Il lavoro uccide per troppa ipocrisia

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֎Solo a febbraio il lavoro ha ucciso più dei femminicidi di tutto il 2023. Nel cassetto ci sono oltre 23 decreti ministeriali per attuare il testo unico sulla sicurezza del 2008. Nordio si è detto favorevole ad un coordinamento delle indagini, mentre il governo varava il decreto-legge che ha disarticolato proprio il coordinamento delle ispezioni֎

Ancora oggi il lavoro continua a fare strage di operai, assassinati dal fuoco, sui binari di Brandizzo, nel cantiere di Firenze, dalla fatica nelle campagne o nella logistica, sulle biciclette dei rider, ammalati di amianto.
Solo a febbraio il lavoro ha ucciso più dei femminicidi di tutto il 2023. Se tenessimo il contatore non solo dei morti e feriti ma di tutte le vittime, coniugi, figli, genitori, capiremmo che non sono solo numeri ma crimini di pace di una tragedia civile che interrogano le coscienze di imprenditori, politici, governanti, magistrati. Nel giorno di uno sciopero generale, sarebbe opportuno non celebrare la liturgia ipocrita del «mai più», ma di avere il coraggio morale e politico di trovare soluzioni.

1) Si eviti la vuota locuzione della «cultura della sicurezza», tipica di chi non ha idee, ovvero di nascondersi dietro la necessità della formazione dei lavoratori, sui cui contenuti da oltre un anno e mezzo il ministro del Lavoro deve recepire un accordo tra lo Stato e le Regioni.

2) Il ministro del Lavoro emani gli oltre 23 decreti ministeriali per attuare il testo unico sulla sicurezza del 2008 e ci risparmi annunci su nuovi immediati interventi normativi perché se sono veramente soluzioni già pronte da attuare, ci si chiede perché non siano uscite prima dal cassetto del ministero, senza attendere l’ennesima strage. È accaduto dopo la strage di Firenze usata per giustificare l’introduzione di una patente per l’impresa, dove la vita di un operaio edile vale venti punti, che però si scaleranno dopo una sentenza definitiva per i fatti accaduti dopo il primo ottobre 2024, cioè almeno tra 7-8 anni, forse dal 2031.

3) Urge per i 12 enti preposti alla vigilanza il riordino normativo già previsto da 16 anni ma su cui non v’è alcuna iniziativa della politica per realizzarlo. Nel frattempo, basterebbe il coordinamento perentorio di tali organi che seppur previsto dal 2008 con il testo unico, e ribadito nel 2021 dal governo Draghi, è stato depotenziato dal decreto-legge sul Pnrr.

4) Si rendano disponibili tutte le banche dati presso gli enti che si occupano di lavoro e fisco, per disporre di controlli incrociati su ciascuna azienda, possibilità, pur prevista dal governo Draghi, con il Portale nazionale del lavoro sommerso e misure per il contrasto del fenomeno infortunistico, ma finora lettera morta.

5) Si pensi ad un’authority di vigilanza indipendente dal potere politico. La ministra Calderone ha trascorso i primi mesi del suo dicastero a proporre di incorporare l’Inl, che è un’agenzia autonoma, all’interno del Ministero del Lavoro, idea poi abbandonata. Controllare politicamente chi controlla le imprese significherebbe favorire o meno interi settori o aree: tutto il contrario del principio costituzionale di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa.

6) Nel 1978 la riforma sanitaria ha affidato la prevenzione nei luoghi di lavoro alle Asl, per organizzarla sul territorio, legando il diritto alla salute al principio di eguaglianza. Ma l’aziendalizzazione del Ssn e le diverse politiche regionali hanno prodotto un risultato opposto: alcune regioni virtuose hanno mantenuto alto il livello dei servizi in materia di sicurezza, altre non hanno più assunto ispettori da decenni, evitando di disturbare chi ha voglia di fare.

7) Tale condizione è l’archetipo dell’autonomia differenziata: affidare alle regioni diritti fondamentali tutelati diversamente a seconda della politica regionale. Un pessimo esempio è fornito dalla regione Sicilia che gode di autonomia speciale e cui fanno capo sia gli ispettori del lavoro (meno di 50) sia quelli delle Asl (quarantacinque tecnici della prevenzione), ridotti all’impossibilità di rendere un servizio efficiente.

8) Si propone di introdurre il reato di omicidio sul lavoro. Può servire certamente ma non creiamo illusioni con norme di bandiera: come è accaduto per l’omicidio stradale, dove l’aumento della sanzione penale e nuovi reati non hanno portato ad alcuna diminuzione degli incidenti, anche per la sicurezza del lavoro abbiamo bisogno di prevenzione applicando le norme che già abbiamo.

9) Va garantito un giusto processo anche alle vittime del lavoro, accelerando i tempi dei processi, con indagini concentrate a livello distrettuale guidate da un pubblico ministero specializzato, in una Procura del lavoro. In parlamento il ministro Nordio si è dichiarato contrario ma non ha spiegato perché. Si è detto, invece, favorevole ad un coordinamento delle indagini, mentre il governo varava il decreto-legge che ha disarticolato proprio il coordinamento delle ispezioni.

 

Francesco Sannicandro