la media è stata di 52 (± 35,4 SD) capi predati ogni anno. La spesa a carico della Regione Puglia per indennizzare gli allevatori è aumentata nel corso del periodo 2015-2019 passando da zero euro del 2015 a 404.120 euro del 2019 per una media di 101.030 euro (± 65.037 SD) all’anno. Le predazioni da lupi, in linea con i dati nazionali, appaiono concentrate nei mesi estivi con il picco nel mese di agosto.
Le predazioni da lupo nei parchi nazionali del Gargano e dell’Alta Murgia
Secondo i dati rilevati dall’Ispra, il parco nazionale del Gargano, esteso oltre 120.000 ettari, ha speso, nel periodo 2015-2019, 579.287 euro (con una media di 115.857 euro (± 63.207 SD) all’anno) per indennizzi agli allevatori colpiti da predazione del lupo per 3.716 capi di bestiame di cui l’85,3% di ovicaprini e 14,7% di bovini.
Il parco nazionale dell’Alta Murgia, esteso circa 68.000 ettari, nei cinque anni considerati da Ispra, ha speso 38.287 euro (in media 7.657 euro (± 3.297 SD) all’anno) a titolo di indennizzi agli allevatori per predazioni da lupo. I capi di bestiame predati sono stati 208 di cui il 97,1% ovicaprini ed il 2,9% bovini. Le predazioni hanno evidenziato un andamento crescente durante i mesi dell’anno, con un picco in particolare nel mese di ottobre.
Nell’Alta Murgia significativa riduzione del rischio
Per l’unica azienda bovina con danni accertati nel parco nazionale dell’Alta Murgia, i modelli di regressione hanno evidenziato un tasso di crescita annuo del numero di eventi di predazione attesi del -42%, corrispondente ad una forte riduzione del rischio. Ciò è dovuto al fatto che le predazioni da lupi sono avvenute nei primi tre anni presi in esame mentre nel 2018 e 2019 l’azienda non ha ricevuto attacchi. Per le 23 aziende ovicaprine prese in esame, il 39,1% ha evidenziato un aumento moderato del rischio di predazione, il 43,4% ha ottenuto una riduzione moderata del rischio ed il 17,4% delle aziende ha ottenuto una stima del tasso di crescita del rischio di predazione maggiore.
Quel che manca
All’importante e ben fatto report di Ispra mancano però alcuni dati importanti. Come, ad esempio, se e quanto il rischio predazione da lupi si riduce a fronte delle azioni di prevenzione adottate dalle aziende, come ad esempio l’efficace ripristino della presenza di cani da pastore effettuato dal parco nazionale dell’Alta Murgia a partire proprio dal 2015. Nel documento emerge che se la Regione Emilia-Romagna ha investito 1,4 milioni di euro per promozione di azioni di prevenzione (recinti e cani da pastore), la Puglia ha investito appena 295.000 euro per il monitoraggio di azioni di prevenzione non specificate. A quest’ultimo importo per la Puglia bisogna aggiungere l’investimento di 10 milioni di euro della sottomisura 4.4.B del Programma di Sviluppo Rurale 2014-2020 per la quale è stato pubblicato un solo bando i cui beneficiari, però, utilizzeranno i fondi soprattutto per rimettere in piedi muretti a secco.
Fabio Modesti