Aprite gli occhi: il clima e l’uomo danneggiano le acque sotterranee
֎Urge attivarsi per controllare i processi di salinizzazione delle acque sotterranee tenendo presente che il cambio climatico e la risalita del livello mare non sono controllabili dal singolo, e forse neanche dalla collettività mondiale. Noi possiamo solo agire in termini di adattamento ai fenomeni correnti per mitigarne gli effetti, il che significa, per non giungere a condizioni di decadenza irreversibile della risorsa, diminuire drasticamente i prelievi e mettere in atto politiche di risparmio idrico, specie in agricoltura֎
La nostra immaginazione ha bisogno di osservazione ed esperienza della realtà per crearne modelli.
Le acque superficiali sono visibili e fanno parte di questa realtà. Ciò spiega perché la società e la ricerca percepiscano chiaramente le vulnerabilità territoriali (es. alluvioni) e i problemi quantitativi (siccità fluviale, invasi vuoti) e qualitativi (inquinamento) dei sistemi idrici superficiali.
Le acque sotterranee sono invece invisibili. Rispetto alle visibili acque superficiali, è quindi ragionevolmente più difficoltoso costruire modelli che ne descrivano la presenza nel sottosuolo, le caratteristiche, il funzionamento e le problematiche associate. Di conseguenza la percezione generale in tale ambito è molto limitata, per cui si creano narrazioni e miti fallaci difficili da sradicare, con negative conseguenze su tutte le pratiche di gestione pubblica e privata. Per passare dal mito alla consapevolezza bisognerebbe seguire un percorso di conoscenza un po’ lungo, ma, armandoci di immaginazione e prudenti semplificazioni, possiamo tentare di spiegare in cosa consista la salinizzazione delle acque sotterranee.
I vuoti delle rocce nel sottosuolo costituiscono una varietà di serbatoi idrici (acquiferi) non sempre facili da raggiungere e sfruttare. Il territorio pugliese include tre grandi «acquiferi» carsici (formazioni carbonatiche modificate dal carsismo) in cui l’acqua circola in una rete interconnessa di pori, fratture, fessure e forme carsiche. Tali acquiferi contengono acque dolci di qualità pregiata, ma essendo costieri (cioè, in contatto idraulico con il mare) esse sono vulnerabili alla salinizzazione.
All’interno dei territori, se la permeabilità e i carichi idraulici lo consentono, a letto delle acque dolci (meno dense) si ritrovano acque salate di origine marina (Figura 1). Semplificando molto, il carico idraulico delle acque dolci si può equiparare all’altezza del battente d’acqua (rispetto al livello mare) che si può misurare in un pozzo che intercetti la falda.
Secondo le leggi che esprimono gli equilibri tra acqua dolce e salata l’interfaccia netta tra i due corpi idrici si posiziona ad un multiplo di 35 m sotto il livello mare per ogni metro di carico di acqua dolce. In realtà il confine tra le acque dolci e salate non è netto, ma costituito da una zona di transizione di acque salmastre. Le acque salate si ritrovano sempre più vicine al livello mare mano che ci si avvicina alla costa poiché i carichi si riducono nello stesso verso e la falda (trasversalmente ad un’isola o una penisola) ha così l’aspetto di una lente che si chiude lungo il profilo costiero.
Gli elementi che condizionano la salinizzazione delle acque sotterranee in tale quadro semplificato sono tre: la quantità di precipitazione che si infiltra (e alimenta, come per gli invasi superficiali, il serbatoio sotterraneo), il carico dell’acqua dolce (più è alto, più alto è lo spessore delle acque dolci), e il livello del mare che funziona da riferimento della circolazione. Se il regime delle precipitazioni alimentanti cambia (come nella corrente fase climatica),
o il prelievo da falda riduce i carichi (prelievo che si aggrava durante fasi di siccità meteorologica) o il livello mare si innalza (come nella corrente fase di risalita),
il sistema si disequilibra: gli spessori di acqua dolce si riducono e si salinizzano poiché le acque salate sono forzate ad innalzarsi dal basso o entrare nel continente lateralmente (intrusione marina), mentre la variazione del livello mare modifica in modo complesso tutto l’assetto interno delle acque.
Il fatto che non bastino visibilità, attenzione e consapevolezza per evitare gli eventi alluvionali e i loro effetti catastrofici suggerisce che esiste una sottovalutazione della complessità dei sistemi superficiali. Tale sottovalutazione è un rischio ancor più pesante per i fenomeni in sotterraneo. I processi di salinizzazione potrebbero essere invertiti, ma solo a patto di controllare i parametri influenti. Il cambio climatico e la risalita del livello mare non sono controllabili dal singolo, e forse neanche dalla collettività mondiale. Visto che non è credibile e possibile fermare lo sfruttamento (vedasi il Salento, dove il comparto potabile dipende totalmente dalle acque sotterranee), noi possiamo solo agire in termini di adattamento ai fenomeni correnti per mitigarne gli effetti, il che significa, per non giungere a condizioni di decadenza irreversibile della risorsa, diminuire drasticamente i prelievi e mettere in atto politiche di risparmio idrico, specie in agricoltura.
M. Dolores Fidelibus, precedentemente Prof. di Geologia Applicata, Politecnico di Bari
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