( Docente di contabilità pubblica e di diritto amministrativo nella Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Torino )
La convenzione di stima è un metodo per regolare l’attribuzione dei costi di un progetto ambientale nelle situazioni più complesse, avendo come obiettivo una soluzione concertata dall’insieme degli operatori economici. Essa ha quindi una validità di tipo contestuale. Un esempio è il problema di definire contabilmente la «componente ambientale» dei trasporti comunali. Una contabilità ambientale applicata ad un territorio urbano deve poter tener conto dei trasporti pubblici, in modo da prevedere le spese da inquinamento atmosferico e acustico. Tuttavia, sarebbe esagerato contabilizzare la totalità dei flussi finanziari tout court. Infatti, il servizio risponde prima di tutto ad una domanda di mobilità, quindi assolve un ruolo economico-sociale prima ancora che ambientale.
Il problema allora è quello di identificare e poi isolare la componente ambientale dei flussi finanziari generati dai trasporti pubblici. Un tentativo (prima proposta di convenzione) è stato quello di considerare utili, ai fini della contabilità ambientale, solo le spese direttamente collegate a scelte tecnicamente ambientali, in modo da computare solo gli investimenti relativi ai mezzi funzionanti a Gpl o a metano. Il risultato è di facile utilizzo nella pratica contabile; tuttavia questo metodo ha l’inconveniente di trascurare il fattore del «ricambio», cioè la sostituzione progressiva di mezzi di trasporto privato con mezzi pubblici.
Una sana politica ambientale non solo promuove, accresce proprio questo tipo di sostituzione. Se la contabilità ambientale rinunciasse a questo obiettivo, contribuirebbe a generare gravi distorsioni nel sistema, dimostrando una visione riduttiva dell’importanza strategica del ruolo dei trasporti.
Per superare i limiti del metodo precedente, è stata valutata l’ipotesi di assimilare al deficit di esercizio tutte le spese sostenute a favore dell’ambiente nell’ambito dei trasporti (seconda proposta di convenzione). Tuttavia anche questo metodo è rischioso. In particolare, esso non evidenzia la differenza tra investimenti ambientali e funzionalità del servizio, legittimando, o magari premiando, una cattiva gestione. Inoltre, la misura dello sforzo ambientale dipenderebbe esclusivamente dai crediti e dalle sovvenzioni accordate al servizio pubblico, mentre, a rigore, queste sovvenzioni hanno una ragione sociale prima che ambientale e andrebbero quindi contabilizzate come tali.
In ultima analisi, la via che sembra preferibile è quella di fondare la contabilità su un’analisi della composizione di coloro che usufruiscono dei trasporti pubblici (terza proposta di convenzione). In sostanza due gruppi, gli «utenti di necessità» (identificati come fruitori di tariffe preferenziali tra cui i giovani, gli anziani, i disoccupati ecc.) e gli utilizzatori cosiddetti «svincolati» (cioè gli utenti che dispongono di un mezzo di trasporto alternativo: automobile, motociclo, ecc., e che scelgono volontariamente il mezzo pubblico). Su questa base è stata fissata una convenzione di stima, secondo la quale la parte di spesa da attribuire all’ambiente dev’essere solo quella corrispondente al totale dei costi riferibili agli utilizzatori svincolati, poichè gli utenti di base sono esclusi dal calcolo, essendo considerati utilizzatori dei servizi di trasporto pubblico per motivi economico-sociali.
Anche questa soluzione non sembra ancora del tutto soddisfacente, soprattutto perché è di natura profondamente diversa da quella adottata, di norma, in altri ambiti. In compenso sembra essere una soluzione pertinente, che permette di
isolare il ruolo ambientale dei trasporti pubblici rispetto a un contesto complesso di priorità sovrapposte. Comunque, proprio per tener conto di queste imperfezioni, i trasporti pubblici vengono registrati come una componente separata delle altre voci contabili (aria, acqua, energia).
Ognuno dei metodi sopra considerati ha presentato, quindi, una serie di inconvenienti. Ne esistono altri, come il calcolo delle esternalità negative, che in alcuni casi potranno essere preferiti a quelli prima descritti. La maggioranza di coloro che hanno dimostrato sensibilità allo studio di questi aspetti, comunque pongono il problema non marginale della definizione e della accettabilità politica, economica e sociale delle convenzioni contabili utilizzate. Insomma, la scelta dei meccanismi contabili deve essere il risultato di una concertazione, nonché di una condivisione critica e progettuale dello strumento contabile, che assume un ruolo non trascurabile nell’importanza dei valori che vengono attribuiti ad un determinato territorio.