L’attesa tra pessimismo e speranza

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Foto di Jeff Jacobs da Pixabay nativity-5755915_1280
Foto di Jeff Jacobs da Pixabay
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֎Il Natale sia lo storico ricordo della speranza possibile, lo scambio augurale della consegna della luce, cometa a guida nel viaggio dei giorni a seguire. Grotta e regalità sono la rappresentazione del contrasto tra la condizione povera dell’esistenza e il dono che dall’Alto ridefinisce il valore del singolo uomo, la pacificazione tra uomo e donna, la novità delle comunità riabilitate, spazio all’Assoluto salvifico֎

I nostri vissuti, condizionati dalla legge che imperversa della «massima produzione in massima velocità», fanno appello alla prudente iniziativa valida per tutti e per ogni età: la «saggia attesa».

Da riconoscere prima di tutto che saper attendere è solo effetto dell’educazione di base a cui partecipano i genitori prima di tutto con il loro esempio di rinunzia al parossismo del «fare presto» impresso ai movimenti ed iniziative fin dal primo mattino tra un boccone appeso alle labbra e la borsa raccogli-tutto per procedere in fuga verso le varie destinazioni in barba all’ingorgo, con accelerazioni e frenate per il quotidiano record della puntualità!

Attendere che l’evoluzione dei piccoli segua il suo flusso, attendere che la loro sequenza di domande sia soddisfatta dalle opportune e complete risposte, attendere che siano amati tempi e luoghi del sostare fuori famiglia, attendere che il defluire dalla scuola sia occasione piacevole per il rientro nel nucleo familiare, attendere che non sia una ulteriore corsa contro il tempo il rientro verso la tavola comune del cibo quotidiano, attendere che proprio lì abbia inizio il colloquio familiare con i racconti della mattina di scuola, con curiosità senza interrogatori, lasciando che il parlare sia compagno fedele dell’appetito evitando il «taci per non soffocare!»… un fine corsa per il rilancio dinamico ma leggero della seconda parte del giorno…

Attendere che il giorno fluisca, senza la rincorsa al borsone per palestra, piscina, danza e musica… lasciare che la mente sia in requie per il suo ristoro e per il giuoco… lasciare che i nuovi interrogativi abbiano genitori e comunque adulti in risposta… lasciare che il tempo dei figli sia tempo loro, i ritmi loro cadenza, l’attendere il verbo principale che si accompagni al loro vivere e al loro sonno ristoratore per riequilibrare la pace tra emozioni e curiosità, tra emozioni e scoperte, tra emozione e gioia di esserci.

Attendere, quel verbo proprio della madre che porta in seno l’essere che attende di evolversi (il cuore battere, il cervello formarsi e stabilizzarsi, il buio ovattato custodire il formarsi ricco di ogni potenzialità)… attendere dopo quando la luce irradia sugli occhi scrutatori, quando gli adulti entrano in scena per accompagnare l’evoluzione della vita.

La saggezza è possibile se si sta fuori dal coro di quanti corrono per essere o arrivare primi. La saggezza è figlia dell’equilibrio e della proporzione: non sgomitare per recitare la parte dei «primi», alla ricerca spasmodica di essere i migliori ad ogni costo e contro tutti. La saggezza si oppone al vanto, è frutto dell’impegno e si compiace di quello che si è e si ha senza venir meno al volere di miglioramento e di prestazioni più raffinate.

Se il vivere resta fuori dalla gara ad ogni costo lascia spazio alla convivenza serena, alla pace relazionata, all’accoglimento del valore e dei bene degli altri. Così l’attesa è propizia e si annulla il rammarico, il pessimismo e il discredito verso se stessi.

Così nasce la speranza: dal mettersi in ascolto a lasciare che il futuro si sostanzi, con l’amore per il progetto che sia più alto di noi, più profondo delle nostre cupidigie, più atteso di ogni altro avvenimento.

Attendere, come coloro che sostano alla battigia aprendo già le braccia e tese le mani ai naufraghi di questa storia contemporanea.  Chi arriva non è un Ulisse, non ha incontrato sirene né sovrani ospitali prima di prendere il mare aperto; con i compagni di viaggio ha cercato un’Itaca pacifica, non ha previsto Proci all’attacco, non ha in serbo un arco fatato né un Telemaco amoroso: egli ha spinto sulle onde la sua speranza riponendo fiducia nell’approdo della vita.

La speranza non si descrive come semplice attesa ma come appuntamento con un’idea, un ideale, una fortuna, una quiete che ripari le falle dolorose che hanno spinto alla fuga. La speranza non è il viaggio nell’oblio, essa si accompagna alla certezza che sgorga acqua dalla dura roccia, che si ammanti di manna il piatto vuoto, che ci siano fratelli e non nemici alla riva.

La speranza… non «ultima dea» ma l’appuntamento con l’Assoluto che concede senso ai desideri, che non seppellisce i bisogni, non altera la fiducia, non tradisce la promessa, non inganna l’alba con la concessione di un tramonto.

Il Natale sia lo storico ricordo della speranza possibile, lo scambio augurale della consegna della luce, cometa a guida nel viaggio dei giorni a seguire. Grotta e regalità sono la rappresentazione del contrasto tra la condizione povera dell’esistenza e il dono che dall’Alto ridefinisce il valore del singolo uomo, la pacificazione tra uomo e donna, la novità delle comunità riabilitate, spazio all’Assoluto salvifico.

Buon Natale!

 

Francesco Sofia