Editoriale

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Non si contano i riferimenti all’intelligenza degli animali. Sarà istinto, sarà vera intelligenza, ancora non è ben definito il limite o il confine anche se la ricerca sta facendo passi enormi e su certi aspetti e per alcune specie, la bilancia pende verso l’intelligenza. Tuttavia la strada è lunga e irta di tante difficoltà.

Un ostacolo per tutti è l’incapacità umana di accettare la… concorrenza.

In verità, a giudicare certe reazioni degli umani, c’è da mettere in dubbio globalmente la parola intelligenza.

È un aspetto che coinvolge tutte le specie: dai mammiferi agli insetti fino alle piante (come vedremo nel prossimo numero). Da qui la teoria di una sorta di intelligenza globale, quando si sente dire «tutto è collegato». Un concetto che unisce fisica quantistica, sincronicità, aspetti mistici… insomma una rivoluzione concettuale che destabilizza le vecchie conoscenze spostandosi verso terreni sconosciuti e rischiosi per chi tiene alla carriera e ai finanziamenti.

Ma la ricerca non è questo? non è un continuo divenire mettendo in discussione le impalcature precedenti?

Contro questo oggettivo e necessario dinamismo, si muovono le forze della conservazione. Se il confronto fosse scientifico, la scienza e la società se ne avvantaggerebbero. Ma il problema è che si contrappone il nulla, motivazioni ascientifiche, superstizioni, religiosità primitiva al limite del fanatismo, appelli legati ad una tradizione superata dal tempo.

Si difendono per scopi elettorali, orticelli che non aiutano i più ma solo interessi ben precisi.

È una realtà ben nota, forse parte della nostra umanità, un dualismo fatto di solidarietà ed egoismo, apertura e disponibilità verso il nuovo arricchente e chiusura rigida che ci porta ad un insensato impoverimento globale.

Si pensa, e c’è chi si adopera per questo, che l’aumento della conoscenza e della consapevolezza del nostro essere, porterà a superare certe barriere ma, guardando la storia, si vede come sia labile questa opinione perché basta un niente per arretrare paurosamente. E, d’altra parte, è sotto gli occhi di tutti che il confronto diventa sempre più aspro, che gli habitat si rarefanno sempre di più, che sono molte le specie che stanno scomparendo.

Il futuro, quindi, si gioca su chi vivrà più a lungo, se l’uomo, durante la sua corsa verso la fine dell’esistenza umana, si accorgerà del danno incalcolabile che sta facendo a sé stesso.

Stiamo imparando la resilienza, ma gli animali e le piante, in questo, sono maestri da milioni di anni. Chissà, se nel futuro ci sarà un altro uomo.

 

Ignazio Lippolis