Epatite C sconosciuta ai più, solo 20% italiani conosce bene virus Hcv

139
Tempo di lettura: 3 minuti

(Adnkronos) – Epatite C, questa sconosciuta. Gli italiani sono poco informati (e consapevoli) sui fattori di rischio, sul test per diagnosticarla, sullo screening presente in alcune Regioni, sulla possibilità di curarla. È la fotografia scattata da AstraRicerche che lo scorso maggio – per Gilead Sciences – ha realizzato una ricerca quantitativa tramite 1.007 interviste on line a un campione di 18-70enni.  Sebbene 7 su 10 abbiano sentito parlare di Epatite C (73,9%) tra questi, solo il 20% conosce davvero la patologia, oltre il 40% dichiara di saperne poco o niente (42,5%) e il 37% dice "così così". E ancora: 6 italiani su 10 sono a conoscenza di un test diagnostico per rilevare il virus Hcv, ma solo 4 su 10 sanno che oggi esiste la possibilità, per i nati tra il 1969 e il 1989 e per alcune categorie di persone a particolare rischio, di sottoporsi gratuitamente a questo test. Troppo pochi, infine – solo 4 su 10 – gli italiani a conoscenza del fatto che l’epatite C, oggi, si può curare. Quasi tre quarti degli intervistati (73.9%) – si legge nel report – hanno almeno sentito nominare questa infezione. Ma in quale misura ritengono di conoscerla? Ben poco visto che solo il 20.1% indica ‘molto’ o ‘abbastanza’ (il 42.5% poco o per niente, il 37.5% così così). D’altra parte, la prima fonte di informazione indicata non è propriamente sempre la più qualificata: parenti, amici, conoscenti per il 33.9%. Per il resto le fonti sono estremamente frammentate; accorpandole si vede che il mondo digitale (35.7%) supera non solo i mezzi classici (28.5%) ma anche i medici (28.9%). E le differenze per fascia di età sono enormi: fino ai 49 anni di età prevale il digitale (e per i 18-29enni i medici sono fonte di informazione meno dei mezzi classici); per i cinquantenni digital, mezzi classici e medici sono allo stesso livello; per i sessantenni i medici superano i mezzi digitali e classici.  La debolezza della qualità informativa è confermata dai motivi per cui si sono informati: più che per far prevenzione (27.1% – o prevenzione prima di un viaggio: 7.7%) le informazioni sono state raccolte per semplice curiosità (49.5%). Conta – e non poco – l’aver avuto notizia di persone contagiate (24.0%) mentre solo l’11.4% si è informato a seguito di un contatto – sicuro o possibile – con una persona contagiata. In effetti sono moltissimi coloro che pensano di aver conosciuto persone affette da epatite C: tra i 7 italiani su 10 che la conoscono, quasi uno su due pensa di conoscere persone contagiate. Il 64.5% dei conoscitori di epatite C risponde affermativamente quando gli viene chiesto se esiste un test di diagnosi di tale patologia (si tratta, quindi, del 40.9% del campione complessivo). Ma tra questi solo il 44.3% sa che oggi esiste la possibilità, per i nati tra il 1969 e il 1989 e per alcune categorie di persone, di sottoporsi gratuitamente al test per la diagnosi dell’epatite C. E il 29.2% afferma di aver fatto il test (quindi il 18.9% di chi conosce l’epatite C); i motivi principali sono esami di controllo (di routine 42.6%, per motivi lavorativi 27.5%) e l’essere donatore di sangue (27.0%) più che sospetta infezione (13.9%) o partner positivo o sospetto positivo al virus (9.4%). Tra chi conosce l’epatite C, il 29.6% afferma di volersi sottoporre in futuro al test (e un ulteriore 52.3% lo farebbe in caso di sintomi). Ma la situazione cambia dopo aver letto un breve testo informativo che ‘racconta’ cosa è l’epatite C, come si contrae, cosa può causare. Innanzitutto il 13.5% afferma di sentirsi ‘target’ in base ai propri comportamenti; ma soprattutto l’intenzione di sottoporsi in futuro al test arriva al 45.5% presso l’intero campione (11.2% sicuramente + 34.3% probabilmente). Basta una semplice informazione per ‘attivare’ la voglia di effettuare il test: solo il 59% sa che l’epatite C è curabile. —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)