57 anni fa l’alluvione di Firenze… sembra un loop temporale

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Una vecchia foto dell'alluvione di Firenze
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Un diario ricorda quei giorni che sembrano oggi

֎In Italia un ripetersi angoscioso di lutti e danni, di promesse e tradimenti, di ricordi e celebrazioni. Il diario di Francesco Sannicandro, nostro collaboratore, che si trovava presso la Scuola di Guerra Aerea, alle Cascine di Firenze֎

La tempesta Ciaran sta investendo l’Europa, dalla Gran Bretagna all’Italia. Ovunque lascia il segno. In Italia si riaprono vecchie ferite, la nostra nazione sembra avvolta in un loop temporale senza fine, senza possibilità d’uscita. Un ripetersi angoscioso di lutti e danni, di promesse e tradimenti, di ricordi e celebrazioni.

E in queste ore la Toscana sta subendo una serie di danni che ravvivano paure. Domani 4 novembre ricorrono 57 anni dell’alluvione di Firenze del 1966. E come allora, generosamente, altri italiani, quelli che conoscono il dolore e la sofferenza, sono vicini alle popolazioni, per dare il loro aiuto.

58 anni fa, fra i militari, c’era anche Francesco Sannicandro, nostro collaboratore. Si trovava presso la Scuola di Guerra Aerea, alle Cascine di Firenze, ove frequentava il Corso AUC «Alligatore I».

Ci ha mandato gli appunti che scrisse, un diario da cui traspare ancora oggi, una forte partecipazione emotiva, certamente non dissimile da quella che avranno provato abitanti di alcuni centri colpiti della Toscana in queste ore. Pubblichiamo volentieri questo suo ricordo tragicamente attuale.

Il Racconto

Per ricordare il 4 novembre 1966 nella ricorrenza dell’alluvione di Firenze, riporto, qui di seguito, appunti di un diario di quella giornata

Quella mattina sveglia alle sette. Si va tutti ai servizi mentre fuori piove a catinelle; ad un tratto si fermano i rasoi e l’acqua non esce più dai rubinetti: tutta la SGA viene sommersa dall’acqua; l’orologio della torre segna le 7 e 11 minuti.

Dalle finestre si vede il cortile allagato da acque limacciose che continuano a crescere con rapidità allagando il piano terreno e quindi la mensa, il circolo, tutti i magazzini. Un pulmino militare si blocca al centro del cortile della Bandiera e da uno sportello fuoriescono i panini per la colazione che galleggiando vengono trascinati dalla corrente dell’acqua.

Siamo isolati nelle nostre camerate, ma, per il momento, si è tutti tranquilli e si scherza sulla novità. La radio ci dà notizie allarmanti riguardanti la città e tutta la regione e, purtroppo, anche altre parti d’Italia. Continua a piovere a dirotto e fa molto freddo. Non si hanno notizie dei nostri compagni che sono di guardia. Si dice che l’Arno è straripato in tutta Firenze e che la città è divisa in due parti perché i sette ponti sono chiusi al traffico e sotto controllo.

Ore 9: un tenente di inquadramento tenta per ben due volte di raggiungere il Comando per ricevere ordini, ma non c’è niente da fare: la corrente è troppo forte, e se ne torna su deluso ed inzuppato fino al collo; a stento si riesce a spogliarlo, asciugarlo e rivestirlo con indumenti asciutti.

La radio ha ora confermato l’allagamento e la divisione in due di Firenze, nonché l’isolamento della città dal resto dell’Italia: tutte le linee ferroviarie sono interrotte, così come le linee telefoniche maggiori: la radio è l’unico mezzo di collegamento.

Ore 9:40: i muri di recinzione della Scuola sono crollati in vari punti. Non si sa ancora niente delle sentinelle. Continua a piovere ed il livello dell’acqua sale. La radio ha detto che l’Aretino ed altre zone sono allagati ed alcuni paesi sono stati completamente evacuati.

Ore 10:30: l’acqua sta ancora salendo. Due di noi si spogliano e si gettano in acqua dirigendosi, a nuoto, verso l’autoreparto: là infatti sono rimasti due avieri che vengono così portati in salvo. Tutti, dalle finestre, li abbiamo seguiti con ansia.

