Riassetto urbano e Via, perché Bari fa eccezione?

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֎Il caso austriaco richiama la decisione barese di escludere dalla Via l’area destinata alla realizzazione del nuovo Palazzo di Giustizia (o Polo giudiziario)֎

La questione non è semplice anche perché in un’Unione europea a 27 Stati, applicare una Direttiva dell’Unione non è facile. I tentativi da parte degli Stati membri di sgattaiolare dai pertugi offerti dalle unionali, necessariamente ampie per definire principî e poi lasciare agli Stati la libera, ma non anarchica, trasposizione nei rispettivi ordinamenti giuridici, c’è sempre.

Questa volta è toccato all’Austria, destinataria della sentenza della Corte di Giustizia Ue del 25 maggio scorso (che ha recepito sostanzialmente le richieste dell’Avvocato generale Collins del novembre 2022) relativa all’applicabilità della procedura di Valutazione di impatto ambientale (Via – Direttiva 2011/92/UE) anche a progetti di «riassetto urbano» che potrebbero essere esclusi da quest’ultima in base, appunto, a norme nazionali in materia. Dice la Corte di Giustizia che «la direttiva osta ad una normativa nazionale che subordina la realizzazione di una valutazione dell’impatto ambientale di “progetti di riassetto urbano”, come quelli di cui trattasi, al superamento di soglie di occupazione di una superficie di almeno 15 ettari e di superficie lorda pavimentata superiore a 150.000 m²», così come prevede la normativa nazionale austriaca.

La valutazione al di là delle soglie dimensionali

La Corte con sede a Lussemburgo ha statuito anche che «[…] se uno Stato membro ricorre a soglie limite per valutare la necessità di procedere a una valutazione dell’impatto ambientale, è necessario prendere in considerazione elementi quali l’ubicazione dei progetti, ad esempio fissando più soglie corrispondenti a diverse dimensioni di progetti, applicabili in funzione della loro natura e ubicazione. Se il progetto, come quello di cui trattasi, si trova nella zona centrale di un sito classificato come patrimonio mondiale dell’Unesco, il criterio relativo all’ubicazione dei progetti risulta particolarmente pertinente. In un ambiente urbano in cui lo spazio è limitato, soglie di occupazione di una superficie di almeno 15 ettari e di superficie lorda pavimentata superiore a 150.000 m² sono talmente elevate che, in pratica, la maggior parte dei progetti di riassetto urbano è a priori sottratta all’obbligo di realizzare una valutazione del loro impatto ambientale. Spetta in definitiva al Tribunale amministrativo di Vienna stabilire se la totalità o la quasi totalità dei progetti interessati sia sottratta a priori a tale obbligo, il che non sarebbe in linea di principio compatibile con la direttiva».

Inoltre, afferma la Corte, «la direttiva osta al rilascio, prima o durante la realizzazione di una necessaria valutazione dell’impatto ambientale o prima della conclusione di un esame caso per caso dell’impatto ambientale diretto a determinare se una siffatta valutazione sia necessaria, di permessi di costruire per progetti individuali di lavori che rientrano nell’ambito di progetti di riassetto urbano più ampi».

Il caso del nuovo Palazzo di giustizia a Bari

Se trasponiamo le statuizioni della Corte di Giustizia Ue, ad esempio, al caso della realizzazione del nuovo Palazzo di Giustizia (o Polo giudiziario) a Bari, qualcosa non quadra. Il Comune di Bari, competente alla procedura di Via per alcuni progetti in base a norme regionali che hanno improvvidamente delegato agli enti locali materie così delicate e rilevanti senza che questi ultimi siano strutturati professionalmente per esercitare la delega, ha escluso dalla procedura di Via il progetto «Parco della Giustizia di Bari» da realizzare presso il compendio di proprietà statale ex caserme Capozzi e Milano di Bari. La disciplina italiana sull’assoggettabilità a Via di progetti di riassetto o sviluppo di aree urbane all’interno di aree urbane esistenti fissa la soglia dimensionale a superfici maggiori di 10 ettari contro i 15 dell’Austria. Ma, come dice la Corte di Giustizia Ue, l’aver fissato tale soglia non esime l’autorità competente dal valutare una serie di parametri ambientali anche per progetti inferiori a tale soglia. I parametri da utilizzare sono quelli contenuti nell’Allegato III alla Direttiva 2011/92/UE e, leggendo gli atti comunali, non sembra che il progetto sia stato vivisezionato e valutato con quei criteri.

La fine ingloriosa della partecipazione pubblica

La sentenza della Corte di Giustizia Ue sul caso austriaco ben potrebbe essere utilizzata quantomeno per discutere approfonditamente anche il progetto del nuovo Palazzo di Giustizia a Bari. Invece no. La partecipazione dei cittadini a scelte di riassetto urbano così profondo, su cui peraltro il gruppo di lavoro sul nuovo Piano urbanistico generale (Pug) di Bari ha espresso parere negativo, è stata conculcata considerato che neanche la Valutazione ambientale strategica (Vas) sarà effettuata in quanto la variante urbanistica (l’area delle casermette è oggi destinata dal Prg di Bari a verde pubblico) è disposta con provvedimento legislativo nazionale e la Via non sarà svolta per decisione di un’autorità competente al procedimento, il Comune di Bari, in palese conflitto di interessi poiché la decisione di localizzare lì i nuovi uffici giudiziari è stata assunta con modalità dal sapore podestarile.

 

Fabio Modesti