Esaminate le conseguenze di impianti eolici e piattaforme per la prospezione di gas o di petrolio di fronte alla Puglia. Una zona sensibile chiamata il canyon di Bari. Il giallo per uno studio e un comunicato stampa che dà solo l’allarme
Una cortina di ferro al largo delle coste adriatiche pugliesi. Questo sarà il prossimo futuro, abbastanza prossimo, determinato dalle migliaia di torri eoliche che potrebbero essere installate dalla testa del Gargano fino al capo di Leuca. Eppure la Regione Puglia sembra essere assillata soltanto dalla possibilità che nel basso Adriatico vengano realizzate piattaforme per la prospezione di gas o di petrolio. Per questo è stato predisposto un dossier, introvabile perché ad oggi non pubblico né pubblicato, le cui conclusioni «estremamente preoccupanti» sono state riportate in un comunicato stampa.
Non altrettanto zelo si manifesta, invece, nella valutazione dei rischi e degli impatti ambientali che gli almeno 15 impianti eolici off-shore proposti determinerebbero sugli ecosistemi marini. Si tratta all’incirca di un impianto ogni 30 chilometri con sistemazione per file successive e con distanze dalla costa variabile, fino alle 12 miglia. Per ora oltre 600 torri alte tra i 140 ed i 200 metri con rotori da 111 metri in su, in relazione all’altezza della torre. Una vera e propria cortina di ferro (in realtà di acciaio e di carbonio, di terre rare e metalli critici, con quantità enormi di lubrificanti ed altri inquinanti) che taglierà in due longitudinalmente l’Adriatico. Le procedure autorizzative degli impianti off-shore sono di competenza del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ed a mare non agiscono le tutele del Piano paesaggistico pugliese, unico strumento, per ora ed in assenza del Piano energetico regionale, in grado di contrastare l’ondata di rinnovabili dovunque e comunque.
Restrizioni per la pesca a strascico
Ma una tutela è stata adottata a fine febbraio per il mare al largo delle coste di Bari con decreto del ministero dell’Agricoltura. Sono state poste, fino al 31 dicembre 2026, restrizioni severe alla pesca a strascico in un’area marina di circa 1.000 chilometri quadrati da Torre a Mare (Bari sud) a Monopoli (suddivisa in zona A, con restrizioni maggiori, di 316 kmq e zona B di 628 kmq, con restrizioni meno intense). Il decreto ministeriale si è reso necessario per tutelare il cosiddetto «canyon di Bari» (a circa 14 miglia nautiche dalla costa, 40 km dal capoluogo) e «per la protezione degli ecosistemi marini vulnerabili, inclusi, a titolo esemplificativo ma non esaustivo, vivaio e aree di riproduzione». Le misure di tutela agiscono ad una distanza dalla costa tra le 10 e le 21 miglia marine.
Il canyon di Bari
La rilevanza ecologica del canyon di Bari è stata evidenziata in numerosi articoli scientifici a firma, in particolare, di alcuni docenti e ricercatori del Dipartimento di Bioscienze, Biotecnologie e Ambiente (Dbba) dell’Università di Bari tra cui Gianfranco D’Onghia, Francesco Mastrototaro e Giovanni Chimienti. «Il canyon di Bari — affermano i ricercatori — rappresenta un buon esempio nel Mar Mediterraneo poiché ospita numerose specie in via di estinzione ed organismi mega e macro-bentonici come cnidari [meduse ma anche coralli ed anemoni di mare, N.d.R.] e spugne».
Inoltre agisce come zona di riproduzione per lo scorfano e l’orata e rappresenta un habitat ittico essenziale per diverse specie commerciali come il nasello europeo, il grongo europeo, lo scorfano dal ventre nero ed il gattuccio. Infine il canyon di Bari è di notevole rilevanza ecologica perché sono state individuate aree di vivaio permanenti per il nasello europeo e per il gambero rosa di acque profonde.
E gli impianti eolici
Sembrerebbe di capire che la realizzazione degli impianti eolici off-shore proposti davanti alle coste adriatiche pugliesi, ed in particolare quelli davanti alle coste del capoluogo regionale, possano andare a confliggere con gli ecosistemi marini del canyon di Bari e con la superficie marina tutelata dal decreto del ministero dell’Agricoltura. Ossia, si impongono giuste restrizioni alla pesca a strascico ed anche amatoriale per preservare habitat sottomarini e stock ittici mentre si rischia di vederli compromessi dagli impianti eolici a mare con tutto il loro carico di fasi di cantiere e di cavidotti. D’altra parte la cautela e l’applicazione del principio di precauzione, che comprende anche l’obbligo di valutazione cumulativa degli impatti ambientali e delle interferenze ecologiche degli impianti proposti, è stato richiamato dalla stessa Commissione Ue in un documento pubblicato a novembre del 2020 di cui abbiamo tempestivamente dato conto. Ed ancora la Direzione generale ambiente della Commissione Ue ha pubblicato tre anni fa (ce ne siamo occupati in quest’articolo) un documento sull’impatto dei cavidotti a servizio degli impianti eolici off-shore su alcune specie ittiche con risultati non tranquillizzanti.
Fabio Modesti