Riaffermare le nostre identità

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Uno degli aspetti che non è mai cresciuto a sufficienza, in agricoltura, è quello legato al consolidamento e all’aggregazione dell’offerta dei prodotti, a cominciare da quelli primari. E ancor più oggi si sente l’esigenza di servizi finanziari, del credito e di orientamento degli agricoltori, tempestivi e precisi.
L’accesso ai mercati non è agevole e forse non è sufficiente soltanto costruire servizi, ma va rafforzata la cultura che ne sostiene l’efficacia e la funzionalità. Alla luce della esperienza di questi anni e anche delle condizioni più recenti nelle quali si è portati ad operare, appare non di secondaria importanza la necessità di rendere più agevole la legislazione agricola e di rendere meno onerosa l’attività burocratica che sottintende alla produzione agricola e alimentare delle aziende agricole.
Infine vorremmo portare alla riflessione più generale, la necessità, da più parti avvertita, soprattutto oggi che occorre guardare al futuro alla luce di eventi non certo transitori, di rivalutare e di riprecisare con più certezze il senso e il ruolo dello Stato e del governo nazionale sull’agricoltura. Si intravede la necessità, che alcune coerenze di sistema, alcune strategie, orientamenti, finalità, scelte che determinano politiche che hanno incidenza generale, siano patrimonio del Paese e più cogenti per tutti.
L’agricoltura italiana ha una forte vocazione identitaria e una forte predisposizione all’affermazione delle sue diversità, caratteristiche da non mortificare, ci mancherebbe altro, ma da valorizzare in quanto ricoprono un ruolo strategico meno frammentato e quindi più forte e più vincolante in termini di realizzazione degli obiettivi. In sostanza, la promozione della qualità, valore per gli agricoltori italiani irrinunciabile, può essere meglio tutelata in una competizione sui mercati organizzata e seppure nelle libere scelte imprenditoriali, più specificamente strutturata.
L’agricoltura italiana è un patrimonio produttivo, ambientale, culturale, alimentare, inestimabile e ineguagliabile. Ha prodotto un indotto positivo nel commercio e nel turismo. Ha dato vita ad una cultura enologica, culinaria e della ristorazione che non ha eguali nel mondo. Ha dato dell’Italia e del made in Italy un’immagine che nella globalizzazione (a parte altri difetti) ci fa vedere le insegne dell’Italia in tutte le città del mondo.
Se questo è stato possibile, se questo si è fatto, perché rinunciare ad esserlo anche in futuro. Certo i tempi non sono facili, ma abbiamo agricoltori, territorio e professionalità. Questo è ciò che va valorizzato. Anzi, vorremmo dire che è proprio nei tempi difficili che si cercano soluzioni e nuove vie, che si spremono i cervelli alla ricerca di idee vincenti. Il nostro imperativo, la scelta vincente per l’economia e la politica italiana, sono una forte agricoltura nell’economia che dovrà riprendere il suo cammino. I nostri vini, i nostri salumi, i formaggi, la nostra ortofrutta, il grano duro, la pasta, il pane, e perché no, le nostri carni, sono e possono essere competitive. Ma hanno bisogno di un po’ di restauri e di qualche iniezione di fiducia.
La sfida è non fermarsi ad una sola idea di sviluppo agricolo né ad una sola ipotesi. Questo forse è un po’ un difetto al quale abbiamo offerto


troppo spazio. Vanno messe in campo tutte le forze e tutte le idee che possono offrire risultati e alternative competitive. Questo, del resto, è sempre stato il segreto dell’Italia che produce e che lavora. Sì, alla dieta mediterranea, ma sì anche alla dieta mediterranea allargata; e la sfida agricola italiana non sarà più una sfida ma una vittoria.