La Giornata mondiale delle zone umide e le assenze del governo
֎La giornata del 2 febbraio è stata istituita nel 1996 quale giornata mondiale per le zone umide in quanto in questo giorno, nel 1971, è stata adottata la Convenzione Internazionale per le Zone Umide nella città iraniana di Ramsar. La celebrazione internazionale nasce per sensibilizzare e aumentare la consapevolezza dell’importanza di queste zone֎
Se nel recente passato le zone umide venivano associate a luoghi malsani e inospitali, il tema del 2024 individuato per la Giornata Mondiale delle Zone Umide («Wetlands for Disaster Risk Reduction») sgombra il campo a favore della reale vocazione che queste aree hanno, ancor più al tempo della crisi climatica.
Le Zone Umide infatti riducono il rischio idrogeologico, raccogliendo le acque durante le piene, diluendo inquinanti e rallentando il deflusso delle acque, riducendo il rischio di alluvioni; sono «depuratori naturali», in grado di creare condizioni favorevoli per la decomposizione microbica delle sostanze organiche.
Sono inoltre serbatoi di biodiversità essendo, a livello mondiale, gli habitat più importanti per la conservazione di piante e animali, tanto che molte sono state riconosciute meritevoli di tutela con l’istituzione di Aree Naturali Protette.
«La Giornata Mondiale delle Zone Umide — dichiara Raniero Maggini Presidente del Wwf Roma e Area Metropolitana — celebra queste aree esaltandone l’importanza per il benessere umano e le stesse sono spesso riconosciute meritevoli di tutela con Parchi e Riserve. È anche di queste allora che occorre monitorare e garantire il buono stato di salute, soprattutto oggi che sembrano essere divenute, per taluni, nuove terre di conquista».
Solo per citarne alcune attorno alla Capitale ricordiamo il Parco Naturale Regionale Bracciano-Martignano (il Lago di Bracciano è riserva idrica strategica del Comune di Roma), il Parco Naturale Regionale Castelli Romani, il Parco Naturale Regionale Monti Lucretili con i Lagustelli di Percile (zona umida di importanza internazionale, iscritta nel registro della Convenzione di Ramsar) e non meno la Riserva Naturale Statale Litorale Romano.
E proprio le aree naturali protette dopo la pandemia da Covid 19, sono sempre più percepite come particolare fonte di benessere, ormai consapevoli degli straordinari servizi ecosistemici dei quali sono capaci.
Tuttavia, parchi, riserve e monumenti naturali non sembrano godere dell’attenzione e del rispetto che meritano, in particolare dalla politica che sembra averne dimenticato il valore, lasciandole in coda alle priorità.
Il Wwf Roma e Area Metropolitana intende avviare un monitoraggio del sistema delle aree naturali protette, a partire da quelle che può vantare la Capitale.
In Italia, sottolinea Legambiente Basilicata, mentre avanzano la crisi climatica e la perdita di biodiversità, tardano ad arrivare efficaci misure per la tutela e la valorizzazione degli ecosistemi acquatici e delle zone umide, fondamentali nella mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici, nella conservazione della diversità biologica e nel garantire i principali servizi ecosistemici. Misure quanto mai necessarie visto che il 2023 è stato un anno «nero» per gli ecosistemi acquatici, segnato da una continua crescita degli eventi meteorologici, specie quelli legati ai gravi danni da siccità prolungata e crisi idrica che hanno inciso nella tutela della biodiversità acquatica e delle zone umide.
È questo il monito lanciato da Legambiente che, nel report «Ecosistemi acquatici 2024» fa il punto sui principali ritardi dell’Italia sul tema, ricordando al Governo 4 priorità su cui intervenire speditamente.
Tra i tanti ritardi cronici del Paese l’immobilismo nell’istituzione di nuove zone umide di interesse internazionale: ferme a 57 quelle riconosciute secondo la Convenzione di Ramsar e 9 quelle che aspettano di essere istituite (3 in Sicilia, 5 in Toscana e 1 in Friuli-Venezia Giulia).
Pesa poi il ritardo nell’applicazione del Regolamento UE 2021/57 (in vigore dal 15 febbraio 2023) che vieta l’uso delle munizioni di piombo nelle zone umide per la salute umana e degli uccelli acquatici; e che mette a rischio l’Italia da una procedura d’infrazione da parte della Commissione europea per la sua violazione, dopo che il Governo, andando in tutt’altra direzione, emanava un provvedimento che riduceva gli ambiti di applicazione.
Altro ritardo è l’assenza del nuovo decreto che regolamenta le autorizzazioni in deroga alle immissioni ittiche di specie alloctone negli ecosistemi delle acque interne. Decreto a cui si sarebbe già dovuti arrivare a fine 2023 e la cui mancata emanazione continua ad alimentare un caos ingovernabile nel panorama delle immissioni faunistiche in natura. Un rischio ancora più grave se il Ministero dovesse cedere a pressioni esterne che vorrebbero una deregulation sul tema ed una rivisitazione dello status di alcune specie oggi considerate alloctone ed estranee ai nostri ecosistemi acquatici.
Alla luce di questo, sono 4 le priorità su cui il Governo deve intervenire per il Cigno Verde:
1) Rafforzare e applicare normative ambientali per la protezione delle zone umide e degli ecosistemi acquatici, aumentando la sinergia tra le istituzioni nazionali e locali e migliorando l’integrazione tra le norme nazionali ed europee, a partire dalla corretta applicazione e integrazione delle direttive comunitarie (Habitat, Uccelli, Acque e Alluvioni).
2) Istituire nuove aree protette fluviali e nuove zone umide di interesse internazionale, a partire dalle 9 ancora in stallo; per garantire la conservazione a lungo termine e traguardare l’obiettivo di tutelare almeno il 30% di territorio e proteggerne in maniera rigorosa almeno il 10% entro il 2030, creando anche piccole aree umide minori, soprattutto nelle aree urbane, per ridurre l’impatto dei cambiamenti climatici nelle città.
3) Combattere le specie aliene invasive dei sistemi acquatici applicando le norme nazionali ed europee, mettendo al sicuro gli ecosistemi più vulnerabili come i corsi d’acqua e le zone umide, e approvando in tempi rapidi e senza esitazioni il previsto decreto sul tema delle immissioni delle specie ittiche di acqua dolce.
4) Contrastare l’inquinamento e le illegalità ambientali negli ecosistemi acquatici, a partire dalla piena applicazione del Regolamento UE 2021/57 che vieta l’uso delle munizioni di piombo, frenando il bracconaggio e favorendo la pesca sostenibile anche con la crescita dei tratti fluviali e lacustri no-kill dedicati alla pesca sportiva.
R. V. G.