(Adnkronos) – I giudici della Corte d’Assise di Milano hanno concesso alla difesa di Alessia Pifferi, imputata per l’omicidio della figlia Diana, di rinviare il controesame dello psichiatra Elvezio Pirfo, che ha firmato la relazione richiesta dai giudici della Corte d’Assise di Milano. L’udienza è stata rinviata al prossimo 15 marzo, la sentenza arriverà prima dell’estate. La difesa, entrata in possesso degli allegati della perizia solo giovedì 26 febbraio, ha chiesto tempo per visionarli, una richiesta che la Corte ha accolto, non concedendo spazio al pm di poter svolgere oggi il suo esame allo psichiatra. Si torna dunque in aula il prossimo 15 marzo, mentre la discussione delle parti è prevista per il 13 maggio e la sentenza potrebbe arrivare nell'ultima udienza fissata in calendario ossia il 10 giugno del 2024. Il processo che vede alla sbarra Alessia Pifferi, accusata dell’omicidio aggravato della figlia Diana di soli 18 mesi lasciata morire di stenti, è tornato in aula dopo la perizia psichiatrica che ha stabilito che “al momento dei fatti era capace di intendere e di volere” e dopo che il pm di Milano Francesco De Tommasi ha indagato le due psicologhe del carcere per falso e favoreggiamento per alcuni colloqui a San Vittore. Gelo, in aula, tra il pubblico ministero (unico rappresentante dell’accusa dopo la ‘frattura’ con la collega Rosaria Stagnaro) e l’avvocatessa Alessia Pontenani, che tutela gli interessi dell’imputata, anche lei indagata per falso. “L’intervento delle due psicologhe a mio avviso non era appropriato” e anche il test di Wais “va letto in questa prospettiva”, ha spiegato lo psichiatra Elvezio Pirfo che ha firmato la relazione richiesta dai giudici della Corte d’Assise. Per l’esperto non è possibile stabilire se Pifferi sia stata “influenzata” da un intervento, non consueto, delle due psicologhe: i colloqui non sono stati video registrati, “quindi non è possibile ricostruire il clima”, né le risposte sarebbero state riportate in modo completo. “Non sono in grado di dire se c’è stato condizionamento, ma sì di apprendimento: certe risposte della Pifferi restituiscono la capacità di comprendere e riutilizzare le parole delle psicologhe”. Il ritratto che lo psichiatra restituisce è quello di una persona che si sente “perennemente inadeguata” che restituisce “una confusione identitaria, una persona incompiuta” dove la dimensione di madre “è una dimensione secondaria nella costruzione identitaria della Pifferi. Mi è parso che la sua dimensione sia quello di una maternità vissuta come obbligo o fatica, non che gratifica o rende compiuta una persona”. “Se la finalità del rinvio è quella di introdurre nel processo ulteriori argomenti per sezionare la mente dell’imputata, vi prego di rigettare: è stato fatto tutto. Se la finalità del rinvio è di insistere sulla nota relazione, vi preannuncio che posso fornirvi nero su bianco la prova che l’imputata ha reso, nei colloqui con il perito, dichiarazioni precostituite che sono state ‘imbeccate’ da altre persone; posso fornirvi la prova, nero su bianco, che il presunto abuso subito da minorenne è assolutamente falso ed è frutto di un suggerimento ben preciso dato all’imputata”, ha affermato in aula il pm Francesco De Tommasi che ha definito assolutamente “pretestuosa” la richiesta della difesa di Alessia Pifferi di chiedere un rinvio per il controesame dello psichiatra che ha firmato la relazione chiesta dai giudici della Corte d’Assise di Milano. "Se qualcuno ha imbeccato la Pifferi non sono stata io: penso che il pm stia parlando di un’indagine parallela che nulla ha a che fare con questo procedimento, lui insiste ma quello non c'entra nulla con la Pifferi", ha detto Alessia Pontenani, il legale che difende Pifferi. La difesa ha annunciato che la sua assistita "oggi avrebbe voluto dire 'voglio che tutta Italia sappia che non volevo uccidere mia figlia'. Lo dirà quando farà dichiarazioni spontanee prima della sentenza, quindi a giugno. La sentenza non è scontata, qui non c’è nulla di scontato". Ed ha aggiunto: "Ha pianto quando ha saputo dell’esito della perizia" che l'ha definita capace di intendere e di volere al momento dei fatti. "Ha avuto una vita dura, difficile, travagliata, è una persona dipendente affettivamente, è una persona priva di empatia, ma ha pianto perché non vuole che la gente la descriva come un mostro: lei dice che ha abbandonato la bambina, ma non voleva ucciderla quindi che l’ha fatto inconsapevolmente", ha concluso l'avvocatessa. L'ombra di una "rete criminale" che vedrebbe protagoniste le due psicologhe indagate per falso ideologico e favoreggiamento è destinata ad allargarsi. Lo ha detto, neanche tra le righe, il pm De Tommasi nel suo intervento in aula. Da quanto emerge, oltre alle due psicologhe del carcere di San Vittore già oggetto di perquisizione, c'è una terza collega che avrebbe partecipato al test di Wais senza tuttavia lasciare traccia in alcuna relazione. Soprattutto ci sarebbe una quarta psicologa che, senza aver varcato l'ingresso della casa circondariale, avrebbe visionato la relazione al centro dell'acceso scontro tra accusa e difesa. Per ora, da quanto si apprende, si parla di sospetti (seppur documentati) per le altre due psicologhe che non risultano indagate. L'attività della procura si sta concentrando non solo sui documenti acquisiti negli uffici delle due psicologhe indagate, ma anche per ricostruire quale movente avrebbe mosso le specialiste e quali e quante pazienti possano essere state interessate da relazioni su cui la procura pone dei dubbi. —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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