(Adnkronos) – Israele ha ammassato alla periferia di Rafah un numero sufficiente di soldati per lanciare nei prossimi giorni un'invasione su larga scala della città del sud della Striscia di Gaza, anche se non è chiaro se in effetti l'operazione ci sarà. Lo hanno detto alla Cnn due fonti dell'amministrazione americana, una delle quali ha sottolineato che Israele non ha ancora fatto i preparativi adeguati necessari in vista di una possibile evacuazione di oltre un milione di persone da Rafah. Sarebbero ormai circa 450.000 le persone fuggite da inizio mese da Rafah. "Le famiglie continuano a fuggire in cerca di sicurezza", si legge in un post su X dell'Unrwa che ripete: "Nessun posto è sicuro. L'unica speranza è un cessate il fuoco immediato". "Purtroppo le cose non sono andate nella giusta direzione e al momento siamo sostanzialmente in una fase quasi di stallo. Certamente, quanto è accaduto con Rafah ci ha riportato indietro". Si è espresso così il premier del Qatar, Mohammed bin Abdulrahman bin Jassim Al Thani, intervenuto al Qatar Economic Forum che si è aperto stamani a Doha. In dichiarazioni rilanciate dalla tv satellitare al-Jazeera, Al Thani ha assicurato che il suo Paese non ha smesso di fare da mediatore tra Israele e Hamas e che nonostante le difficoltà proseguirà nel suo impegno. "Purtroppo le cose non sono andate nella giusta direzione e al momento siamo sostanzialmente in una fase quasi di stallo. Certamente, quanto è accaduto con Rafah ci ha riportato indietro". Si è espresso così il premier del Qatar, Mohammed bin Abdulrahman bin Jassim Al Thani, intervenuto al Qatar Economic Forum che si è aperto stamani a Doha. In dichiarazioni rilanciate dalla tv satellitare al-Jazeera, Al Thani ha assicurato che il suo Paese non ha smesso di fare da mediatore tra Israele e Hamas e che nonostante le difficoltà proseguirà nel suo impegno. L'amministrazione Biden non crede che l'attuale strategia di Israele contro Hamas possa portare a una "vittoria totale", uno sviluppo che non viene ritenuto "probabile o possibile". E' in questi termini che si è espresso il vice segretario di Stato Usa, Kurt Campbell, intervenuto nelle scorse ore al Nato Youth Summit a Miami. "A volte, ascoltando con attenzione i leader israeliani parlano per lo più dell'idea di una sorta di vittoria schiacciante sul campo, di una vittoria totale – ha affermato Campbell in dichiarazioni rilanciate dai media americani – Non penso che noi crediamo questo sia probabile o possibile". Mentre da mesi, dall'attacco in Israele del 7 ottobre dello scorso anno, il premier israeliano Benjamin Netanyahu insiste nel voler arrivare a una "vittoria totale" su Hamas, che nel 2007 prese il controllo della Striscia di Gaza. In questo contesto, ha detto Campbell, "molti Paesi" vogliono vedere "una soluzione politica in cui ci sia più rispetto per i diritti dei palestinesi", ma "non penso sia mai stato così difficile come in questo momento, anche se credo ancora che l'impegno ci sia". L'Egitto dal canto suo starebbe valutando la possibilità di ridurre – ma non di interrompere – le relazioni diplomatiche con Israele. A riferirlo all Wall Street Journal sono stati funzionari del Cairo. Tra le possibili mosse prese in esame, il ritiro dell'ambasciatore egiziano da Tel Aviv. "Allo stato attuale, non ci sono piani per sospendere le relazioni" o sconfessare Camp David, ha dichiarato al giornale un funzionario egiziano, riferendosi agli accordi che hanno portato al trattato di pace del 1979 tra i due Paesi. "Ma finché le forze israeliane rimarranno al valico di Rafah, l'Egitto non invierà un solo camion". Domenica, l'Egitto ha dichiarato che sosterrà la causa in corso del Sudafrica presso la Corte internazionale di giustizia che accusa Israele di genocidio a Gaza, un giorno dopo aver detto che si rifiuterà di coordinare gli aiuti che