I falsi moralismi di chi fa finta di non vedere, condannando il Pianeta al collasso. Perché si è costretti ad azioni sempre più estreme e spesso incomprensibili per tanti
Sarà che sono stanco di leggere commenti da bar, in social peggiori dei più squallidi bar, in cui leoni da tastiera e borghesi benpensanti si scagliano senza peccato contro «i vastasi che lanciano zuppe sulle opere d’arte» (che poi molti passeggiatori della domenica quei quadri non sono mai nemmeno andati a vederli).
Sarà che non ne posso più di ministri, viceministri, segretari e tanti altri nullafacenti della politica che con tanto di fiamma tricolore alle loro spalle (forse nostalgici di un tempo che di ambiente non aveva modo di occuparsi perché dai camini usciva fumo umano) attaccano giovani attiviste e attivisti chiedendo loro di trovare soluzioni ai problemi evidenziati con «atti vandalici», andando in giro con portaborse con valigette piene di soldi che tutti noi cittadini paghiamo affinché si occupino, i parlamentari sì, dei problemi del paese e del mondo intero.
Sarà che ogni volta che sento un ultrasessantenne pronunciare l’aggettivo «gretini», come azione non violenta, vorrei spaccargli in testa l’ultima tanica di benzina che ha rifornito il suo Suv (perché se ce l’ha piccolo non gli piace, se è elettrico non fa brum brum, se non sa di gasolio le batterie non sono ecologiche, etc. etc.).
Sarà che quando sento un giornalista pagato dal «regime» (e sì, non sarà la Russia del dittatore folle, ma qualche dubbio ti viene passando dal quarto canale) o un senatore col lauto stipendio versato da noi tutti (e sì, non saranno ricchi come i sauditi, ma non bastandogli il vitalizio di affari con gli arabi ne fanno in molti) chiedere a un manifestante come pensa di risolvere la crisi climatica se per produrre un pannello solare si inquina più del bruciare carbone. A quel punto, sempre pacificamente, avrei voglia di riprendere i libri delle elementari e lanciarglieli addosso affinché ricomincino da dove hanno interrotto e capiscano, finalmente, che il termine «energia rinnovabile» significa qualcosa e va considerato se si valuta la sostenibilità a lungo termine di una fonte non fossile; detto semplice per il politico troliglotta: carbone, petrolio e gas si consumano, sole e vento non si consumano!
Sarà che in questa devastante epoca del tuttologismo e della disinformazione chi dovrebbe dare risposte fa le domande e chi dovrebbe fare le domande è voltato dall’altra parte, a mani giunte verso le multinazionali del momento (che poi, alla fine, prendono molte più decisioni dei governi, a loro vantaggio ovviamente).
Sarà che coloro che appartengono alle precedenti generazioni ancora in vita su questo pianeta, che sono la causa unica e sola del degrado ecologico e climatico che viviamo oramai quotidianamente tra distruzione di interi ecosistemi (in Europa restano ormai solo una manciata di foreste vetuste) ed estinzioni all’ordine del giorno (circa 20 specie estinte solo nel 2022), temperature folli (quasi 20°C nel natale di Parigi e Londra), fenomeni meteorologici estremi (come le recenti alluvioni nelle Marche e a Ischia), montagne senza neve (è il caso di dire addio allo sci in Appennino?), ghiacciai senza ghiaccio (la Marmolada che se ne va) e chi più ne ha ne metta, si permettono di giudicare, aggredire verbalmente (e non solo), interrogare e, persino, far arrestare i rappresentanti dell’unica, ultima generazione che sta cercando di fare il possibile per attirare l’attenzione pubblica e dei governi sul disastro a cui siamo già arrivati.
«Sarà che la mia terra lentamente smette di respirare, sarà che si avvicina il tempo di morire, sarà che non mi piace il gioco del potere, ma tutto questo mio mondo è a un passo dal crollare», come canta La Rappresentante di Lista.
