Caccia, quando la Costituzione fa vincere la tortora

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֎La Sardegna con una legge regionale ne anticipava il prelievo al 1° settembre anziché rispettare il dettato della legge nazionale sulla caccia (la n. 157/1992) che lo fissa a partire dalla terza settimana di settembre. La tortora selvatica, ormai è quasi soppiantata dalla tortora dal collare orientale (Streptopelia decaocto) che ne ha occupato le nicchie ecologiche espandendosi nelle città֎

Siamo in tempi di autonomia differenziata epperò, anche a Costituzione vigente con le malefiche modifiche del Titolo V nel 2001, neanche una Regione a Statuto speciale come la Sardegna può derogare alle norme statali in tema di protezione e prelievo della fauna selvatica. E così la Corte costituzionale ha cancellato, con sentenza di qualche giorno fa, alcune norme della Sardegna adottate con la legge 23 ottobre 2023, n. 9 (Disposizioni di carattere istituzionale, ordinamentale e finanziario su varie materie) in materia di caccia ed in particolare di caccia alla tortora selvatica (Streptopelia turtur).

Con la legge regionale se ne anticipava il prelievo al 1° settembre anziché rispettare il dettato della legge nazionale sulla caccia (la n. 157/1992) che lo fissa a partire dalla terza settimana di settembre. La tortora selvatica, ormai quasi soppiantata dalla tortora dal collare orientale (Streptopelia decaocto) che ne ha occupato le nicchie ecologiche espandendosi nelle città, è una specie classificata dal 2015 come VU (vulnerabile) mentre a livello continentale è giudicata «quasi minacciata» in Unione europea e «Vulnerabile» in Europa (Red List of European Birds, 2015). Secondo BirdLife International (2017) presenta uno stato di conservazione fortemente sfavorevole (Spec 1). I dati ufficiali parlano di 2-3 milioni di individui oggetto di prelievo in Europa di cui il 10% circa in Italia.

Il rispetto dei criteri dettati dalla legge

La Consulta ha ribadito che «la materia della caccia rientra, dopo la revisione del Titolo V della Costituzione, mediante la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione) nella potestà legislativa residuale delle regioni. Tuttavia, tale potestà deve esercitarsi nel rispetto dei criteri fissati dalla legge n. 157 del 1992 in quanto considerata espressione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ambiente, avente carattere trasversale. I predetti criteri si impongono pertanto anche alle regioni a statuto speciale. Ciò perché la disciplina statale dettata dalla predetta legge delimitante il periodo entro il quale è consentita l’attività venatoria è ascrivibile al novero delle misure indispensabili per assicurare la sopravvivenza e la riproduzione delle specie cacciabili (ex plurimis, sentenze n. 158 e n. 138 del 2021, n. 40 del 2020, n. 291 e n. 258 del 2019) stabilendo il punto di equilibrio tra il primario obiettivo dell’adeguata salvaguardia del patrimonio faunistico nazionale e l’interesse all’esercizio dell’attività venatoria, con la conseguenza che i livelli di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema fissati dalla predetta normativa statale non sono derogabili in peius dal legislatore regionale (ex plurimis, sentenza n. 16 del 2019)».

La Regione Sardegna ha commesso una serie di illegittimità con la norma in questione; «innanzitutto — dicono i giudici costituzionali — l’anticipazione è stata disposta per legge e non in sede di calendario venatorio, e dunque non con atto amministrativo, in violazione della “riserva di amministrazione”, che, come affermato da questa Corte, “esprime una scelta compiuta dal legislatore statale che attiene alle modalità di protezione della fauna e si ricollega per tale ragione alla competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema” (sentenze n. 258 del 2019, n. 193 del 2013 e n. 90 del 2013). Invero, la possibilità di modificare i termini del periodo venatorio è strettamente correlata alla presenza di oggettive esigenze contingenti che, dunque, possono mutare, mentre la disposizione stabilizza nell’ordinamento regionale l’anticipazione al 1° settembre dell’apertura della caccia alla tortora selvatica, sottraendola alla revisione in sede di predisposizione annuale del calendario venatorio, e quindi anche alla verifica giudiziale».

La prassi delle preaperture non regge

La Regione Sardegna si è difesa rifacendosi a quanto previsto dal piano di gestione nazionale adottato per la tortora selvatica, secondo cui l’anticipazione al 1° settembre costituirebbe «prassi» che non contrasta con le esigenze di tutela della specie in esame. Ma, confuta la Corte costituzionale, «la difesa regionale omette di considerare che immediatamente dopo, nello stesso piano (nella cui introduzione la tortora selvatica è qualificata “specie in sfavorevole stato di conservazione”) si afferma: “[i]n recepimento di quanto indicato dal Ministero dell’Ambiente con nota n. 14687 del 3 luglio 2018, a partire dalla stagione venatoria 2018-2019 l’Ispra si è espressa per l’esclusione della preapertura” e che “[i]n seguito alla recente moratoria dell’attività venatoria alla Tortora selvatica indicata dal Ministero della transizione ecologica e trasmessa alle regioni con nota n. 29730 del 22 marzo 2021, nei pareri sui calendari venatori Ispra ha indicato che debba essere prevista la sospensione del prelievo della specie per la stagione venatoria 2021-2022».

 

Fabio Modesti