Una situazione nuova che smarrisce gli abitanti di uno spicchio di terra che sta tra Lombardia, Piemonte, Liguria ed Emilia. Una situazione che angoscia soprattutto perché non ci sono riferimenti storici da cui attingere
Ma hai visto? Il Comune dice che non possiamo riempire le piscine, perché non c’è acqua. Ma dai, qui c’è sempre stata l’acqua…
Lo sguardo è stupito, di chi proprio non ci crede che in questo spicchio di terra tra Piemonte e Liguria, non ci sia più acqua. Da due anni.
Non ci credono che a marzo ci siano già le ordinanze per limitare l’uso non indispensabile dell’acqua. Ad aprile c’è stata l’ordinanza che vieta di riempire le piscine fuori terra e quelle che non hanno il ricircolo e la filtrazione dell’acqua.
Questi sono posti appoggiati tra colli e piccoli rivoli d’acqua in superficie, che negli anni, nei secoli hanno con le piene improvvise cambiato la faccia di borghi costruiti su piccole balze che si sperava fossero sufficienti a ripararli da quel rischio.
Qui ci sono paesi che si chiamano Alluvione Piòvera o Alluvione Cambiò.
Da sempre qui c’è stata acqua. Sotto scorre di tutto. I pozzi pescavano a circa due metri, adesso arrivano a 7 metri.
Un detto locale dice «sotto la neve pane, sotto la sorgente il vino».
Questo è uno spicchio di terra che sta tra Lombardia, Piemonte, Liguria ed Emilia, ormai quasi disabitati, perché sono faticosi e lontani dai centri commerciali.
Nel gergo locale si chiama le 5 Valli, tre che corrono verso la pianura Padana e due che vanno una in Liguria e l’altra nel Piacentino.
Ci sono luoghi contesi per secoli tra le famiglie nobiliari liguri e lombarde e piemontesi.
I confini veri erano le vie del Sale, percorse dalla Liguria verso il nord.
L’arrivo del sale e dei prodotti conservati con il sale era strettamente legato alle stagioni.
Il sale è stato preziosa moneta di scambio e ha fatto la faccia di questo territorio, portando soldi e poi possidenti che sfruttavano una terra ricca di acqua.
Questa terra è sempre stata terra che non aveva sete
Questa è sempre stata una terra di vini, non pregiati come i langaroli, ma buoni e strani, di allevamenti di carne e di orti.
Tra i vini spicca il Timorasso, fratello nobile del Cortese e del Gavi. Vini bianchi che non temono confronti.
Ma il Timorasso è l’unico adatto a queste terre, ha radici lunghe, non patisce il gelo ma il caldo, detesta il vento, vuole terra ricca ma compatta. E bagnata.
Adesso i vignaioli hanno facce preoccupate, fanno buchi per vedere a che profondità la terra è bagnata e il bastone deve scendere sempre più in basso.
Dopo la batosta della stagione passata, i contadini hanno cambiato semine, scovando semi di grano, di orzo e di mais che sappiano reggere la situazione sempre peggiore.
Ma sono le distese di orti quelle che patiscono di più. Come le fai le zucchine e l’insalata senza acqua per irrigare? E L’aglio, le cipolle, le patate, le zucche e i cavoli? Anche loro chiamano acqua.
E poi ci sono i cinghiali e la peste suina che ha causato l’abbattimento di piccoli allevamenti semi bradi dei maiali di razza locale.
Anche per gli allevatori di bovini e di ovini non va meglio e lo stesso vale per chi tira su galline ovaiole.
Sui colli l’agricoltura è ancora familiare, legata alle abitudini tramandate.
Qui non sono abituati ala siccità, ma alle alluvioni.
Qui non immagino che la terra che si asciuga in profondità mina anche le case, perché cambia il terreno su cui sono appoggiate. Si aprono crepe nei muri e si scardinano le finestre, riparare son soldi che nessuno immaginava di spendere.
La regione sta stanziando da febbraio fondi per la tutela delle colture pregiate, come il riso e alcuni vigneti. Unico intervento strutturale è il finanziamento delle cisterne per il recupero dell’acqua piovana.
Bene, bello, ma se non piove?
Qui la gente guarda con spavento le fioriture degli alberi da frutto, anche per loro ci vuole acqua.
Il secondo anno di siccità gli fa paura. Traggono auspici terribili dal non aver trovato il songino selvatico da mangiare a pasqua con le prime uova delle galline giovani.
Non sanno che trucchi mettere in piedi per affrontare tutto questo.
La siccità e il caldo li spaventano, non li capiscono, non hanno ricordi antichi a cui attingere.
Ne hanno solo paura.
In Piemonte l’emergenza idrica è stata dichiarata già a febbraio scorso.
Da tre anni in qua la perdita complessiva di precipitazioni supera il 45%.
Le temperature sempre più alte sono una costante da ancora più anni.
La sorgente del Po, alle radici del Monviso è in secca da tre anni.
Tutti i dati li trovate a questo link, da cui potrete accedere al PdF del rapporto completo dell’Arpa.
Iaia Deambrogi