La modifica dell’articolo 19 della legge sulla tutela della fauna omeoterma e per l’esercizio dell’attività venatoria consente il controllo della fauna selvatica da parte di cacciatori anche in aree protette e nelle città con possibile avvio alla filiera alimentare
Nella gran gazzarra seguita all’approvazione dell’emendamento che modifica l’articolo 19 della legge sulla tutela della fauna omeoterma e per l’esercizio dell’attività venatoria (la Legge n. 157/1992), consentendo il controllo della fauna selvatica da parte di cacciatori anche in aree protette e nelle città con possibile avvio alla filiera alimentare, è forse sfuggito qualche elemento di riflessione.
Il primo è che l’articolo modificato esordisce con una disposizione che sembra ovvia ma non lo è: le Regioni e le Province autonome possono vietare «o ridurre per periodi prestabiliti» la caccia alle specie cacciabili «per importanti e motivate ragioni connesse alla consistenza faunistica o per sopravvenute particolari condizioni ambientali, stagionali o climatiche o per malattie o altre calamità». La cosa non è di poco conto se si pensa che, ad esempio la scorsa estate, diverse associazioni protezionistiche hanno chiesto al Presidente della Regione Puglia, così come ad altri Presidenti di Regione, di procrastinare l’avvio dell’attività venatoria e di non consentire la preapertura a determinate specie dal 1° settembre a causa della notevole siccità verificatasi. Ma si sono opposte orecchie da mercante motivando anche con l’assenza di una norma chiara che desse la potestà di farlo. Ora la norma c’è e sembra abbastanza chiara.
Cui prodest?
Il secondo elemento di riflessione è che l’emendamento approvato in Commissione Bilancio della Camera ed ora all’esame dell’Aula, è pasticciato e scritto male. Provvedere al controllo della fauna selvatica «anche nelle zone vietate alla caccia, comprese le aree protette e le aree urbane, anche nei giorni di silenzio venatorio e nei periodi di divieto» e poi disporre che «qualora i metodi di controllo impiegati si rivelino inefficaci, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono autorizzare, sentito l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, piani di controllo numerico mediante abbattimento o cattura», appare una norma quasi inutile. Infatti, le finalità alla base di queste attività sono «la tutela della biodiversità, la migliore gestione del patrimonio zootecnico, la tutela del suolo, per motivi sanitari, la selezione biologica, la tutela del patrimonio storico-artistico, per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali e ittiche e per la tutela della pubblica incolumità e della sicurezza stradale».
Ora, riguardo alla tutela della biodiversità nelle aree protette esiste già una norma che consente i prelievi di fauna selvatica per ricomporre eventuali squilibri ecologici. Poi, al di là della finalità della «selezione biologica» veramente difficile da interpretare, per quanto riguarda i motivi sanitari esiste già una corposa disciplina che consente di intervenire con piani specifici di abbattimento (ad esempio per la peste suina africana o per l’influenza aviaria). Restano la tutela delle produzioni agricole e zootecniche, della pubblica incolumità e della sicurezza stradale. Per queste attività si consentirebbe il «controllo» della fauna selvatica cacciabile che, nelle aree protette (parchi e riserve naturali nazionali e regionali), si dovrebbe effettuare «con metodi ecologici», cioè sostanzialmente senza disturbo alla fauna, quindi senza sparo.
La vera novità normativa
E qui interviene la vera novità normativa. Infatti, se i «metodi ecologici» non dovessero risultare efficaci, si può ricorrere all’abbattimento mediante lo sparo e «le attività di controllo di cui al presente comma non costituiscono attività venatoria». Forse è proprio questo uno degli obiettivi della norma. Non sono stati pochi i casi in cui le Procure della Repubblica abbiano ritenuto l’attività di caccia di selezione in aree protette «attività venatoria» vietata dalla legge quadro in materia, perseguendo penalmente chi l’ha consentita. Con l’emendamento proposto ed approvato in Commissione Bilancio della Camera e che, verosimilmente, diventerà legge vigente dal 1° gennaio prossimo, questo rischio non dovrebbe più sussistere. E le prime reazioni positive, oltre che del mondo venatorio, anche da parte di alcuni gestori di aree protette, sembra confermare questa lettura.
Fabio Modesti