entrano a Gaza attraverso Rafah finché le truppe dell'IDF rimarranno lì. Per Mohammed Anwar Sadat, nipote del presidente egiziano che negoziò il trattato di pace Egitto-Israele del 1979, l'attuale disputa rappresenta la peggiore crisi bilaterale tra i due Paesi da allora. "C'è una mancanza di fiducia – ha dichiarato al quotidiano l'ex membro del Parlamento egiziano – E ora c'è una sorta di sospetto da entrambe le parti". A determinare l'attuale situazione di stallo sarebbero state – secondo funzionari egiziani – le poche ore di preavviso concesse da Israele all'Egitto prima di lanciare l'operazione militare della scorsa settimana, durante la quale l'esercito israeliano ha preso il controllo del valico di frontiera di Rafah con l'Egitto dalla parte di Gaza. Il brusco messaggio, trasmesso inaspettatamente ai funzionari dei servizi segreti egiziani il 6 maggio, ha fatto seguito a mesi di attente trattative tra rappresentanti militari e dei servizi segreti israeliani ed egiziani sulla minaccia di attacco a Rafah. Israele aveva precedentemente informato l'Egitto sui suoi piani per Rafah, assicurando al Cairo che il valico non sarebbe stato colpito e che ai palestinesi presenti sarebbero state concesse settimane per evacuare l'area in modo sicuro. "Nessuna di queste assicurazioni si è concretizzata, e Israele ci ha dato un preavviso molto breve per l'ingresso al valico", ha dichiarato un funzionario egiziano. Un caccia dell'Idf ha intercettato un drone diretto verso Israele proveniente da est. A darne notizia sono state le forze armate israeliane, precisando che il drone non è entrato nello spazio aereo del paese. Due droni e un missile antinave lanciati dagli Houthi dello Yemen sul Mar Rosso sono invece stati abbattuti dalle forze americane, ha riferito il Centcom, secondo cui non si registrano né danni né feriti tra le forze degli Stati Uniti, della coalizione e sulle navi mercantili in navigazione nell'area. Il Comando centrale americano, su X, ribadisce che l'intervento si è reso necessario a causa della "minaccia imminente" rappresentata dall'attacco degli Houthi. I due dipendenti delle Nazioni Unite colpiti ieri a Rafah si trovavano in una zona di "combattimenti attivi". A dichiararlo è stato l'esercito israeliano, precisando che l'episodio è ancora oggetto di indagine. Rispondendo ad una domanda, l'Idf ha detto di aver ricevuto indicazioni secondo cui due membri del Dipartimento di sicurezza delle Nazioni Unite sono stati colpiti mentre si trovavano in un veicolo nell'area di Rafah. In base a una prima revisione dei fatti – rendono noto le forze armate citate dal Times of Israel – il mezzo è stato colpito "durante i combattimenti in un'area definita come zona di combattimento attivo". Le forze armate israeliane hanno precisato inoltre che il percorso del veicolo era sconosciuto ai militari. L'Idf non ha confermato che le sue forze abbiano sparato al veicolo. "Tutti i dettagli dell'incidente sono in fase di revisione". Secondo le Nazioni Unite l'auto in cui i dipendenti si stavano recando in ospedale era chiaramente contrassegnata come veicolo delle Nazioni Unite, ha detto il portavoce. In totale, dall'inizio della guerra di Gaza sono stati uccisi quasi 200 dipendenti delle Nazioni Unite, finora tutti palestinesi. Hamas ha accusato Israele per l'attacco: "Israele ha ucciso due cittadini stranieri (un uomo e una donna) che viaggiavano in un veicolo delle Nazioni Unite con una bandiera e segni di identificazione dell'Onu", ha dichiarato Hamas in una nota nella quale ha indicato che Israele e Stati Uniti "hanno la piena responsabilità" per i danni riportati dai "team stranieri" di soccorso a Gaza e per i "crimini di guerra" commessi nell'enclave. —internazionale/esteriwebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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