Nelle città è il nodo inquinamento

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Le città sono il problema, ma anche la possibile soluzione degli accordi di Parigi (dicembre 2015) dove i rappresentanti di 197 Stati si impegnarono a fare di tutto per bloccare l’aumento delle temperature terrestri perché non super 1,5 gradi centigradi. Sono problema e soluzione perché è qui che si è inurbata e va inurbandosi la popolazione terrestre ed è da qui che vanno gettate le basi per risolvere il problema entro fine secolo

La mobilità di persone e cose è un’esigenza sempre più sentita nel «villaggio globale» Terra. E per i modi e con i mezzi con cui persone e cose sono trasportate è anche una delle maggiori cause di inquinamento atmosferico. Con particolare riguardo alla emissione in atmosfera di gas serra.

Con questo punto di partenza e considerando che i mezzi di trasporto terrestri, marittimi e aerei con sempre maggiore aggiunta di quelli spaziali, non hanno ancora definitive alternative nelle fonti di energia attualmente utilizzate, è realistico ritenere che ancora per tempi non brevissimi la alimentazione dei motori che consentono il movimento avverrà con combustibili fossili.

Gli obiettivi da raggiungere sono dunque due: intanto che le tecnologie in fase di studio diventino realtà concreta, occorre abbattere il più possibile la nocività delle emissioni. E poiché le maggiori fonti di emissioni (quelle terrestri soprattutto) hanno le città come punto di partenza e di movimento è qui che bisogna soprattutto puntare per un futuro «green» dei trasporti.

Dalle città le quali anche, quando non soprattutto, è proprio per i problemi legati alla circolazione automobilistica e ai mezzi a motore in genere, che sono le maggiori fabbriche di inquinamento.

Con questo obiettivo cento città dell’Unione europea partecipano alla «Missione di Horizon Europe» che si propone di arrivare alla decarbonizzazione entro il 2030. Questa «missione» è una delle cinque che la Unione europea ha affidato ad Horizon Europe. Una di queste si propone, appunto, di promuovere «100 città intelligenti e a impatto zero sul clima entro il decennio». Quella che mi sembra una particolare novità è che le città selezionate provvederanno alla stesura di «Climate City Contracts» con il coinvolgimento dei cittadini. Coinvolgimento che significa che i cittadini devono diventare protagonisti attivi del cambiamento: assumendo la responsabilità di comportamenti dannosi e concordando con gli amministratori delle città le soluzioni più utili.

Per l’Italia vi fanno parte: Bergamo, Bologna, Firenze, Milano, Padova, Parma, Prato, Roma e Torino. Tutte città, tranne Roma, dell’Italia settentrionale che in otto anni dovrebbero azzerare le emissioni di gas serra e che, peraltro, sono ancora piuttosto arretrate e distanti dalla meta. Anche se, come ha dichiarato l’ex ministro Enrico Giovannini, «Le risorse di bilancio ordinario e della politica europea di coesione rappresentano un’occasione unica non solo per realizzare investimenti diretti nei settori più rilevanti in termini di emissioni, ma anche per stimolare la crescita economica e occupazione, così da generare uno sviluppo sostenibile da tutti i punti di vista».

Facendo cosa? Innanzitutto con una politica dei trasporti che per un futuro che è già oggi, incentivi al massimo l’uso dei mezzi pubblici e su ferro e utilizzi bus esclusivamente elettrici.

A me pare che partendo da una diffusa arretratezza sarà molto difficile che le nove città italiane raggiungano questo risultato in otto anni, ma è importante che procedano con la rapidità necessaria ad avvicinarsi il più possibile a questo obiettivo. Né solo quelle nove, naturalmente. Anzi, proprio partendo dai propositi della «missione» di Horizon Europe, quell’obiettivo dovrebbe diventare la base di una nazionale programmazione dei trasporti urbani.

A Copenaghen sono molto più avanti dal momento che, come dichiara il suo Sindaco Sophie Haerstorp Andersen, dal 2010 sono riusciti ad abbattere dell’80 per cento la produzione di gas serra.

Insomma bisogna muoversi in fretta, è il caso di dire parlando di trasporti. Le città sono il problema, ma anche la possibile soluzione degli accordi di Parigi (dicembre 2015) dove i rappresentanti di 197 Stati si impegnarono a fare di tutto per bloccare l’aumento delle temperature terrestri perché non super 1,5 gradi centigradi. Sono problema e soluzione perché è qui che si è inurbata e va inurbandosi la popolazione terrestre ed è da qui che vanno gettate le basi per risolvere il problema entro fine secolo.

«Elettrificare il trasporto pubblico, ridurre il trasporto privato, puntare sulle comunità energetiche e sulle aree verdi con 700mila nuovi alberi» sono le linee guida dell’Ipcc (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico). Cioè quel foro scientifico formato nel 1988 da due organismi delle Nazioni Unite, l’Organizzazione meteorologica mondiale e il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente allo scopo di studiare il riscaldamento globale.

Come si vede anche questo ampio gruppo di scienziati che da anni lancia allarmati e allarmanti avvertimenti sui rischi legati alle cause e alle conseguenze del mutamento climatico non fermato per tempo; anche questo gruppo di scienziati, dicevo, batte molto sull’importanza di intervenire sui trasporti urbani.

E l’Italia? Se c’è batta un colpo.

 

Ugo Leone