֎Il Tribunale Amministrativo della Sardegna si oppone ad una sentenza del Consiglio di Stato che ha nuovamente statuito che contro il «favor» di legge alle rinnovabili non c’è difesa del paesaggio che tenga֎
L’orientamento dei giudici amministrativi non sembra essersi appiattito sul dogma rinnovabili dovunque e comunque. Poco tempo fa abbiamo commentato una sentenza del Consiglio di Stato che ha nuovamente statuito che contro il «favor» di legge alle rinnovabili non c’è difesa del paesaggio che tenga. Men che meno se la difesa non è ben formulata. Il Tribunale Amministrativo della Sardegna è di parere opposto (sentenza qui) tanto da «[…] rilevare, in uno con parte della dottrina, che se è vero che l’implementazione degli impianti di energia da fonte rinnovabile si pone in una chiara logica di tutela dell’ambiente, oggi rafforzata dalla modifica dell’art. 9 Cost., nondimeno è nella polisemicità insita nella nozione giuridica di ambiente che si annida l’erroneità di una visione totalizzante del pur riscontrabile favor legislativo per gli impianti F.E.R. Invero, il “territorio”, quale componente dell’“ambiente”, costituisce il medesimo oggetto di disciplina, assumendo peraltro, nella sua veste culturale ed identitaria, la connotazione di “paesaggio”, evocativo di altri valori costituzionali sottesi (artt. 9 e 32 Cost.) e di altri interessi da comporre». Una dichiarazione che appare come una boccata d’ossigeno di razionalità nell’irrazionalità dominante da impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili (Fer).
Ancora una volta il paesaggio
Il ricorso al Tar di Cagliari è stato presentato dalla società Green Energy Sardegna 2 S.r.l., titolare di un progetto per la realizzazione di un impianto per la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile eolica, denominato della potenza di 30 MW, nei Comuni di San Basilio e Siurgus Donigala (SU). Nel procedimento di valutazione di impatto ambientale (Via), la competente Soprintendenza al paesaggio ha espresso parere negativo confermato anche successivamente, a seguito di osservazioni presentate dalla società. La regione Sardegna ha concluso il procedimento di valutazione con un parere negativo.
La società ha motivato il ricorso affermando che l’area oggetto di intervento non è un’area sottoposta a vincolo paesaggistico né caratterizzata da emergenze archeologiche. Ha contestato il profilo della visibilità dell’impianto da realizzare, evidenziato dalla Soprintendenza e rapportato alla contemporanea visibilità degli impianti esistenti e di quelli per i quali sono in corso procedure autorizzatorie; la società ritiene «che il territorio di interesse — che già annovera tra i caratteri paesaggistici rilevanti ed ormai consolidati nella visione comune del paesaggio, la presenza delle torri eoliche del parco esistente ed ancora altri segni infrastrutturali importanti quali stazioni di trasformazioni e tralicci — possa accogliere senza particolari conseguenze paesaggistiche le nuove sette postazioni in esame».
Quanto poi alla presunta vocazione agricola delle aree interessate, la Green Energy Sardegna 2 Srl ha affermato che «si tratta di aree soggette a spopolamento, prive di interesse economico rilevante ed appare perciò del tutto fuorviante parlare di una vocazione agricola che non c’è ma ci dovrebbe essere, e che dovrebbe essere caratterizzata da produzioni agricole di nicchia».
La società ha anche contestato che «la Soprintendenza ha in alcun modo esplicitato le ragioni per cui neppure gli interventi di mitigazione e rimodulazione siano considerati bastevoli al fine di superare le criticità emerse o ha mai indicato, in alcuno dei pareri formulati, le prescrizioni/condizioni che avrebbero consentito il superamento delle criticità asseritamente esistenti».
Il giudizio del Tar
Il Tar Sardegna ha smontato i motivi del ricorso e lo ha rigettato. Secondo i giudici sardi dal procedimento di Via «emerge la valutazione concreta compiuta dai predetti enti in merito al giudizio di compatibilità ambientale negativo reso, che resiste, nei limiti del sindacato consentito al giudice amministrativo in materia, alle censure spiegate in ricorso, come si vedrà di seguito». Inoltre, e questo è un elemento di netta differenza interpretativa rispetto alla sentenza del Consiglio di Stato che abbiamo richiamato all’inizio, i giudici del Tar Sardegna ritengono che «trova applicazione il disposto dell’art. 26, comma 2 del D.lgs. n. 42/2004, a mente del quale “qualora prima dell’adozione del provvedimento di valutazione di impatto ambientale risulti che il progetto non è in alcun modo compatibile con le esigenze di protezione dei beni culturali sui quali esso è destinato ad incidere, il Ministero si pronuncia negativamente e, in tal caso, il procedimento di valutazione di impatto ambientale si conclude negativamente”».
Né «è decisiva l’affermazione della ricorrente secondo la quale la previsione richiamata (art. 26, comma 2, del D.Lgs. n. 42/2004) sarebbe inapplicabile nel caso di specie perché il progetto non inciderebbe in via diretta su beni culturali, restando evidenziato dal Mi.C. (Ministero della Cultura, N.d.R.) che esso interferisce comunque in maniera rilevante sulle evidenze archeologiche della zona. La disposizione speciale applicabile in materia di valutazione di impatto ambientale è quella dell’art. 26 del D.Lgs. n. 42/2004, che attribuisce efficacia preclusiva al parere negativo del Ministero in relazione alle esigenze di protezione dei beni culturali incisi, direttamente o indirettamente, dal progetto da valutare. La disposizione invocata dalla ricorrente (art. 30 del d.l. n. 77/2021) riguarda, invece, i (diversi) procedimenti di autorizzazione di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, localizzati in aree contermini a quelle sottoposte a tutela paesaggistica, nei quali il Ministero della cultura si esprime nell’ambito della conferenza di servizi con parere obbligatorio non vincolante”».
A conferma che i provvedimenti di diniego soprattutto in tema paesaggistico devono essere super motivati per superare il giudizio delle corti, il Tar Sardegna dice che «se è vero e pacifico, anche nella giurisprudenza di questo Tribunale, che la presenza di beni di interesse culturale nella fascia di rispetto non impedisca ex se e in via assoluta la realizzazione di un impianto di produzione di energia rinnovabile, nondimeno tale circostanza fattuale impone una valutazione concreta circa la compatibilità di quest’ultimo con tali beni […]. E, nel caso di specie, tale valutazione è stata condotta ed è immune dalle censure mosse con il ricorso».
Infine i giudici del Tar Sardegna ribadiscono il principio per cui «gli obiettivi energetici ed ambientali del Paese di cui alla Strategia energetica nazionale 2017 ed alla Proposta di piano nazionale integrato per l’energia ed il clima del 31 dicembre 2018 non comportano affatto la doverosità dell’approvazione del progetto presentato [il riferimento è ad una precedente sentenza dello stesso Tar, N.d.R.]». Ed aggiungono che «le effettive semplificazioni introdotte dalla precitata normativa nazionale con l’obiettivo di “accelerare il percorso di crescita sostenibile del Paese, recando disposizioni in materia di energia da fonti rinnovabili, in coerenza con gli obiettivi europei di decarbonizzazione del sistema energetico al 2030 e di completa decarbonizzazione al 2050” non hanno affatto comportato l’affermazione che la tutela dei valori culturali e paesaggistici assume rispetto a tale interesse valore recessivo, restando la loro tutela affidata alle valutazioni — connotate da margini di discrezionalità tecnica pressoché insindacabili dal giudice amministrativo — degli organi competenti”». Da Cagliari è tutto ed è tanto.
Fabio Modesti