Nove milioni di italiani vivono in territori contaminati

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In Italia, nove milioni di cittadini “vivono in territori contaminati”: non c’è regione che non abbia almeno un sito da bonificare. E se il “record” tocca alla Lombardia, con 7 aree, la Campania divide con la Sardegna il primato delle regioni con le aree contaminate più vaste

«Nove milioni di cittadini italiani vivono immersi nei veleni, in aree contaminate da diossine, idrocarburi policiclici aromatici (Ipa), metalli pesanti, solventi organo clorurati e policlorobifenili (Pcb)». Ad affermarlo è il geologo Francesco Russo, vice Presidente dell’ordine dei Geologi della Campania, alla vigilia dell’importante convegno organizzato dall’ordine regionale sul tema: «I Siti di interesse nazionale. La bonifica», evento programmato in una città simbolo come Castelvolturno, città famosa per i suoi laghetti di acqua contaminata da ogni genere di rifiuto, creati artificialmente là dove precedentemente si trovavano cave e discariche abusive, alla presenza di esperti di settore e scienziati di fama internazionale».

I Siti di interesse nazionale coinvolti sono 57 (3% del territorio nazionale). Si tratta di zone industriali dismesse, aree in cui l’attività industriale è ancora attiva, porti, ex miniere, cave, discariche non conformi a quanto stabilito dalla legislazione vigente, discariche abusive.

Continuando Russo, afferma: «La gravità della contaminazione in queste zone, con rilevanti impatti ambientali, sanitari e socio-economici, ha fatto sì che gli stessi siti diventassero interesse dello Stato il quale ha stanziato fondi ad hoc per la loro messa in sicurezza e bonifica. Servono decisioni coraggiose ed impopolari. Quanto fatto, fino ad ora, risulta insufficiente; bisogna uscire dalla gestione emergenziale degli eventi e stilare un Piano nazionale per le bonifiche di siti contaminati che miri ad investimenti legati ad efficienza e sostenibilità, certezza sulle risorse finanziarie e alleggerimento degli iter procedurali degli organi di controllo locali».

E il dato risulta allarmante; non c’è regione italiana che non abbia nel suo territorio almeno un sito contaminato. Il primato va alla Lombardia, con ben 7 aree contaminate, seguita dalla Campania con 6 aree, dal Piemonte e dalla Toscana con 5, dalla Puglia e dalla Sicilia con 4. La Campania insieme alla Sardegna condivide, inoltre, il primato delle regioni dove ci sono le aree contaminate più vaste, in totale 345.000 ettari in Campania e 445.000 ettari in Sardegna. Situazione «incoraggiante» per il Molise che invece con un totale di soli 4 ettari di superficie contaminata, rappresenta la regione italiana dove si risente meno la problematica in questione.

In definitiva, a oltre dieci anni dall’adozione del D.M. 471/99, decreto che fissava le procedure per l’effettuazione delle bonifiche, sono inammissibili i risultati ottenuti che risultano, per l’appunto, assolutamente deludenti. La questione legata alla bonifica dei siti contaminati non può prescindere dal più ampio concetto di «danno ambientale», strumento giuridico promosso per garantire la tutela dell’ambiente seguendo un principio fondamentale di diritto internazionale, ossia quello tradizionalmente noto come «chi inquina paga».