Quell’eolico è la classica goccia…

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Quella strana motivazione della Soprintendenza al paesaggio di Potenza. La torre eolica da 850 chilowatt dovrebbe sorgere in una zona già piena di torri eoliche da mini eolico (13 impianti realizzati e 7 autorizzati ma non ancora realizzati), quest’ultima torre oggetto del contenzioso, è stata proposta nella stessa zona oggi intasata dove la stessa Soprintendenza non ha eccepito nulla

Che impatto paesaggistico può avere mai una torre eolica da neanche un megawatt? Ce l’ha eccome, risponde la Soprintendenza al paesaggio di Potenza, assieme alla Regione Basilicata con il Comitato tecnico regionale per l’ambiente, e lo ha confermato anche il Tar Basilicata. La questione arriva così al Consiglio di Stato che ha ribaltato, con una recente sentenza, quel che ha detto il Tar.

La torre eolica da 850 chilowatt dovrebbe sorgere in una zona attorno a Potenza già piena di torri eoliche da mini eolico (13 impianti realizzati e 7 autorizzati ma non ancora realizzati). Quest’ultima torre alta 112 metri ed oggetto del contenzioso, è stata proposta nella stessa zona oggi intasata, come detto, dalle altre torri per le quali, però, la stessa Soprintendenza non ha eccepito nulla. Infatti, nel suo parere, la Soprintendenza lucana afferma che la torre eolica proposta «si inserisce in un contesto contraddistinto da mini eolico di altezza variabile […], all’interno di un’area di collegamento archeologico di Serra di Vaglio (accessibili al pubblico) e del sito archeologico di Cozzo Rivisco (a circa 3 Km). La proposta progettuale si mostra incoerente con il contesto per le dimensioni fuori proporzione dell’aerogeneratore rispetto al mini-eolico presente nell’area di analisi e, dunque, si ritiene che non si inserisca in modo armonico nel paesaggio. Dall’analisi visiva, che tiene conto della compresenza di più impianti, deriva effetto tale che l’aerogeneratore costituirebbe polo di attrazione in contrasto con il paesaggio eolico attuale, andando quindi a deturpare la vista su quanto percepibile visivamente dai suddetti recettori sensibili». Segue poi la descrizione dell’area archeologica.

Il difetto di motivazione e di istruttoria

Ma il Consiglio di Stato, IV Sezione, «è dell’avviso che le doglianze di parte appellante siano fondate con specifico riferimento al dedotto difetto di motivazione e di istruttoria». Ancora una volta, i giudici di Palazzo Spada evidenziano le carenze motivazionali di un atto di diniego da parte di una Soprintendenza. Infatti, sostengono i giudici amministrativi che «in una situazione di fatto così connotata l’aggravamento dell’effetto “selva” andava motivato in concreto, tenuto conto che si tratta di un solo aerogeneratore che si inserisce in un contesto che vede non solo la presenza di 20 impianti (13 già realizzati e 7 autorizzati) ma anche di altri parchi eolici limitrofi e prossimi alle zone archeologiche (secondo quanto evincibile dalle perizia di parte in atti) sicché il valore marginale in termini di potenziale pregiudizio paesaggistico è oggettivamente ridotto e, come tale, andava puntualmente giustificato in relazione alle caratteristiche dei luoghi».

La Soprintendenza non può fermarsi ad «una valutazione una volta per tutte, che prescinda dalla congrua analisi del caso concreto perché può rappresentare una non consentita “irragionevole limitazione” alla installazione di un impianto di produzione di energie alternative […] e non sembra neppure conforme alle Linee guida, per le quali l’eventuale preesistenza di altri impianti eolici nello stesso territorio non è di per sé ostativa all’installazione di un nuovo analogo impianto, benché di essa occorra tener conto». Né è apparsa accoglibile ai giudici la motivazione per la quale una modifica al progetto (con riduzione dell’altezza della torre) dovesse richiedere una formalizzazione perché ben poteva essere esaminata in sede di conferenza dei servizi ed adottata come prescrizione.

La contraddittorietà dei pareri

Infine, sostengono i giudici di Palazzo Spada, com’è possibile che la Soprintendenza abbia espresso parere negativo sulla torre da mini eolico in questione se sulla stessa particella nel 2015 «[…] detta autorità ha invece assentito l’istallazione di un aerogeneratore di potenza maggiore (999 KW in luogo di 850 KW), come affermato dalla appellante e comprovato»? Doveva essere onere della Soprintendenza, afferma ancora il Consiglio di Stato, «prospettare la presenza di circostanze in fatto idonee a giustificare il diverso giudizio tecnico reso sia in punto di possibile impatto visivo sui limitrofi siti archeologici e sul contesto paesaggistico che con riferimento al carattere sensibile del sito, peraltro pacificamente non gravato da vincolo diretto o indiretto. Inoltre, quanto all’impatto visivo, la notevole distanza dai siti archeologici limitrofi, di gran lunga superiore a quella prescritta per il grande eolico dal DM 10.9.2010 (cfr. perizia di parte in atti), induce a ritenere implausibile la sussistenza di profili di pregiudizio, conformemente al parere positivo reso nel 2015, come peraltro comprovato dalla documentazione fotografica contenuta nella perizia di parte appellante depositata in giudizio».

Ancora una volta, quindi, la scarsa motivazione e la contraddittorietà dei pareri paesaggistici, resi in atti di diniego all’installazione di impianti energetici da fonti rinnovabili, determina una sorta di eterogenesi dei fini per la quale chi ne fa le spese è la corretta tutela del paesaggio. Meditate, Soprintendenze, meditate.

 

Fabio Modesti