Sappiamo benissimo, da più di 31 anni, quali sono le cause, i problemi e le conseguenze. Quello che sta accadendo è stato già descritto e previsto, il motivo per cui non si è passati ai fatti è sempre lo stesso: l’egoismo. L’egoismo del proprio interesse economico, l’egoismo del potere politico di fronte ad un problema che se avviato a soluzione oggi troverà fra 10-20 anni la svolta positiva, quando lui non potrà più essere eletto o avere premi e riconoscimenti
Se non fosse che la materia trattata riguarda persone che soffrono, muoiono, bambini orfani… un esercito purtroppo in rapida crescita in tutto il mondo; se non fosse per questo verrebbe da prendere a pernacchie i politici e gli economisti che si riuniscono ora qua e ora là e sciorinano le loro formule, le soluzioni e le ragioni di questa situazione. Cioè, chi ha causato il danno vuole intestarsi la soluzione.
Quando sappiamo benissimo, da più di 31 anni, quali sono le cause, i problemi e le conseguenze.
Quello che sta accadendo è stato già descritto e previsto, il motivo per cui non si è passati ai fatti è sempre lo stesso: l’egoismo.
L’egoismo del proprio interesse economico, l’egoismo del potere politico di fronte ad un problema che se avviato a soluzione oggi troverà fra 10-20 anni la svolta positiva, quando lui non potrà più essere eletto o avere premi e riconoscimenti.
E intanto, come in un infernale girone dantesco o un inceneritore, le vittime innocenti si accatastano e le ciminiere non smettono di sputare fumo.
E i problemi si ingarbugliano sempre di più perché c’è l’egoismo dell’ignorante miope che si incrocia e prende ora le sembianze dello scafista, ora del trafficante di droga o di organi, ora quella del governante di turno che sogna vecchie glorie e vendette e pensa di fermare o addirittura far tornare indietro l’orologio della storia.
Oppure, ha la faccia di bronzo dei politici attuali o di lungo corso che fingono interesse in un macabro incrocio con economia e marketing come ha spiegato Francesco Sannicandro nel suo ultimo articolo, o come più volte hanno fatto dalle colonne della nostra rivista Giorgio Nebbia, o più recentemente Walter Napoli.
La risposta che i cittadini di un po’ tutte le democrazie stanno dando è l’assenteismo elettorale, mentre i cittadini di nazioni non democratiche rispondono con una «compattezza» elettorale che stride con i disordini interni continui e la conseguente instabilità.
Guerre si accendono qua e là, e gli aiuti, sotto forma di armi, giungono a quelle popolazioni sfortunate perché ricche e messe nelle condizioni di non governarsi.
Quando gli uomini diranno basta? quando i ricchi smetteranno di fare la corsa fra chi diventa sempre più ricco?
E a che serviranno queste montagne di ricchezza di fronte alla scomparsa delle stagioni, alla perdita di biodiversità e alla mancanza di cibo?
Prima, in epoca medievale, quando iniziarono a formarsi i feudi e poi i comuni i signori pensavano al bene comune, alla salvaguardia dei boschi e delle fonti d’acqua perché beni di tutti. Certo loro beccavano la parte migliore e le leggi non erano proprio democratiche ma c’era il concetto della salvaguardia. Ora c’è il concetto del benessere del proprietario… un proprietario anche invisibile che ha il nome di una multinazionale…
Ma quando si toccano i poteri forti, le multinazionali o le fonti di comunicazione, allora si interviene con decisione, come sta accadendo a due attivisti di Extinction Rebellion che mesi fa avevano attaccato manifesti sulle porte d’ingresso della Rai in realtà attaccando anche l’Eni come sponsor e chiedendo una informazione più trasparente.
Nel comunicato del movimento si legge anche che: «l’inasprimento della repressione nei confronti degli attivisti climatici è una tendenza in atto in tutta Europa e sotto la lente dell’Onu. Il 13 aprile, l’inviato speciale per i difensori dell’ambiente, Michel Forst, nel corso di un convegno organizzato a Torino da Amnesty International ha dichiarato: “La repressione sta diventando la risposta più facile al dissenso” e ha continuato “Bisogna comprendere le cause per cui si decide di andare contro la legge. Alle volte, i giudici si concentrano sull’azione in sé e non sulle ragioni profonde che la muovono”».
Questo dei movimenti che diventano sempre più organizzati è un problema serio e non è certo la repressione che aiuta. Al fondo c’è un problema culturale, di democrazia e trasparenza.
Anche questo è un problema connesso agli allarmi trentennali che vengono lanciati e sistematicamente ignorati.
I danni cui siamo chiamati ad intervenire e porre rimedio sono enormi, o si ha il coraggio di mettere un punto e tornare a capo, tutti insieme, o ci penserà la natura a risolvere il problema. E non sarà dopo una tavola rotonda… se già non ha iniziato a farlo.
I. L.