(Adnkronos) – Esperti a confronto a Lecce per svelare i segreti del mondo sommerso. Tre in particolare gli obiettivi della ricerca. «Primo, mappare i fondali marini ancora in larghissima parte sconosciuti: solo il 20% è noto. Secondo, tutelare un ambiente che è fondamentale per la vita sul pianeta. Terzo, ma non certo d’importanza, lavorare sul patrimonio archeologico subacqueo che è enorme».
Così Vincenzo Pisani, responsabile coordinamento progetti di ricerca per Fondazione Leonardo Civiltà delle Macchine Ets, spiega all’Adnkronos i temi del workshop di due giorni «Forma Maris – Sistemi per la conoscenza e la mappatura del mondo subacqueo» (5 e 6 settembre a Lecce e Porto Cesareo), promosso da Università del Salento in collaborazione con Fondazione Leonardo e Marina Militare. Una iniziativa che si inserisce nell’ambito del programma «Civiltà del Mare – Il Subacqueo».
«La ricerca sulla dimensione subacquea nasce da una collaborazione con Marina Militare, che ha portato, nel marzo 2023, alla pubblicazione, in collaborazione con esperti e ricercatori della Sapienza e del Cnr, di “Civiltà del Mare. Il Subacqueo, nuovo ambiente dell’umanità, il primo rapporto multidisciplinare dedicato alla materia, e nel successivo avvio, a giugno 2023, dell’iniziativa Le Università per il Subacqueo, volta a diffondere e promuovere la cultura del subacqueo mettendo a conoscenza del grande pubblico la ricchezza, in questo campo, delle competenze scientifiche e delle attività di ricerca delle nostre Università. Ad oggi sono oltre 50 gli Atenei italiani che hanno aderito al progetto».
Un impegno che si traduce in seminari, conferenze, workshop, su tutto il territorio nazionale. Obiettivo: «Coinvolgere non solo gli esperti, ma anche i più giovani, per stimolarli a diventare i futuri professionisti di un settore, che richiede competenze altamente specializzate, tra cui, solo per fare alcuni esempi: sommergibilisti, biologi marini, geologi, oceanografi, archeologi subacquei, esperti di diritto del mare».
Quello di Lecce, incentrato su archeologia subacquea e profili professionali del settore, è il terzo appuntamento del percorso «Le Università per il Subacqueo». «Un’occasione di confronto e approfondimento sulle principali metodologie e tecnologie innovative necessarie per svolgere attività di ricerca, posizionamento, documentazione e monitoraggio, nonché per la conservazione e la valorizzazione del patrimonio sommerso culturale e naturale a diverse profondità — spiega Pisani —. In un Paese come il nostro, che cela sotto i suoi mari testimonianze di inestimabile valore delle varie civiltà succedutesi nel corso dei secoli, è fondamentale sapere quali soluzioni tecnologiche e metodologie possono facilitare e rendere più ergonomico ed economico il lavoro di archeologi, biologi e altri ricercatori. Ma soprattutto garantire condizioni di sicurezza durante le operazioni subacquee».
Il prossimo appuntamento con «Le Università per il Subacqueo», fa sapere Pisani, è previsto in autunno nel capoluogo lombardo, in collaborazione l’Università degli Studi di Milano – Bicocca. Un territorio immenso ancora da esplorare. «La dimensione subacquea abbraccia un’estensione di 360 milioni di km2, vale a dire oltre due terzi della superficie terrestre, con 1,3 miliardi di km3 d’acqua e una profondità media oceanica di 3.800 metri. Paradossalmente, di questa dimensione, a noi molto più prossima rispetto alla volta celeste, sappiamo molto poco. Ad oggi, abbiamo mappato circa il 20% dei fondali marini e il 95% dei Paesi non dispone ancora degli strumenti necessari per mappare i propri territori oceanici — prosegue —. Una mappa completa sarebbe fondamentale per analizzare la circolazione oceanica, per contribuire alla previsione degli tsunami, per la sicurezza della navigazione, per monitorare e contenere i rischi idrogeologici sottomarini, per la posa dei cavi e delle condutture: tutti aspetti per i quali è cruciale una approfondita conoscenza della forma del fondale marino». Molto importante il contributo che le innovazioni tecnologiche possono offrire. “Un prezioso contributo ci arriva dall’utilizzo della fotogrammetria subacquea, nonché dall’integrazione di vari tipi di telecamere e sensori, come sonar e multibeam, installati su droni sottomarini o di superficie telecomandati. Inoltre, il patrimonio subacqueo è attualmente riservato ai professionisti e ai subacquei sportivi: le tecnologie possono invece consentire l’accessibilità “ampliata”, la fruizione e la condivisione dei paesaggi sottomarini attraverso modelli 3D e percorsi immersivi o semi-immersivi, restituendo alle comunità un patrimonio “invisibile” ancora privilegio per pochi», conclude Pisani. —sostenibilitawebinfo@adnkronos.com (Web Info)