Allora basta perbenismo, falso moralismo, nazifascismo. Basta incolpare di vandalismo chi spruzza vernici lavabili per far capire al mondo che non c’è più tempo e che i veri vandali, spesso seduti a poltrire nei palazzi di governo, stanno facendo il gioco di chi dalla nostra, unica, sola e maltrattata Terra vuole fondamentalmente trarre profitto nell’immediato ed avendolo fatto, ormai, per oltre un secolo ci ha trascinato sull’orlo del baratro. «Un atto gravissimo imbrattare il Senato» e poi seppelliscono rifiuti pericolosi dove coltivano le arance. «Una vergogna la zuppa su un Van Gogh» e poi finanziano le compagnie petrolifere con sussidi che rischiano di far squagliare qualunque vernice dalle tele. «Uno scandalo questi rave party» e poi bloccano qualunque forma di disobbedienza civile. «Un’invasione questi cinghiali» e poi approvano l’ammazzatutto ciò che è selvatico, a prescindere. «Il messaggio è giusto, ma la modalità è sbagliata» sentenzia l’economista di turno o l’onorevole in in giacca di lusso. E sì perché continuando con volantini e marce si è ottenuto molto negli ultimi anni, vero? Aveva ragione il filosofo Thomas Kuhn che le rivoluzioni (non solo scientifiche) sono conseguenze di crisi. E allora ecco che per essere ascoltati, per finire sui giornali, per far sì che se ne parli (finalmente, dopo almeno tre decenni in cui abbiamo provato a spiegarlo a chi doveva prendere decisioni importanti prima che fosse troppo tardi) è necessaria l’azione eclatante. La rivoluzione. Non violenta, assolutamente. Ce l’ha insegnato Gandhi sebbene il Che non ne fosse convinto del tutto. E nemmeno dannosa, perché se bastano spugne e acqua a rimuovere un po’ di zuppa o vernice, ma servono secoli per degradare il petrolio disperso in mare o riassorbire la CO2 emessa dall’industria, forse è il caso di finirla con l’ipocrisia e il qualunquismo che serve solo a tirare avanti fino alle prossime elezioni. È vero, l’azione di disturbo colpisce prima di tutto la gente comune. Ma se manifestano gli operai dell’Ilva per avere maggiori tutele (e ne hanno tutto il diritto, come quella di continuare a lavorare, ma per un’azienda che non inquina da decenni le loro famiglie e l’intero territorio a forza di condoni, cambi di gestione e sostegni governativi), perché non possono manifestare i rappresentati di un’ultima generazione che non rischia solo di perdere il lavoro, ma il futuro (anzi, il presente stesso) della vita?! Così, per ridurre le polemiche del cittadino superficiale, si lasciano da parte i blocchi stradali e si attira l’attenzione sui musei. Ma non va ancora bene, perché l’arte è sacra.
Verissimo, ma se nessun essere umano sarà più in grado di ammirarla cosa ce ne facciamo? E se poi imbratti i palazzi di potere, lì si che questo governo tutto formato da politici dalla fedina penale candida come una rosa bianca che cresce nella perenne cappa di smog della Pianura Padana, l’area più inquinata d’Europa (osannata come il motore, non catalizzato, d’Italia dalle leghe del settentrione che raccattano voti anche «tra i terroni che puzzano tanto da far scappare anche i cani»), ti processano con sorveglianza speciale antimafia manco fossi Totò Riina o l’onorevolissimo Giulio Andreotti (maestro della generazione di parlamentari che ha preceduto quelli che ora governano scandalizzandosi dei «giovani vandali», condannato dalla Corte d’Appello di Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa) o i tanti che per anni se la sono scansata con l’immunità parlamentare.
Smettiamola, una volta per tutte! Questi giovani hanno profondamente ragione e tutti noi, scienziati, operai, giornalisti, cittadini dovremmo essere lì con loro a protestare affinché i politici facciano qualcosa di immediato e serio (e non con ridicole «transizioni ecologiche» che sono solo un modo per prendere altro tempo e in giro la gente; è finita l’epoca della transizione, anzi l’abbiamo mancata, ora ci servono azioni istantanee ed efficaci).
Per evitare che questi attivisti motivati, forse idealisti (ma non preoccupatevi ragazzi, dicevano anche a me «ora la pensi così perché hai 18 anni, ma poi crescendo la vita…» e vi posso assicurare che a distanza di un ventennio la penso ancora così), coraggiosi (rischiano di essere schiacciati da imbecilli guidatori di Suv o il carcere e i trattamenti riservati ai mafiosi pur di proteggere il pianeta di tutti) e concreti (perché fa molto più una zuppa sui girasoli di un like a una petizione online) siano ancora costretti ad attirare l’attenzione sul problema più importante e urgente della nostra epoca, ovvero evitare che la vita sulla Terra, per come la conosciamo oggi, collassi da un momento all’altro, attiriamola tutti l’attenzione ovunque siamo, su qualunque social, sulla stampa, nei luoghi di lavoro, con gli amici e pesino al supermercato. Facciamo capire alla politica che non si tratta di una decina di ragazzini fomentati, di gretini, di adolescenti nullafacenti, che siamo con loro e siamo tanti perché è una battaglia giusta, la più giusta che ci sia, anche a costo di far sobbalzare la signora in pellicciotto che si chiede cosa si faccia in quel Palazzo Madama imbrattato, con i biglietti per la prima de La Scala in mano, o sconvolgere l’altezzoso signore incravattato che legge la notizia (anzi solo il titolo su uno dei tanti siti complottisti di Facebook) di fagioli sui Muri del Museo del Novecento, che poi sto Novecento non sa manco bene cosa sia, pur essendoci nato.
L’ultima generazione non è solo quella di questi giovani ai quali dobbiamo mostrare tutto il nostro rispetto per ciò che cercano di far capire a un mondo di stolti che per decenni hanno voltato lo sguardo. L’ultima generazione è anche quella di coloro che di questi ragazzi sono madri, padri, nonne, nonni, parenti, amici e anche semplici conoscenti, ovvero di tutti noi, responsabili direttamente o indirettamente, chi più chi meno, dello sfacelo che oggi, a tutti i costi, cercano di fermare. Sono dalla vostra parte e lotterò con voi affinché non siate l’ultima generazione di esseri umani ad aver conosciuto la meravigliosa bellezza di questa Terra.
Roberto Cazzolla Gatti, Professore di Biologia della Conservazione, Università di Bologna