Siamo tra due fuochi, o meglio tra due acque: da una parte l’Arno e dall’altra il Mugnone, ambedue straripati, che ci isolano completamente.

Ore 12:20: sono ormai cinque ore e venti minuti, dalla sveglia, che siamo in questa situazione. Dal Comando un solo ordine: consegnare gli AUC ed aspettare; e stiamo aspettando…
E pensare che oggi dovevamo avere il pranzo di Corpo!!!

Ore 13: dopo lunghi giri un grosso elicottero, che si è poi allontanato, ha depositato sul tetto della caserma due canotti, di quelli che appena toccano terra si gonfiano, divengono grandissimi e servono a recuperare i naufraghi in attesa che arrivino i soccorsi, quindi sono senza remi. Uno è andato rovinato e sull’altro, calato con delle funi in acqua, hanno preso posto due tenenti e due avieri, e tutti, remando con delle scope, sotto l’acqua imperversante, si sono diretti verso il Comando. Oggi diventeranno tutti eroi. Ma quanta improvvisazione!!!

Ore 14: La radio annuncia che la situazione peggiora ovunque. Il Sindaco di Firenze ha lanciato un appello a tutti i possessori di battelli affinché li portino a Palazzo Vecchio: a Firenze si circola solo in barca!!!

Ore 15: è tornato il battello portando parte delle guardie, tra le quali quella che era alla Termodinamica. Ci ha detto che alle 7 e 40 minuti ha visto arrivare una macchina portata dall’ondata ed è riuscito ad evitarla mettendosi in salvo su dei gradini; quando l’acqua, dopo il primo impeto, si è un po’ calmata, si è avventurato verso il Comando con l’acqua che gli arrivava all’ombelico.

Ore 16:15: sono tornati tre AUC che erano al Corpo di Guardia. Hanno raccontato di aver fatto la guardia e la ronda assieme ai VAM. Alle tre la strada ha cominciato a coprirsi di acqua e sul ponte che oltrepassa il Mugnone c’era già il Genio che controllava la situazione: gravissima!!!

Alle Cascine i proprietari dei cavalli venivano a portarsi in salvo le preziose bestie. Alle 6 e 15 l’Ippodromo era già sommerso: solo la strada salvava ancora la SGA. Infatti, appena l’acqua si è alzata fino a sorpassarla, è entrata nel Corpo di Guardia isolando tutti al primo piano. Poi l’onda è giunta verso le sette ed ha abbattuto il muro di cinta. I risultati della piena sono stati spaventosi: tutte le macchine, ed in genere sono molte, posteggiate davanti all’Ippodromo, sono state trascinate via. I cavalli che erano nelle scuderie, e che non erano stati raggiunti in tempo, erano morti o in agonia e così pure le pecore che facevano loro compagnia. Vittime umane non ne hanno viste e speriamo che non ve ne siano state. Ci viene annunciato che domani evacueremo la Scuola, mentre l’Esercito ci farà avere acqua e cibo.

Non si sa se andremo a casa o a Pozzuoli per continuare il Corso, o in altre caserme della città (ammettendo che ve ne sia qualcuna allo asciutto). C’è un’altra possibilità, nel caso di permanenza a Firenze: che veniamo impiegati, assieme all’Esercito, nell’assistenza alla popolazione.

Ore 17: è quasi buio e tutti preparano la branda. Non piove più ma l’acqua sale ancora, anche se molto lentamente. Dal cortile viene un tremendo puzzo di nafta, mentre l’acqua ha assunto un colore marrone scuro.
Per la notte sono stati stabiliti dei turni di guardia di un’ora per controllare il livello dell’acqua. Poi si decide di entrare al magazzino viveri ed alcuni volontari, su una piccola barca, riescono a trarre in salvo alcune cassette che galleggiavano, contenenti dei biscotti, della cioccolata e delle bottiglie di liquore: tutti tiriamo un sospiro di sollievo perché finalmente si mette qualcosa sotto i denti!

Cala la notte, fa molto freddo ed è molto umido e presto ricomincia a piovere a catinelle; però, per fortuna, l’acqua decresce: si comincia a rivedere la siepe posteriore ed il camioncino abbandonato sul piazzale.