Fare e disfare la realtà: criminalità giovanile

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Il problema della criminalità giovanile che sta affrontando il governo italiano con il decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123 (Decreto Caivano), si era posto negli Stati Uniti durante la Presidenza Bush con la proposta del governo americano di abbassare l’imputabilità a 12 anni, a cui si opposero famosi neurobiologi le cui ricerche avevano documentato che nella prima adolescenza il cervello è ancora in fase di maturazione, non ancora in grado di prevedere le conseguenze dei propri comportamenti. La programmazione e la previsione delle conseguenze dei comportamenti personali, maturano più tardivamente dopo i 20 anni.

Per chiarire meglio queste osservazioni scientifiche basta osservare il comportamento di moltissimi adolescenti in motorino, che attraversano il semaforo col rosso, con la convinzione che a loro non succederà nulla, nonostante si sappia che gli incidenti stradali rappresentano la prima causa di morte in questa età. Negli Stati Uniti dopo questo dibattito si è proceduto in modo diverso nei vari Stati dell’Unione, in molti casi considerando l’età un’attenuante importante.
Nell’affrontare la criminalità giovanile e le baby gang può venirci in soccorso quello che scrisse il giudice Giovanni Falcone per combattere il mondo della mafia: devi entrare nel modo di pensare dei mafiosi, nei loro comportamenti e nei loro codici. Sosteneva che non è sufficiente la repressione, bisogna cercare per quanto possibile di sradicare la cultura mafiosa attorno a loro, che garantisce complicità, omertà e sostegni.

La stessa cosa si può dire oggi a proposito delle baby gang che non nascono oggi, ma hanno profondamente infiltrato il mondo degli adolescenti e dei giovani non solo a Caivano, anche in molte Regioni del Sud e addirittura nelle periferie di Milano. Queste bande sono entrate nel mercato delle droghe, non solo ne fanno ampiamente uso, le spacciano e ne sono corrieri al servizio della criminalità organizzata, che le utilizza anche perché i ragazzi non sono imputabili dato che alcuni di loro non hanno ancora raggiunto i 14 anni.
La loro presenza criminale nelle periferie e nei quartieri crea paura e allarme negli abitanti, rapine, violenze e stupri, e allo stesso tempo costituisce un modello negativo attraente per i coetanei, dal momento che i giovani che ne fanno parte maneggiano in modo spregiudicato e violento soldi, coltelli ed armi.
Per cercare di affrontare questo fenomeno con misure restrittive, che a mio parere non sono in grado di andare alle radici del fenomeno, mi chiedo: quali sono le radici che andrebbero sradicate? Nella maggior parte dei casi gli adolescenti, affiliati a queste gang, vivono in un contesto degradato, in famiglie con alto tasso di disoccupazione e di violenza, incapaci di rappresentare una guida per i figli e motivarli a frequentare le scuole, anche perché l’istruzione rimane troppo lontana e non garantisce l’ingresso nel mondo del lavoro. La stessa organizzazione scolastica, troppo ancorata ai voti e ai programmi, non riesce ad accogliere questi adolescenti a rischio e ad interessarli aiutandoli ad entrare nel contesto educativo.
D’altra parte la scuola non è spesso a tempo pieno e non sa offrire attività sportive, ricreative e pratiche in grado di coinvolgere questi ragazzi. È il motivo per il quale i tassi di abbandono scolastico sono così alti e la strada diventa l’unica cattiva maestra che li arruola in queste bande antisociali.
Lo stesso carattere di questi ragazzi viene plasmato dagli scontri e dalle violenze delle gang, sviluppando atteggiamenti che li fa crescere arroganti e spietati, capaci di aggredire, uccidere, stuprare senza alcun rimorso. Abituati a giocare coi videogiochi violenti, in cui si vince rapinando e sparando, si sentono anche loro protagonisti di un videogioco quotidiano implacabile, che liberando dopamina li fa sentire potenti ed orgogliosi.
Resto convinto che i provvedimenti restrittivi (abbassare l’imputabilità) non siano sufficienti ad affrontare questa piaga giovanile, e che occorra invece una bonifica del territorio in cui si sviluppano le bande giovanili, ridando dignità ai genitori anche sul piano lavorativo, creando un ambiente di vita meno degradato e coinvolgendo la scuola a svolgere un ruolo educativo nel senso più ampio del termine, che faccia leva sul ruolo decisivo degli insegnanti.

 

Francesco Sannicandro