֎Le Regioni italiane devono rispettare l’obiettivo nazionale di riduzione delle emissioni e di sviluppo delle rinnovabili e del risparmio energetico, ma si accusa il ministero che non stia ai patti ma d’altra parte c’è anche qualche passo indietro֎
Lo scontro si fa aspro tra alcune Regioni e ministero dell’Ambiente (Mase) per la definizione del decreto ministeriale sulle aree idonee ad ospitare impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili (Fer).
Il Presidente della Regione Sardegna, Alessandra Todde, coordinatrice delle Regioni in sede di Conferenza per le questioni energetiche, ha utilizzato parole di fuoco stigmatizzando il fatto che il ministro dell’Ambiente, Pichetto Fratin, sia venuto meno ai patti con almeno 10 Regioni per emendare la bozza di decreto. «Noi avevano preso alla lettera quella che doveva essere la leale collaborazione — ha sottolineato Todde — e nell’incontro con il Mase avevamo portato tre istanze. In primis, ci rendiamo conto che la Sardegna deve ottemperare al burden sharing (ossia la suddivisione tra le 20 Regioni italiane dell’obiettivo nazionale di riduzione delle emissioni e di sviluppo delle rinnovabili e del risparmio energetico, N.d.R.) ma noi dobbiamo poter decidere dove mettere gli impianti. Poi, sull’eolico offshore abbiamo chiesto che se gli impianti incidono sulle nostre acque (anche oltre le 12 miglia) devono essere considerati al 100% impattanti sull’isola. Abbiamo ricevuto una relazione dagli uffici del Mase in particolare sull’offshore a dir poco offensiva. La proposta di considerare (come quota dell’installato che impatta sugli obiettivi di burden sharing) il 40% per la Sardegna e il 60% per altri contesti nella misura in cui il cavo non arriva in Sardegna è inaccettabile. Infine, abbiamo al momento autorizzazioni che eccedono il limite dei 6,2 GW (del burden sharing, N.d.R.) e abbiamo detto che noi dobbiamo poter decidere come crescere dal punto di vista energetico e lo faremo con un Piano che preveda una crescita organica». Su questi presupposti la Todde è riuscita a trovare il sostegno di 10 Regioni ma — dice — «non sono assolutamente corrispondenti alla bozza che abbiamo visto e adesso andremo al confronto diretto con il Governo».
La Sardegna si fa sentire
Tra queste 10 Regioni sembra ci sia anche la Puglia, anch’essa ben al di là degli obiettivi di burden sharing quanto a potenza installata di impianti eolici. La Giunta regionale della Sardegna, per parte sua, ha messo a punto un disegno di legge di 4 articoli con il quale in attesa del decreto ministeriale che detterà i criteri per individuare le aree idonee e della successiva legge regionale che dovrà effettivamente individuarle, e comunque per non più di 18 mesi, «l’intero territorio regionale è sottoposto a misure di salvaguardia del paesaggio, del territorio e dell’ambiente comportanti il divieto di realizzare nuovi impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili che incidono direttamente sull’occupazione di suolo». Questa norma si applicherebbe anche «agli impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili le cui procedure di autorizzazione o concessione sono in corso al momento dell’entrata in vigore della presente legge».
Non c’è che dire: la Sardegna si fa sentire e cerca di limitare i danni determinati dalle rinnovabili ovunque e comunque. E che a farsi sentire sia un’esponente del Movimento 5 Stelle che da sempre propugna quella modalità di diffusione insensata e dannosa delle rinnovabili, è un dato positivo.
I passi indietro del governo
A fronte di questi segnali di resipiscenza, assistiamo ad una manovra del gambero da parte del governo il quale, nella seduta del Consiglio dei Ministri del 4 giugno scorso, «ha ritenuto di dover procedere al rinnovo della valutazione complessiva degli interessi coinvolti e ha quindi deliberato di esprimere giudizio positivo di compatibilità ambientale sui progetti per la realizzazione» di 3 impianti eolici in provincia di Foggia e esattamente a Cerignola, Stornara, Stornarella e Orta Nova.
Per essi il governo aveva espresso parere negativo dopo che si erano verificate divergenze di valutazione tra il ministero della Cultura, contrario alla realizzazione, ed il ministero dell’Ambiente, favorevole. Il Consiglio dei Ministri aveva condiviso la posizione del Ministero guidato da Sangiuliano ma la società proponente, unica per i tre impianti, la Inergia S.p.A., aveva proposto distinti ricorsi al Tar Puglia il quale le ha dato in tutti e tre i casi ragione affermando che le motivazioni di diniego del ministero alla Cultura e del Consiglio dei Ministri non hanno evidenziato alcun reale fattore ostativo alla realizzazione dell’intervento né era pertinente il richiamo alla concentrazione degli impianti nella zona anche perché «non consta dall’istruttoria svolta che i siti dov’è progettato l’impianto in questione rientrino in zone o ambiti censiti come specificamente “aree non idonee”» indicate dal Regolamento regionale n. 24 del 30 dicembre 2010 e dal Piano paesaggistico regionale (Pptr). La Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il ministero della Cultura hanno appellato le sentenze dinanzi al Consiglio di Stato il quale ha confermato le sentenze del Tar pugliese ma ha anche fornito più di un mezzo assist al governo. Infatti, il massimo organo di giustizia amministrativa dice che «nella sostanza quindi non si tratta di valutare “meccanicamente” la qualificazione dell’area (né di attribuire preminenza all’interesse della parte richiedente) bensì di richiedere una motivazione sull’esclusione in concreto dei siti interessati dalla realizzazione del progetto anche in relazione alle linee guida che — va ricordato — tengono conto pure dei valori del paesaggio e del patrimonio storico e artistico. In conclusione, alla luce delle considerazioni sino a qui espresse […], l’appello deve essere respinto e la sentenza di primo grado confermata» ma «esclusivamente nella parte in cui ha acclarato il difetto di motivazione nei termini di cui si è detto». Eppoi, «resta naturalmente ferma, e integra, in sede di rinnovato esercizio del potere amministrativo, l’autonomia dell’amministrazione di compiere tutte le valutazioni previste dalla legge, in senso favorevole o contrario alle ragioni dell’istante, soffermandosi sui profili già evidenziati nella sentenza di primo grado, ossia quelli relativi alla specifica area [considerata non inidonea (ma non per questo idonea ex se per le ragioni prima esposte)] e alla più approfondita valutazione comparativa delle posizioni e degli interessi rappresentati dalle differenti amministrazioni». Ma il governo ha ceduto al pensiero unico delle rinnovabili comunque e dovunque.
Fabio Modesti